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Fratto_X di Antonio Rezza – Dell’uomo semplificato

foto Ufficio Stampa

Passano i giorni. E il critico attende, valuta, riflette. La sera della prima del nuovo spettacolo di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Fratto_X, la sala strapiena del Teatro Vascello dove sarà in scena fino al 6 gennaio non riusciva a stemperare il tributo al virtuosismo, a quel che osando si definirebbe il dominio di un’esperienza – d’attore – su quella di spettatore. Ecco, pensa il critico, ecco la chiave. Lo pensa di continuo nei giorni che seguono. Pensando e ripensando quella sera. Qui ci sono due distinte esperienze, si fa in scena e fuori una cosa completamente diversa, soggiogato il pubblico da un dominatore che non ammette diniego, non ammette partecipazione. Sarebbe alquanto sgradevole, se non stessimo parlando di arte. E allora la chiave non apre più. Ci si fruga le tasche per cercarne altre. Ma non ci sono. Il critico entusiasta e desolato fa ammenda e sconfessa il suo mestiere, confida a sé stesso e al lettore che vedere Antonio Rezza abitare le scene di Flavia Mastrella è un evento cui non può mancare, perché forse a mancare è chi sia in grado di raccontarlo. Se un libro uscito qualche mese fa, La noia incarnita, curato da Rossella Bonito Oliva, definiva il loro un “teatro involontario”, volontario è invece chi ci va pur consapevole di essere in pericolo nella sua dimensione di inerzia, quella cellula da poltroncina che mette al riparo dal rischio elettrizzato di essere. Così impegnati a far finta di essere.

Eppure: Fratto_X. E allora si inizia a intuire qualcosa in più. Non è difficile tornare con la memoria al precedente 7-14-21-28 per accorgersi di un nuovo rimando algebrico, con il quale ancora i due artisti tornano a parlare di identità e di relazione, esattamente i campi d’indagine in cui l’algebra sviluppa i suoi studi. Ma qui siamo in teatro. E allora si prendano i numeri e a essi si sostituiscano gli uomini. Ora, forse, è tutto più chiaro: la sequenza che delineava le relazioni umane nell’ultimo spettacolo suggeriva un’intenzione ancora dinamica, che nella moltiplicazione del singolo oscillava fra due linee evolutive: il tentativo di costruire legami e, quando questi scontavano il disequilibrio, il continuo combattuto ritorno indietro, nello spazio immoto della solitudine. O almeno dei legami sbagliati. Se allora la tensione conservava uno spirito ancora disposto al movimento, sia pur sempre tradito, ora il trattino va a calare e la perentorietà del segno aritmetico spinge a considerare quella semplificazione in negativo già da principio, dichiarando gli uomini vittime di una superficialità imperdonabile con la quale hanno costruito una società incapace di redimere l’annientamento dei legami condivisi, investendo tutte le energie in quelli coatti e differiti. Uomo fratto uomo è un gesto distratto di eliminazione collettiva. La X non è l’incognita, ma il segno consapevole di un’identità perduta, elisa, che non è permesso rintracciare.

foto Ufficio Stampa

Per dire questo Rezza corre, al solito strepita, si dimena confrontandosi con l’altro riducendolo a mera proiezione di sé stesso (qui il solito aiuto scenico Ivan Bellavista dimostra finalmente le sue ottime qualità d’attore), si dilania come caricasse in sé il grido dannato di tutti gli uomini. Proprio come spetta – loro malgrado – ai veri artisti. Disegna traiettorie di senso dichiarandone al contempo il tradimento, costruisce scene in cui il legame drammaturgico allora sperimentato si va necessariamente disperdendo, stritola lo spazio scenico sovrastandolo di presenza nell’accentramento sul corpo o estenuando un’assenza dal campo visivo, affina il linguaggio e ne usa gli strumenti per farli esplodere come un videogioco di guerra, inquadra gli avverbi, gli aggettivi, le alternanze temporali e spara le sue bombe senza orologeria.

Ma c’è di più. Rezza/Mastrella deplorano la consolazione e non certo ignota è – a detta loro per questo motivo – la posizione di distanza da ogni narrazione, intesa come reiterazione del già visto e quindi all’opposto dell’arte. Eppure qui si tratta di divisione, operazione aritmetica che non è definita, o ammessa, con zero come secondo termine, perché non darebbe risultato. Sarà per questo che Rezza si fa qui anche sprezzante narratore? Viene il dubbio che… narratore fratto narratore, i due termini uguali si semplificano e resta X, il niente perenne, inconoscibile e irrimediabile. E beffardo Antonio Rezza con in mano la matita, tracciando i segni identici di eliminazione, potrà dirsi autore della diabolica operazione.

Simone Nebbia

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in scena fino al 6 gennaio 2013
Teatro Vascello [cartellone] Roma

TSI La Fabbrica dell’Attore – Fondazione Teatro Piemonte Europa
Flavia Mastrella e Antonio Rezza
FRATTO_X
con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista
(mai) scritto da Antonio Rezza
Habitat di Flavia Mastrella
assistente alla creazione Massimo Camilli
disegno luci Mattia Vigo

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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