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Doppelgänger, l’altro danza con me

Intervista a Compagnia Abbondanza/Bertoni e Maurizio Lupinelli che a Pergine Festival 2021 presenteranno il 15 luglio Doppelgänger, un lavoro “somatico” sul doppio, interpretato dai corpi di Francesco Mastrocinque e Filippo Porro. Materiali creati in Media Partnership.

Foto Tobia Abbondanza

Doppelgänger è un lavoro «somatico» come definito nelle vostre note di regia. La scoperta e il rinnovato incontro con l’altro, e la sua diversità, in che modo fanno parte della vostra ricerca e, se sì sono diverse dal passato?

Antonella Bertoni: la diversità fa parte del nostro esistere ed è alla base del lavoro di Abbondanza/Bertoni. Ciclicamente e a intervalli non regolari abbiamo sempre avuto curiosità e interesse a lavorare con una diversa abilità, che fosse questa fisica (come con i non vedenti) o psichica. Sono lavori laceranti che durante il processo creativo creano un contatto forte col tuo dentro, portatori di insegnamenti ma anche destabilizzanti e difficili, perché si maneggiano materie che possiedono un livello di coscienza differente, capace di aprirsi a piani di ragionamento etico complessi da rielaborare. La nostra ricerca non è mai uguale, è una sorta di ghianda che unisce, come la chiamerebbe James Hillman, e che muta con il tempo; in trent’anni sono cambiate molte cose, siamo in viaggio, diversi ma uguali. È la vita, ed è straordinario.

Michele Abbondanza: l’intelligenza somatica è una nostra tendenza e sin dall’inizio delle prove siamo voluti partire dalla forma e non da un concetto. Del resto è la forma che risponde al tuo saper fare e che porta poi a un saper dire. La relazione si è dovuta basare innanzitutto sulla dimensione dei due corpi: altezze diverse, pesi altrettanto diversi. Li abbiamo messi vicini e, come sono solito fare, ho cercato di comprendere cosa mi suggerisse la forma di queste dimensioni a confronto. In questo modo si sperimentano le modalità tramite cui si supplisce alla mancanza o all’eccesso di peso, all’eccesso di coscienza di Filippo e anche, mi chiedo, alla mancanza di coscienza di Francesco? In una materia ginnico spirituale provo a seguire ciò che viene determinato da una drammaturgia del gesto, e non dal concetto. Ho seguito questo flusso, sostenuto e illuminato dalla presenza di Antonella e Lupo e poi siamo arrivati insieme a definirlo e a chiamarlo Doppelgänger, ovvero colui che cammina accanto a te. Il concetto arriva in seguito, solo dopo il testo giunge la comprensione intellettuale, prima compariamo come immagine, che è presenza fisica.

Foto Tobia Abbondanza

Maurizio Lupinelli: il mio lavoro con la diversità parte da tutt’altro assunto. Nei primi anni, ero in scena con i ragazzi di Nerval Teatro, e mi sono reso conto che come artista questo approccio teatrale di sfruttare le loro capacità non mi soddisfaceva e mi sono chiesto, “ma cosa pensano?”. Mi sono accorto, me lo hanno insegnato loro del resto, che hanno un piacere di fare le cose. E allora ho cercato di capire quale fosse il percorso adatto per mettere in atto ciò che mi avevano restituito. Sono partito dall’errore: creare una grande cornice all’interno della quale inserire le energie fisiche e vocali dei ragazzi. Lo sbaglio è diventato un atto creativo, lavoro infatti affinché il loro sbaglio diventi arte. Francesco è l’unico nel gruppo dei ventidue ragazzi ad avere quella dote fisica e espressiva e ho pensato a questo progetto con Michele e Antonella – da me è partita la spinta per questo incontro – perché ero convinto che Francesco avrebbe potuto farne parte. Coinvolgerlo in una struttura che partiva appunto dalla forma è stato difficoltoso e interessante e mi ha fatto capire quanto uno come lui si stacchi completamente dal suo essere disabile: è un danzatore, che si è piegato alla sua libertà, cercando di star dentro il lavoro.

Che tipo di processo è scaturito dalla relazione coi performer e come è nata la partitura coreografica?

