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HomeProgrammazioneCartelloni TeatriStagione 2013 - 2014 Teatro delle Passioni di Modena

Stagione 2013 – 2014 Teatro delle Passioni di Modena

STAGIONE 2013/2014
TEATRO DELLE PASSIONI DI MODENA
EMILIA ROMAGNA TEATRI

22-24 ottobre 2013
A. H.
drammaturgia Federico Bellini e Antonio Latella
regia Antonio Latella
con Francesco Manetti

“E se invece di mettere i baffi alla Gioconda li togliessimo a Hitler?”
Questa domanda non vuole essere una provocazione ma è, nella sua assurdità, l’interrogativo da cui partiamo. Spostare lo sguardo da quella mosca sotto al naso, maschera dell’orrore di tutto il ’900, a qualcosa di interiore, di terribilmente intimo, umano.
Ci interessa intraprendere una riflessione sul male. Esiste il male? Certo, per esempio il cancro. Di fronte a un simile male, la domanda non è solo “come sconfiggerlo?” ma soprattutto “perché nasce?”. Partiamo da questo interrogativo per confrontarci con il cancro che ha colpito l’Europa, che è entrato nei cuori e nelle menti e si è trasformato in pensiero, in politica, sterminando come un angelo vendicatore. Hitler è stato sconfitto ma come tutti i grandi mali non è stato ucciso, si è ucciso per non morire, per custodire l’orrendo segreto della sua nascita. Come è stato possibile che il cancro Hitler sia entrato nel cuore di milioni di persone che si sono messe la mosca sotto al naso?
Antonio Latella

7-9 novembre 2013
UN BALLO
progetto di Thea Dellavalle e Irene Petris
da Il ballo di Irène Némirovsky
con Lorenzo Bartoli, Ilaria Genatiempo, Sara Lazzaro, Irene Petris, Alice Torriani
regia Thea Dellavalle

Lo spettacolo è ispirato ad un romanzo breve della scrittrice francese Irène Némirovsky, Le Bal (1927). Questa la trama, semplice e spietata:
Parigi 1928. Alfred e Rosine Kampf, sono una coppia di borghesi di origini modeste recentemente arricchiti grazie alle speculazioni in borsa. Per inserirsi nella buona società parigina e continuare la loro ascesa sociale organizzano una festa da ballo. Hanno una figlia di quattordici anni, Antoinette, ancora troppo piccola per ottenere di partecipare al ballo o forse già troppo grande per figurare alla festa accanto ad una madre alle soglie dell’età matura. In seguito a questa esclusione Antoinette compie la sua inconsapevole e fatale vendetta: con un gesto impulsivo getta gli inviti nella Senna. La sera del ballo non si presenterà nessuno. Solo una lontana parente, l’insegnante di piano di Antoinette, ha ricevuto personalmente l’invito e sarà testimone della disfatta dei Kampf.

Il gesto di Antoinette è un gesto istintivo, uno sfogo di cui lei stessa non conosce la portata, ma è un gesto, un passare all’azione che rompe il cerchio dell’infanzia, del timore dei genitori, del senso di estraneità subìta rispetto al mondo degli adulti.
A segnare la sua crescita, la sua conquista di autonomia non è il ballo, un debutto in società tra la musica e le luci, che nei fatti le viene negato, ma questa ribellione silenziosa, la prima di altre, tante, ribellioni che verranno.
Questo gesto, quasi involontario ma terribile nelle sue conseguenze e che tuttavia resta segreto, impunito, le rivela di avere un potere che vince ogni insicurezza, ogni goffaggine, il potere di chi ha dalla propria parte il tempo.

13-17 novembre 2013
VIVA L’ITALIA
LE MORTI DI FAUSTO E IAIO
di Roberto Scarpetti
regia César Brie
con Massimiliano Donato, Andrea Bettaglio, Alice Redini, Umberto Terruso, Federico Manfredi
Lo spettacolo previsto nel cartellone del Teatro Storchi, andrà in scena presso il Teatro delle Passioni di Modena.

