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Performing Resistance. Dialogues on Arts, Migrations, Inclusive Cities. #sponsor

Performing Resistance. Dialogues on Arts, Migrations, Inclusive Cities

Dialoghi, incontri e seminari online con studiosi, curatori e artisti internazionali, gratuiti e aperti a tutti in streaming su Facebook e Youtube: è l’intenso programma di Performing Resistance. Dialogues on Arts, Migrations, Inclusive Cities, che si terrà dal 16 al 20 giugno.

Durante le giornate di Performing Resistance studiosi, attivisti, curatori e artisti internazionali si confronteranno sul rapporto tra arti, migrazioni e cittadinanze, riflettendo su come le pratiche performative costruiscono spazi di resistenza, forme di sovversione, narrazioni altre, azioni capaci di declinare il discorso sulla migrazione attraverso visioni differenti delle e nelle città contemporanee.

Si tratta di pensare e esercitare le arti performative come l’avamposto per reinvestire lo spazio pubblico, il diritto alla città e lo spazio domestico, includendo riflessioni sull’attuale situazione di crisi che declina nuove forme di vulnerabilità, confini e impedimenti alla mobilità. Partendo dalla decostruzione di posizioni paternalistiche, neocoloniali ed esotizzanti che stigmatizzano la figura del migrante, gli incontri approfondiranno anche questioni come il confine tra arte e attivismo, la creazione di dispositivi alternativi al sapere codificato, forme di cittadinanza “affettiva” e di riconfigurazione attuale dell’arte pubblica, in relazione con lo spazio urbano, sia reale che immaginato.

Organizzato da Emilia Romagna Teatro Fondazione, Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia dell’Università di Bologna e Cantieri Meticci, Performing Resistance rappresenta una riconfigurazione alternativa e digitale della Summer School programmata a giugno 2020 all’interno della terza edizione di Atlas of Transitions Biennale, il festival dedicato alle migrazioni realizzato a Bologna nell’ambito del progetto Creative Europe “Atlas of Transitions, New Geographies for a Cross-Cultural Europe” cancellato a causa dell’emergenza in corso.

«La forza tifonica della pandemia in pochi mesi – afferma la curatrice artistica Piersandra Di Matteo – ci ha chiamati a vivere trasformazioni radicali. È una mutazione epocale che opera, a tutta prima, una drastica riduzione del reale. Tutto si complica enormemente nel quadro, paradossale, di una contrazione brutale del tempo e dello spazio in cui viviamo. Se i nostri corpi sono stati frenati dal lockdown e dall’incertezza che tiene in scacco il campo del possibile, disinnescati dal confinamento coatto, intorpiditi dalla colpevolizzazione individualizzata, una tonalità emotiva fondamentale caratterizza questi giorni: è un desiderio dei corpi, uno stato affettivo che non investe soltanto i corpi umani ma ogni corpo, animale, vegetale, minerale, qualsivoglia porzione di materia. È un voler essere irrimediabilmente un corpo – tra – corpi. In relazione. Per avere cura di questo desiderio, le azioni di Atlas of Transitions Biennale non verranno semplicemente posticipate in autunno ma ripensate attraverso un esercizio di immaginazione che tenga conto dell’attuale sentire. Si tratta di pensare ed esercitare le arti performative come l’avamposto per un allenamento corporeo, affettivo, collettivo alla collettività, capace di reinvestire lo spazio pubblico, il diritto alla città, lo spazio domestico tenendo conto delle nuove condizioni per smarginarle attraverso altre alleanze, parentele non normative, posture corporee intensificate dalle differenze, contro ogni feticizzazione del migrante».

La Summer School Internazionale era rivolta a 30 partecipanti selezionati attraverso un bando pubblico. La risposta e l’interesse riscontrato sono stati straordinari: più di 130 persone, da Cuba all’Afghanistan, dal Brasile al Messico, hanno sottoposto la propria candidatura. L’attuale situazione ha però spinto il gruppo di lavoro, guidato da Pierluigi Musarò (Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia dell’Università di Bologna) a invertire il piano e quindi a riformularne una dimensione online.

