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Dove osano le star: Elio Germano sorvola Thom Pain

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Elio Germano in Thom Pain

Elio Germano in Thom Pain

Dopo il fugace passaggio a Le vie dei festival 2010, Thom Pain, monologo finalista al Pulitzer Prize for Drama firmato dall’osannato drammaturgo di Brooklyn Will Eno, debutta a Roma al piccolo Teatro Quirino, il Quirinetta, una volta sala cinematografica dal naso un po’ all’insù, ora anche palco su cui si tenta di agganciare alla coda di stelle ben note al grande pubblico quella necessità ritrovata di riempire le platee. Elio Germano compare in elegante abito scuro e occhiali da nerd per sorreggere tutto da solo 55 minuti di monologo. Un testo originale, quello di Eno, che tenta, con le armi di un linguaggio che vola e scarta, di portare in scena l’assenza, la sottrazione, il gancio mancato, quel – terribilmente anglosassone – gap che tanto somiglia al vuoto tra banchina e treno. E lo fa rivoltando lo specchio del “cogitare” tipico del monologo direttamente sul pubblico, con il quale immagina un dialogo fumoso, inafferrabile, nevrotico, stressante.

Nel raccontare, “basandosi sul niente”, la non-storia di un non-personaggio, le passioni piccole e nascoste di chi si osserva vivere come da dietro a un vetro e fa del ricordo una pozione che ammalia e della paura di agire un mantra che distrugge (“pain” in inglese significa “dolore”), Eno va a cercare quel cortocircuito tra vero e verosimile, fulcro tematico che, grazie ai tentativi gemelli di tanta drammaturgia britannica e statunitense, è ormai sul punto di conquistare una propria estetica. Sarebbe davvero interessante – lo è sempre – assistere a quella lotta tra una realtà (in questo caso quella più intima) e il suo doppio sublimato in un’urgenza di rappresentarsi in forma spettacolare, in esibizione. Non fosse che questa volta bisogna fare i conti con una presenza in più, quella del “grande attore”.

Elio Germano è giovane; Elio Germano è pieno di talento; Elio Germano è simpatico; Elio Germano è alla mano; Elio Germano nasconde in una tasca il premio come migliore attore a Cannes ma non te lo fa vedere; Elio Germano è come lo vedi; Elio Germano non è come te lo aspetti, ma esattamente come speri che sia; a proprio agio in una difficile prova. Difficile proprio perché stavolta il “buon” testo ha maniche tagliate larghe, in modo che un “buon” attore possa sentircisi comodo dentro. Possa costruire e distruggere, indugiare e buttar via a piacimento, fare il bello e il cattivo tempo. E non è facile quando il pubblico in platea ti conosce così bene. Ti ha visto arrabbiarti, piangere, fare l’amore, gridare, ridere. Conosce a memoria le linee e le imperfezioni del tuo volto perché le ha viste nei primi piani di tanti film di successo.
Allora accade anche che il pubblico si lasci andare a una fascinazione tout-court, un incantesimo arduo da dissolvere. C’è chi ride anche le volte poche che ci sarebbe da riflettere, c’è chi commenta a bassa voce quanto sia bravo, come a doversi per forza stupire. E se Germano (perché è lui, non il personaggio) scende in platea a salire è l’adrenalina, ché «chissà se sceglierà me», ché «fa’ vedere se è carino da vicino». Tutto questo alza una inevitabile barriera, divora a brani quella naturalezza di cui il testo avrebbe bisogno per imparare a colpire, per trovare nelle barricate dell’aspettativa il punto scoperto dove la stoccata fa più male.

Il nostro eroe fa salti mortali, infonde passione sincera nel tratteggio di una malinconia privata, donandosi con generosità tanto ai fugaci slanci poetici quanto agli aguzzi cambi di registro che il testo impone in quel precipitare nel vortice della caducità. E solo di rado usa le armi del “mestiere”. Tuttavia, per quanto sia chiaro che la drammaturgia di Eno sia al servizio della performance, l’evanescenza intellettuale e borghese del messaggio generale, che non rischia quasi niente evitando del tutto il campo minato di una scrittura impegnata, non riesce forse a offrire a un interprete d’eccezione carne abbastanza da nutrirne la fame artistica. E anche a noi, dopo un’ora scarsa, resta un certo languorino.

Sergio Lo Gatto

in scena fino al 15 dicembre 2011
Taetro Quirinetta [stagione 2011/2012] Roma

ore: 21,15 – domenica ore: 17,15
info biglietti su: www.teatroquirinetta.it

THOM PAIN (basato sul niente)
di Will Eno
traduzione Noemi Abe in collaborazione con Silvio Peroni
diretto e interpretato da Elio Germano
produzione Bam teatro – Infinito snc in collaborazione con Mittelfest 2010, Settembre al Borgo – Festival La Notte dei Poeti

Date tournée:

7-gen-2011 Teatro Comunale Casalmaggiore
8-gen-2012 Teatro Giuditta Pasta Saronno
9-gen-2012 Teatro Giuditta Pasta Saronno
10-gen-2012 Teatro Sociale Bellinzona
11-gen-2012 Teatro Giacometti Novi Ligure (Al)
12-gen-2012 Teatro Comunale Rio Saliceto
13-gen-2012 Teatro Metastasio Prato
14-gen-2012 Teatro Metastasio Prato
15-gen-2012 Teatro Poliziano Montepulciano
16-gen-2012 Teatro Franco Parenti Milano
17-gen-2012 Teatro Franco Parenti Milano
18-gen-2012 Teatro Franco Parenti Milano
19-gen-2012 Teatro Franco Parenti Milano
20-gen-2012 Teatro Franco Parenti Milano
21-gen-2012 Teatro Franco Parenti Milano
22-gen-2012 Teatro Franco Parenti Milano
26-gen-2012 spazio Showville Bari
27-gen-2012 spazio Showville Bari

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

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