Torna a Modena César Brie con un testo inedito di un nuovo autore che ci racconta un fatto di cronaca del passato, uno degli episodi più oscuri ed emblematici della storia del nostro paese. Perché il teatro sia sempre un’esperienza necessaria e al centro della scena ci sia sempre l’essere umano.
La storia raccontata da Viva l’Italia è quella delle morti di Fausto e Iaio, due diciottenni milanesi frequentatori del centro sociale Leoncavallo, uccisi a colpi di pistola la sera del 18 marzo 1978, due giorni dopo il rapimento di Aldo Moro da parte delle BR. «Rispetto agli spettacoli definiti di teatro civile – spiega l’autore – in Viva l’Italia non c’è un narratore onnisciente che conduce gli spettatori nei segreti e nei retroscena di un fatto storico: in questo caso la Storia è narrata in prima persona dai personaggi che l’hanno vissuta. Una drammaturgia storica, pensata in forma di monologo, anzi di cinque monologhi intrecciati tra loro a ricostruire un quadro d’insieme».
L’ambizione è quella di far rivivere al pubblico il passato come fosse presente, con tutte le emozioni, i sentimenti, la disperazione di persone reali, persone che sono state coinvolte in qualcosa più grande di loro, mentre la vita di tutti i giorni andava avanti, come se non fosse successo niente.

5-7 dicembre 2013
LOLITA [RECENSIONE] di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani
con la collaborazione artistica di Vincenzo Todesco
con Olga Bercini
Babilonia Teatri

Lolita è prima di tutto l’incontro con Olga, una bambina di undici anni che ha accettato la nostra proposta di fare uno spettacolo insieme.
Volevamo raccontare la ricerca di un’identità da parte di una bambina, il suo bisogno d’amore e la violenza del nostro mondo.
Lolita è uno spettacolo che prosegue la nostra ricerca di lavoro con le persone.
Olga porta sul palcoscenico la sua autenticità, senza il filtro della finzione e con la forza del suo candore
Lolita è un sogno. Un brutto sogno. Un incubo.
Sono pensieri e segreti consegnati a un diario.
Pensieri di una ragazzina che corre che salta che cammina sul filo.
Una ragazzina che ha pensieri di donna.
Lolita è un urlo e uno sberleffo insieme.
Lolita è un gioco dove non è chiaro il limite tra verità e finzione.
Lolita è una farfalla.
Quanti anni deve avere lolita per essere lolita.
Per profumare di lolita.
Sono i nostri occhi a vedere lolita.
È la nostra testa a volere lolita.
Sono le nostre mani a immaginare Lolita.
Lolita è un modello che la società impone.
È una tentazione e un monito.
È la voglia di giocare col fuoco e la paura di bruciarsi

16-18 gennaio 2013
HIMMELWEG [RECENSIONE] LA VIA DEL CIELO
di Juan Mayorga
regia Marco Plini
con Giusto Cucchiarini, Marco Maccieri, Luca Mammoli

“Negli anni ’40, prima che la verità sui campi di concentramento venisse alla luce, un commissario della Croce Rossa, insospettito da questi lager, chiede ed ottiene il permesso dell’alto comando nazista di visitarne uno. Il comandante del campo architetta per l’occasione la trasformazione del lager in un villaggio modello che avrebbe lo scopo di sperimentare la vita ideale per la comunità ebraica. Il testo segue le minuziose prove di questa gigantesca messa in scena in cui il comandante assume il ruolo del regista mentre i prigionieri diventano, loro malgrado, gli attori.
Nei giorni precedenti all’arrivo del commissario della Croce Rossa si susseguono prove di varie scena di vita felice sotto il controllo del comandante del campo; alla fine il commissario subirà questa gigantesca manipolazione e non potrà far altro che scrivere ciò che ha visto in questo campo, diventando suo malgrado complice del massacro di un popolo.
Quello di Mayorga è un punto di vista estremamente affascinante da cui guardare questa immane tragedia. Il testo contiene una grande quantità di suggestioni sulla realtà e la sua manipolazione, ma soprattutto ha un grande valore di conservazione di una memoria livida e non patetica, utile in particolare ad un pubblico giovane che ormai si riferisce alla Shoah più o meno come alle Crociate: un evento storico lontano e irripetibile, sepolto in un punto della storia lontano e nebuloso”. Nella rilettura di Plini il Comandante del Lager assume il ruolo di pedagogo – regista mentre il ruolo di prigionieri è affidato a un gruppo di studenti delle Scuole medie inferiori e superiori con cui il regista ha intrapreso un laboratorio artistico-formativo, un vero e proprio percorso pedagogico condotto all’interno delle scuole stesse dei ragazzi.