Da queste premesse nasce la Summer School Performing Resistance. Dialogues on Arts, Migrations, Inclusive Cities, curata collegialmente da Piersandra Di Matteo, Pietro Floridia, Melissa Moralli e Pierluigi Musarò.

«Una proposta di alto valore politico, aperta e inclusiva, come tutta la conoscenza dovrebbe essere. Un programma che – afferma lo studioso Pierluigi Musarò – punta oltre i confini dell’emergenza, da quella del nemico invisibile da poco sbarcato in Europa a quella più cronica e spettacolarizzata che migranti e richiedenti asilo vivono sulla loro pelle. Perché l’emergenza sanitaria passerà, e probabilmente non sarà l’ultima. Lascerà molte vittime sul campo, per le quali occorre nutrire profondo rispetto. Ma starà a chi resta il compito di rimboccarsi le maniche e re-immaginare il lavoro da fare. In primis inventando narrative diverse per definire quel che è accaduto, sperimentando schemi e discorsi capaci di aprire nuove possibilità di solidarietà e giustizia sociale, senza più ignorare un comune destino di vulnerabilità. Un destino, volenti o nolenti, senza frontiere».

Il programma è composto da due lezioni al giorno in inglese, più una lezione organizzata da uno dei partner internazionali di Atlas of Transitions (Théâtre de Liège, Powszechny Theatre di Varsavia, Le Channel di Calais con l’Università di Lille e Tjeter Vizion di Elbasan, Albania) in una lingua europea, un modo per abbracciare la ricchezza culturale e creativa del network che ha dato vita al progetto. Ogni incontro, della durata di un’ora, sarà caratterizzato da uno spazio dedicato al pubblico di ascoltatori che potrà partecipare con domande e commenti.

Sarà possibile seguire il palinsesto di incontri via streaming sulle pagine Facebook (https://www.facebook.com/atlasoftransitionsitalia/) e Youtube (https://www.youtube.com/channel/UCAd44jdZjcqMit6FIMFUkdw) nel giorno e nell’ora indicati nel calendario visitabile sul sito www.emiliaromagnateatro.com.

Gli interventi

Tra gli interventi in inglese, la studiosa greca, Lilie Chiuliaraki, docente alla London School of Economics and Political Sciences – nota per il suo libro Lo spettatore ironico. La solidarietà nell’epoca del post-umanitarismo – indaga i processi di rappresentazione simbolica delle “vittime” nell’attuale pandemia, focalizzandosi su una puntuale analisi delle retoriche populiste. Da un’altra prospettiva, Nikos Papastergiadis, direttore del Research Unit in Public Cultures dell’Università di Melbourne, propone una riflessione sugli scenari futuri dell’arte pubblica e del suo ruolo chiave nella condivisione di immaginari e pratiche di collaborazione nel contesto urbano post-pandemico. Il sociologo e politologo italo-belga Marco Martiniello, direttore del Center for Ethnic and Migration Studies dell’Università di Liège, rivolge la propria attenzione alla generazione “post-razziale” che si manifesta nello spazio urbano attraverso pratiche artistiche di collaborazione radicate localmente ma interconnesse a livello transnazionale. Il teorico politico e attivista Sandro Mezzadra dell’Università di Bologna e il filosofo statunitense Michael Hardt della Duke University discutono dell’esperienza di Mediterranea #Saving Humans di cui sono entrambi promotori, punto di partenza per affrontare temi cruciali che riguardano l’attuale politica migratoria: dalle mutazioni dell’umanitarismo alla crisi dei diritti umani, dalla libertà di movimento all’autonomia della migrazione.