Antonella Bertoni: Filippo era alla sua prima esperienza, profonda e definita con un ragazzo disabile; è stato incredibilmente accogliente e sostenente e Francesco è stato bravo perché, anche se non nell’immediato, si è poi fidato e si è messo nelle braccia di Filippo, letteralmente, con tutto il peso del suo corpo. È stato un lavoro nuovo per lui perché si è concentrato sull’agire e non sul testo: l’allenamento la mattina, molte ore di lavoro, la ripetizione di un solo gesto, l’improvvisazione… Accoglimento e fiducia sono i concetti cardine che mi vengono in mente per una scrittura coreografica che, seguendo ovviamente un nostro filo drammaturgico, è stata innanzitutto costruita anch’essa somaticamente.

Foto Tobia Abbondanza

Michele Abbondanza: ogni giorno partivamo da una struttura fisica o relazione e attraverso l’improvvisazione, o suggerimento di forma, si è andato a creare un percorso diventato alla fine di un’ora intera. Abbiamo sentito quali potessero essere i suoni che avrebbero potuto accompagnarlo, quando è stato possibile le parole, le luci, e cosa indossare: poca roba perché volevamo che si vedessero i corpi meravigliosi e speciali di Francesco e Filippo. Uno scambio assolutamente paritario che è avvenuto sotto lo sguardo attento del padre putativo di Francesco, Lupo, il quale ho visto ogni tanto sobbalzare sulla poltrona, anche giustamente. Siamo stati ricercatori di un lato che potesse essere anche estremo, tenendo delle azioni che potessero farci vivere pericolosamente, uscendo da quegli schemi che tengono ingabbiati certi lavori con la disabilità e non trattando mai Francesco diversamente da Filippo. Metodo che ci ha stupito e che rappresenta sicuramente il lato eccezionale del lavoro. Siamo riusciti insieme a far fare a Francesco cose che non avrebbe mai fatto, e questo è il senso del creare, altrimenti non crei ma ripeti.

Maurizio Lupinelli: al di là delle difficoltà iniziali di approccio che poteva avere anche Filippo, ho sin da subito attestato fiducia da parte di Francesco. Francesco non è la prima volta che lavora con attori professionisti, è quindi già aperto alla possibilità di incontrare altre persone. Nei momenti più difficili, poi superati insieme, Francesco si è sentito sostenuto da Filippo, e anche Filippo è stato a sua volta sostenuto. Francesco è una persona molto empatica nel lavoro per questo sono convinto che l’incontro tra i due sia stato importante.

Rispetto alla lunga esperienza con Nerval Teatro, come, e se, è cambiato il lavoro scenico di e con Francesco Mastrocinque?

Maurizio Lupinelli: Dopo questo spettacolo, bisogna ora comprenderne il prosieguo. Un lavoro simile non si conclude, chissà cosa succederà fra quindici giorni, e penso questo in virtù della mia lunga esperienza con i ragazzi, ma soprattutto con Francesco, col quale lavoro ormai da sedici anni. Francesco è molto consapevole che sta facendo un pezzo di strada da solo, non con il gruppo, tuttavia mi chiede spesso dello spettacolo che faremo con gli altri, di come proseguiremo le prove. Per me lui ha vissuto un momento utilissimo, e sta a me riuscire poi a riportare questo valore nel gruppo, e non so ancora come farò; l’importante che lui lo percepisca come un punto fondamentale del suo percorso. Se poi magari lui, riuscirà a proporre ai ragazzi delle altre cose da fare, quella sarà per me un’altra vittoria, ma aspetterò che sia lui a farlo con la sua intelligenza.

Foto Tobia Abbondanza

Esiste una conoscenza preliminare e naturale dell’altro ancora prima di incontrarlo?

Antonella Bertoni: per dei lavoratori del corpo, io dico di no. Bisogna necessariamente trasmettersi qualche umore per conoscersi, e così è stato tra di loro con estrema e straordinaria generosità da parte di entrambi. E non è scontata. Si sono veramente penetrati, nel vero senso della parola.