30 gennaio – 2 febbraio 2013
STUDIO SUL SIMPOSIO DI PLATONE
drammaturgia Federico Bellini
regia Andrea De Rosa
con Giulia Briata, Eleonora Giovanardi, Leonardo Lidi, Annagaia Marchioro, Martina Polla, Filippo Quezel, Massimo Scola, Annamaria Troisi

ll Simposio, forse il dialogo più conosciuto di Platone, racconta di un convivio organizzato dal poeta Agatone per festeggiare la sua vittoria alla gara poetica delle Grandi Dionisie.
Al banchetto prendono parte alcuni amici del poeta – tra i quali Fedro, Aristofane e Socrate – che sono espressione delle varie forme artistico-culturali dell’Atene del V sec.a.C: personaggi quindi, ma al tempo stesso maschere che esprimono correnti di pensiero dell’epoca. Ognuno di loro pronuncia un elogio in onore del dio Eros; si susseguono così una serie monologhi che culminano nel discorso di Socrate.
Il tema del Simposio è quindi l’Amore, inteso come divinità e come passione, passione indagata nella sua accezione assoluta, eterosessuale ed omosessuale: ne traspare una visione profonda ed elaborata, ricca di sfaccettature e significati.
Il Simposio di Platone non smette di porci domande. Ci siamo ritrovati, come sempre quando si è di fronte a un capolavoro, letteralmente sommersi da un fiume vorticoso di domande. Ciascuna ne alimentava un’altra e mentre alcune trovavano una sistemazione, grazie ai tanti filosofi che si sono confrontati con questo testo, per tante di esse non riuscivamo a trovare nessuna risposta che non fosse parziale o arbitraria; abbiamo allora deciso di rinunciare fin da subito a un’idea di messa in scena pura e semplice del testo, scegliendo invece di lasciarci trascinare dalla tumultuosa corrente di domande che ogni discorso sull’Amore inevitabilmente suscita, anche quando essa ci conduceva per territori apparentemente molto distanti dalla filosofia e da Platone.

14-15 febbraio 2013
POCO LONTANO DA QUI  [RECENSIONE] di e con Chiara Guidi e Ermanna Montanari
suoni originali Giuseppe Ielasi
Socìetas Raffaello Sanzio e Teatro delle Albe / Ravenna Teatro

Il parlar franco è stato il patto iniziale del nostro incontro. La decisione di lavorare insieme non aveva nulla di concreto su cui misurarsi: potevamo contare unicamente sulla potenzialità del nostro ‘dialogo’ e della nostra trentennale ricerca vocale. I concetti che ogni volta affioravano, creavano quella combustione necessaria che ci permetteva di assumere una forma che andava a comporre lo spettacolo. Finalmente attraverso la guida di Karl Kraus abbiamo incontrato le lettere di Rosa Luxemburg che si è posta come specchio oggettivo e autorevole nel nostro intarsio quotidiano. Quelle lettere dalla prigione hanno dato coraggio alle scelte dei nostri atti scenici, alla nostra impossibilità iniziale a dire, a vedere. Ci siamo moltiplicate per diventare ricettacoli di un luogo sonoro che il musicista Giuseppe Ielasi ha raccolto e composto. Il nostro intarsio drammaturgico graffia ogni giorno la forma oscura che preferisce nascondersi e noi abbiamo deciso di non ostacolare questa velatura”.
Chiara Guidi e Ermanna Montanari, 24 agosto 2012