La giornalista finlandese-nigeriana Minna Salami indaga la nozione da lei coniata di “Afropolitanismo” e la necessità di attivare una “conoscenza sensibile” (Sensuous Knowledge) e femminista capace di inaugurare approcci decoloniali e antirazzisti. Daniel Blanga Gubbay, co-direttore del Kunstenfestivaldesarts, indaga i dispositivi della conoscenza attivi in alcuni progetti educativi ideati all’interno dell’istituzione artistica capaci di produrre spazi e modalità di trasmissione per forme e saperi “invisibilizzati”. Spostandosi dai centri urbani alla periferia dell’Europa, la studiosa dell’Università di Westminster, Federica Mazzara, analizza le strategie messe in atto dagli artisti per sfidare le narrative che stigmatizzano negativamente i migranti, concentrandosi in particolare sul tema delle morti in mare. La socio-antropologa finlandese, Karina Horsti, docente all’Università di Jyväskylä, propone una riflessione critica su come istituzioni e operatori culturali, artisti e attivisti possano rendere visibili i confini invisibili, analizzando le conseguenze che ne derivano.

A partire dalla nozione di “ribelle” formulata da Saidiya Hartman, il dramaturg and lecturer afro-americano Tunde Adefioye riflette sugli spazi occupati dalla gente di colore con i propri archivi in Europa, suggerendo l’urgenza di una fondazione drammaturgica nera, capace di osservare chi occupa le città europee, chi è autorizzato a farlo o ne è escluso.

A questi interventi, si aggiungono i dialoghi con artisti e studiosi organizzati dai partner internazionali del progetto. Una riflessione su politica ed etica del “rifugio” è condotta dalla ricercatrice dell’Università di Lille, Sophie Djigo e da Camille Louis a partire dall’esperienza della giungla di Calais; lo studioso albanese Hektor Ciftja rifletterà sul rapporto tra mezzi di comunicazione di massa e inclusione sociale, mentre traiettorie, esperienze e strategie artistiche in rapporto alle narrazioni e rappresentazioni della diversità e della migrazione saranno l’oggetto degli incontri con la regista e performer francese Léa Drouet, il drammaturgo siriano Mohammad Al Attar e la regista polacca Weronika Szczawińska.

I dialoghi sono moderati da esperti, tra i quali Pierluigi Musarò (Università di Bologna), Piersandra Di Matteo (Università Iuav di Venezia, curatrice artistica di Atlas of Transitions Biennale), Annalisa Frisina (Università degli Studi di Padova), Emanuela Piga (Università di Bologna), Ilenia Caleo (Università Iuav di Venezia e Master Studi e Politiche di Genere di Roma Tre), Francesca Guerisoli (Università degli Studi Milano-Bicocca, curatrice e giornalista) e Melissa Moralli (Università di Bologna), Emilie da Lage (Università di Lille), Edith Bartholet (Théatre de Liège), Ardiana Kasa (ong TVO) e Paweł Sztarbowski (curatore Teatr Powszechny).

Performing Resistance. Dialogues on Arts, Migrations, Inclusive Cities è parte di Atlas of Transitions. New Geographies for a Cross-Cultural Europe, progetto europeo che promuove traiettorie comuni tra residenti italiani, residenti stranieri e nuovi arrivati, sperimentando altri modi di interazione e reciprocità tra culture diverse. Il progetto coinvolge artisti, curatori, ricercatori, esperti e attivisti di sette paesi con l’obiettivo di favorire spazi di convivialità urbana attraverso la cultura e le arti performative. Oltre a Emilia Romagna Teatro Fondazione, Università di Bologna e Cantieri Meticci, il progetto è promosso a livello europeo da: Backa Theater e Università di Gothenburg (SE), Le Channel Scène Nationale e Università di Lille (FR), Motus Terrae e Università di Atene (GR), Théâtre de Liège, DC&J Création and CEDEM (Center for Ethnic and Migration Studies) presso l’Università di Liège (BE), Powszechny Theatre e il CMR (Center of Migration Research) presso l’Università di Varsavia (PL), Tjeter Vizion e Università di Elbasan (AL).

Programma completo e informazioni su: www.atlasoftransitions.eu | www.emiliaromagnateatro.com

Per coloro che lo richiederanno sarà possibile fornire un attestato di frequenza (le modalità sono specificate sul sito).

 

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