Michele Abbondanza: lascerei l’immaginazione in seguito all’incontro e non prima, altrimenti diventa sogno. Il teatro rifugge la premonizione, è molto reale e artigianale. L’energia che si trasmette passa attraverso quello che fai, è una trasmissione appunto somatica, la comprensione avviene tramite l’imitazione e reiterazione del gesto. Abbiamo ripetuto i movimenti affinché questi diventassero puliti e lineari, accolti dalla mente speciale di Francesco e da lui resi naturali. Nei confronti dell’altro ci vuole sì fantasia, sì allucinazione ma coi piedi per terra. Doppelgänger nasce proprio grazie al nostro incontro con Francesco, e non finiremo mai di ringraziare Lupo per averci fatto conoscere questo angelo, e diavolo allo stesso tempo. È scattato subito un grande amore e passione, ci ha spinto a indagare le due maschere del pianto e del riso, del buio e della luce, caratteristiche del lavoro anche dal punto di vista del disegno luci.

Maurizio Lupinelli: per me è già diverso, con Francesco lavoro dal 2006 e coi ragazzi ho passato varie fasi. La ricerca e le modalità di lavoro si sono spostate molto in questi anni, per cui mi sto tirando sempre più indietro nella pratica, facendo incontrare loro altre figure come Massimiliano Civica, Silvia Gribaudi, Roberto Latini, Paola Bianchi. L’atteggiamento empatico che si è creato col gruppo fa sì che io non funga troppo da regista: butto il sasso e poi sta a loro disegnare, lo faccio da sempre del resto. Non voglio fare discriminazioni, ma con Francesco, in particolare, ho sempre avuto la sensazione di avere con me una figura speciale, di profonda intelligenza, ed è proprio grazie a lui che il lavoro si è spostato in altre direzioni. La forma è il loro sbaglio, il loro non saper parlare. E Francesco era consapevole della difficoltà, sapeva perfettamente che stava andando in una direzione in cui poteva farsi del male. Questa coscienza è determinante.

Il pubblico destinatario che accoglierà Doppelgänger, come ve lo immaginate?

Michele Abbondanza e Antonella Bertoni: ora la capiremo meglio con le altre date ma rispetto alle due uscite che ha avuto il lavoro (lo scorso 23 e 24 giugno ad Armunia, ndr) sono convinto che abbia lasciato un segno, a partire dal volto basito dei genitori di Francesco. La reazione è stata entusiasta, di grande e straordinaria accoglienza: un pubblico silenzioso, che non è esploso subito nell’applauso liberatorio ma riconoscente. E lo è non perché siamo stati bravi a fare delle cose ma perché, spero, siamo stati in grado di toccare delle corde particolari, che fanno riflettere.

Maurizio Lupinelli: non avevo dubbi sulla reazione del pubblico. Ho avuto la sensazione che ci fosse accoglienza, è un lavoro, come direbbe Cristina Campo che ha scritto un bellissimo libro a riguardo, irreprensibile. La vera scommessa sarà il futuro prossimo di questo spettacolo, lì capiremo il grado dell’esperienza di Francesco. Il pubblico è stato positivamente colpito da tutto ciò, e ha visto in lui un danzatore tout court.

Foto Tobia Abbondanza

Qual è la danza del vostro presente?

Michele Abbondanza: la danza non può che essere presente e non può che avvenire adesso. Se avviene adesso ha dentro di sé un grande dono, la sua freschezza e verità, per questo il nome dell’oggetto donato è quello di “presente”. Un testo lo puoi rileggere ma la danza no. Anche Doppelgänger avverrà ancora e sarà nuovamente presente proprio in occasione di Pergine Festival. Doppelgänger ora non è più nostro e il presente non può che essere il suo contenitore ideale.

Antonella Bertoni: il presente non può prescindere da questo lungo momento passato nella grotta in solitudine che dovrà essere metabolizzato. Abbiamo un po’ di ragnatele da togliere nel cuore e nei muscoli. Possiamo far finta che non sia così ma i nostri animi lo sentono.

Maurizio Lupinelli: io lo chiamo sempre “attraversare”, e sono legato a questa parola, non dobbiamo sostare. Come dice Antonella, quell’attraversamento parte da quel luogo adesso, e il nostro lavoro sarà efficace se, partendo da quella grotta, l’attraversamento sarà nuovamente riattraversato.

Redazione

Doppelgänger, 15 luglio 2021, Pergine Festival. Clicca qui per info e prenotazioni

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