18-22 febbraio 2013
EDUCAZIONE SIBERIANA
di Nicolai Lilin e Giuseppe Miale di Mauro
da un’idea di Francesco Di Leva e Adriano Pantaleo
con Luigi Diberti e con Elsa Bossi, Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Stefano Meglio, Adriano Pantaleo, Andrea Vellotti
regia Giuseppe Miale di Mauro

Nella città di Bender in Transnistria, sulle rive del fiume Dnestr, vivono i “criminali onesti”. La loro comunità segue le antiche regole dei fuorilegge siberiani che hanno ispirato molte generazioni con la loro visione anarchica della gestione della vita. Il rapporto dei giovani con il mondo si costruisce rispecchiando l’ideologia degli anziani, da sempre abituati ad opporsi allo Stato e a lottare per la propria libertà. La mentalità dei criminali siberiani approva l’assassinio come mezzo estremo per la sopravvivenza, interpretando in modo controverso la sacralità delle leggi della religione Cristiana. Ma allo stesso tempo gli anziani hanno grande cura dei più deboli, rifiutano la droga e gli affari che comprendono speculazioni e traffici illeciti.
La vita delle persone è umile e difficile. Il destino di un criminale onesto si tempra tra carcere e oppressione dello Stato. Ma con la fine dell’impero sovietico la società sta per cambiare in modo irreversibile.
L’adattamento teatrale di Educazione Siberiana si muove intorno alla storia di due fratelli molto diversi tra loro: il primo è Boris, il giusto. Legato agli insegnamenti della tradizione siberiana, rispetta gli anziani e cerca di somigliare in tutto a loro. Il secondo è Yuri, il ribelle. Ha lo sguardo proiettato nel futuro, pronto ad infrangere ogni regola e a tradire la sua stessa famiglia per amore del Dio denaro, così rapito nel suo sogno americano. In mezzo il vecchio Nonno Kuzja, che cerca di far resistere la tradizione dei criminali onesti, nonostante il devastante impatto della società con il moderno delirio del consumismo occidentale.

5-7 marzo 2013
LA SOFFERENZA INUTILE
di e con Leonardo Capuano
liberamente tratto da La rivolta di Fëdor Dostoevskij

La sofferenza inutile è liberamente tratto dal capitolo “La rivolta” de ”I fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij, e parla dell’incontro di due fratelli, durante il quale uno si interroga, in un linguaggio visionario e denso di simboli, sull’ingiustizia intollerabile delle sofferenze inferte ai bambini.
Protagonista dello spettacolo è Leonardo Capuano, rivelatosi con precedenti monologhi quali La cura Zero Spaccato che lo vede di nuovo nella duplice veste di attore e autore. Con l’attore Roberto Abbiati produce Pasticceri, spettacolo che ha realizzato numerose repliche, ottendendo un ottimo successo di pubblico e critica, mentre con Renata Palminiello nasce un altro successo, lo spettacolo Due. Lavora con la compagnia Lombardi-Tiezzi su Gli uccelli di Aristofane e conduce seminari sul lavoro dell’attore con un approccio legato alla fisicità del gesto e della voce. Per ERT è stato interprete, accanto a Umberto Orsini e Valentina Sperlì, di Molley Sweeney di Brian Friel diretto da Andrea De Rosa.
“Per ora, e non poteva essere altro che così, un tentativo, parole prese e usate in favore dell’innocenza, senza nessun genere di speculazione. Solo un compito: dare una forma e un linguaggio. La protesta che io esprimo, il rifiuto di dare un assenso all’ordine delle cose, alla sua logica distruttrice, appariranno sicuramente vani. Se da qualche parte c’è una verità che esige che gli innocenti soffrano, io rinnego una simile verità, preferisco rimanere con il mio sdegno inappagato. Preferirei rimanere con il mio dolore, la mia nausea, anche se avessi torto. Tutto qui.”

