L’Aminta di Torquato Tasso adattato da Sergio Basile, la recensione.
La finzione cela altra finzione, il libro si riversa sul palco ma la parola scritta non perde la sua centralità. Partendo già dal sottotitolo di questo lavoro messo in scena al Teatro della Visitazione non troveremmo una macchina del tempo per operazioni sociali né anacronistici recuperi filologici; Sergio Basile immagina una rappresentazione della favola pastorale dell’Aminta all’interno di quel manicomio dove realmente Torquato Tasso passò sette anni rinchiuso tra i “forsennati”.
«Per nostro diletto e salvazione» la messinscena sembra essere dunque, nella finzione drammaturgica, terapia per i quattro immaginari reclusi che hanno nomi e storie di un possibile oggi, ma al contempo se ne serve in quanto specchio amplificato dei personaggi letterari. L’amore rifiutato del pastorello Aminta per la sfuggente Silvia acquisisce i caratteri delle patologie di Alighiero e Adalgisa – riassumendo, diremmo, depresso l’uno, frigida l’altra –, le cui cartelle cliniche osserviamo su un velatino che separa scena e platea mentre un personaggio in giacca e cravatta ce li presenta. Sospesi nel tempo, i personaggi vivono la realtà della reclusione in una selva di brandine e secchi d’acqua, accompagnati dal suono di un’arpa suonata dal vivo da una suora, più in funzione di contorno che di controllo. Quelle notazioni graficamente ben presentate, alcune frasi di raccordo proiettate e recitate da voce automatica sembrano bloccare in una certa reverenza della scrittura a discapito dell’autonomia scenica, che tuttavia si serve del testo letterario e lo lascia attraversare da una “poetica della follia”, tale per cui le ossessioni e i ritornelli, certe posture del corpo, la predilezione per una narrazione a frammenti, diventano l’approccio all’intero lavoro e possibile re-interpretazione. Eccettuati alcuni passaggi forse un po’ eccessivamente “urlati”, nei quali la rappresentazione della frenesia ricalca l’effetto più che il processo, non siamo, coscientemente, quasi mai nel bosco, quasi mai nell’edonismo dall’animo cortese che molti videro nella favola del Tasso. All’originale lieto fine si fa spazio un’angoscia più verosimile, il cinguettare lascia posto a un ronzio costante, la cascata diventa acqua riversata in un secchio, la violenza del fauno si riversa in quella di un infermiere. Il rifugio nell’idillio si è guastato, si è caduti in un terrore senza uscita, con la sola speranza che attraverso il teatro si recuperi quella vita perduta.
Viviana Raciti
Twitter @viviana_raciti
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Visto al Teatro della Visitazione, Roma, febbraio 2015
L’AMINTA DI TORQUATO TASSO
Rappresentata dai filodrammatici del manicomio di Sant’Anna per opera del poeta medesimo
Adattamento e regia di Sergio Basile
Con Benedetta Corà, Paola Cultrera, Lorenzo Garufo, Teo Guarini, Fabrizio Milano, Stefano Patti, Giulia Pera
Direzione tecnica di Edoardo Basile
Ufficio stampa Laura Belloni