18-30 marzo 2013
LA METAMORFOSI
dal racconto di Franz Kafka
regia e drammaturgia Luca Micheletti
con (in o. a.) Dario Cantarelli, Laura Curino, Luca Micheletti, Claudia Scaravonati
Lo spettacolo previsto nel cartellone del Teatro Storchi, andrà in scena presso il Teatro delle Passioni di Modena.

La letteratura di Kafka è capace come poche altre di tradurre il disagio dell’uomo contemporaneo in mirabili e struggenti parabole sulla compromissione della sanità, sulla subordinazione dell’esistenza alla sussistenza, sulla trasformazione grottesca dell’essere umano in una cosa “alienata”, dotata di un’anima che egli stesso stenta tragicamente a riconoscere e a nutrire.
Il caso di Gregor Samsa, che si tramuta senza spiegazioni in un insetto, si fa metafora del cambiamento inesorabile cui l’uomo è costretto quando relegato ai margini dell’umano: lo spettacolo vorrebbe porsi ad emblematico raccordo tra la necessità di raccontare il disagio e il desiderio di denunciarlo; si nasconde, infatti, al fondo del pessimismo più grottesco e nichilista, il bisogno: la richiesta dell’aiuto.
La sofferenza fisica e l’apparente differenza o “distanza”, non solo dalla “norma” ma addirittura dall’“umanità”, possono essere osservate come occasioni di soccorso. Gregor che si trasforma in un insetto incarna la metafora d’un bisogno esiziale, quello della diversità esclusa che cerca un contatto, quello dell’umanità che non viene riconosciuta per tale di denunciarsi e tornare a vivere.
La metamorfosi può offrirsi come ricco e agile strumento per raccontare un’esperienza di “disabilità”, tanto parossistica da essere metaforica, tanto abnorme da essere universale.

1-6 dicembre 2013
NATALE IN CASA CUPIELLO
di Eduardo De Filippo
regia e adattamento Fausto Russo Alesi
Lo spettacolo previsto nel cartellone del Teatro Storchi, andrà in scena presso il Teatro delle Passioni di Modena.

È con gioia, paura, emozionata curiosità ed una buona dose di follia, che mi avventuro alla scoperta del teatro di Eduardo De Filippo.
È da molto tempo che coltivo il desiderio di accostarmi a questo grande attore-autore-regista e al suo patrimonio drammaturgico e Natale in casa Cupiello, in questa versione solitaria, mi è sembrato un modo possibile, una chiave d’accesso per incontrare la sua arte e il suo linguaggio. È difficile definire Natale in casa Cupiello, perché è un testo semplice e complesso allo stesso tempo. Semplice perché popolare, familiare e complesso perché umano, realistico sì, ma soprattutto metaforico. Quando leggo Natale in casa Cupiello, ho la sensazione di trovarmi davanti ad un meraviglioso spartito musicale, un vibrante veicolo di comunicazione, profondità e poesia.
È incredibile, a soli 31 anni Eduardo recitava la parte del vecchio padre di famiglia, antieroe-bambino, Luca Cupiello, personaggio che avrebbe interpretato credo quasi fino agli ottant’anni. È come se con questo personaggio lui ci avesse raccontato una parabola sulla vita. Questa è oltre tutto un’opera di scambio tra generazioni a confronto. E fu Eduardo stesso che arrivò a affermare che il punto di arrivo dell’uomo è la nascita, mentre il punto di partenza dal mondo e punto di partenza per le nuove generazioni è la morte.

22-27 aprile 2013
CLÔTURE DE L’AMOUR [RECENSIONE] uno spettacolo di Pascal Rambert
traduzione Bruna Filippi
con Anna Della Rosa, Luca Lazzareschi
con Luca Lazzareschi, Tamara Balducci (date dicembre 2013 e gennaio 2014)
Lo spettacolo previsto nel cartellone del Teatro Storchi, andrà in scena presso il Teatro delle Passioni di Modena.

In una grande stanza bianca, una donna ed un uomo si parlano attraverso due lunghi monologhi – che non si faranno mai dialogo – interrogandosi sulle ragioni della fine della loro storia d’amore. Il flusso ininterrotto di parole, le domande – risposte che si scatenano e la respirazione bloccata creano una sorta di maratona tra paura e liberazione: ecco, è lì, nel mezzo del momento doloroso, che Pascal Rambert ci porta, senza temere di disturbare, di creare dubbio, di immergerci nei meandri di una storia che porta inesorabilmente alla rottura.
Alla domanda “chi amiamo quando amiamo?” Pascal Rambert non dà nessuna risposta, ma si aggira semplicemente nelle possibilità, senza rifiutare quei luoghi comuni che usano almeno una volta due persone che si separano, che cercano assieme le ragioni del proprio disamore.
Due sguardi, due parole e due silenzi per raccontare la violenza di un amore che muore.

7-10 maggio 2013
ANNA CAPPELLI, UNO STUDIO
di Annibale Ruccello
regia Pierpaolo Sepe
con Maria Paiato

Anna Cappelli è una giovane donna, una figurina degli anni Cinquanta, in fuga da Orvieto per cercare lavoro. Si stabilisce a Latina, ospite di una vecchia signora, perché impossibilitata a pagare un intero affitto. Fin qui tutto normale, se non fosse che la ragazza è ossessionata dalle cose e dalla volontà di possederle. Lontana dalla sua stanza, sembra controllare a stento scatti d’ira ed improvvisi cambi di personalità. Gira su se stessa, strepita nervosa e storce il viso in preda a crisi di nervi. Desidera una casa tutta sua, un ambiente esclusivo, lontano dagli occhi delle colleghe e della coinquilina. Occhi, bocche, voci. Tutto trama alle spalle delle fragile Anna, che pur di cambiare vita, va a vivere con un ragioniere scapolo e benestante, proprietario di una casa di dodici stanze, condivisa con un’anziana cameriera. La giovane lo irretisce per poi sopraffarlo completamente. L’obiettivo è la conquista degli spazi, degli oggetti, dei mobili. Non c’è spazio per l’amore in questa corsa smodata. La smania d’avere per essere sfocia in un’irrefrenabile possessione, alleviata solo dall’esclusività, dalla dominanza dell’io e del mio. Un male potente, che affligge i nervi e prostra la mente, sfociando in un’inevitabile tragedia.

14-16 maggio 2013
NOOSFERA MUSEUM
di e con Roberto Latini
Fortebraccio Teatro

Terzo movimento del programma, Noosfera Museum riconvoca Fortebraccio Teatro dove le battaglie per la resistenza teatrale hanno sospeso la riflessione scenica intorno al contemporaneo.
Dopo Lucignolo che aspetta la mezzanotte per salire sul Titanic diretto al Paese dei Balocchi come fosse una delle Americhe possibili, dopo il naufragio senza tempo che accompagna la nostra generazione di asini, questo lavoro immagina un approdo possibile all’isola di una scena in cui sono già trascorsi tutti i giorni felici.
Il disagio dell’attesa di un futuro che si è dimesso dalle nostre aspirazioni, la cecità del fondo di un qualsiasi fondo, il mutismo dei pensieri di chi né servo né padrone parla, dopo la tempesta, alla sua sola solitudine, corrisponde a dove ci siamo rifugiati in attesa di nessuna aspettativa.
Ai piedi della montagna dei giganti che non ci somigliano più, la cantilena di questo immobilismo è affidato alla consolazione della ripetizione e all’impossibilità della rappresentazione.
La scena sfida la sintassi di ogni forma sensibile perché la bellezza possa intercettarci, ammetterci alla presenza della platea che l’ha custodita in questo tempo.
Irrinunciabile, come la poesia che non è misura mai, ma il tentativo estremo di una condizione senza condizioni, capace, per quanto può concedersi da sé, di trasformare la resistenza in reazione.

info su www.emiliaromagnateatro.com

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