Cordelia - le Recensioni

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FEELING THING

Il Teatro Carcano, con la sua storia secolare, ha ospitato nell’ultima settimana di settembre le installazioni di arte contemporanea del Video Sound Art Festival, raccogliendo i lavori di artisti internazionali e mettendo a disposizione non solo sala e palcoscenico, ma anche quei luoghi invisibili e marginali attraversati dagli operatori: scantinati, sotterranei, corridoi, sale tecniche, quinte di scena. Qui, le installazioni hanno il compito di ripristinare una relazione sociale con spazi tradizionalmente non deputati alla fruizione per attivare una riflessione sull’agency delle cose, tema cardine della XII edizione del festival e oggetto molto discusso nella narrativa attuale. Feeling Thing, presentata dalla Candoco Dance Company e diretta da Jo Bannon, è la danza performativa a ciclo continuo che fa parte di un variegato screening program e che si pone al termine del percorso espositivo come una raffinata cerniera estetica. Registrata attraverso la macchina da presa e proiettata su uno schermo, la performance si sviluppa attraverso i movimenti plastici di tre danzatori che creano un dialogo intimo con il flusso vitale degli oggetti. Spogliati della propria funzione strumentale e assoggettante, la pelle degli interpreti finisce per assorbirli, i gesti delicati ne fondono le anatomie e ne esplorano i sentimenti. In questo lavoro la ricercata indagine visiva, curata dalla fotografia di Jack Offord, procede in sincrono con quella sociale e antropologica, in cui i tessuti delle relazioni umane si modificano a partire dalle interazioni oggettuali che aprono il corpo ad accogliere l’energia dinamica della materia, la vita di tutto ciò che è altro da sé. (Andrea Gardenghi)
Visto al Teatro Carcano, Video Sound Art Festival Milano. Crediti: di Candoco Dance Company, direzione e coreografia di Jo Bannon, video di John Stephenson, direttore della fotografia Jack Offord, sound designer Julie Rose Bower, danzatori Anna Seymour, Ihsaan DeBanya, Olivia Edginton, descrizioni audio Dot Alma

PROMETEO

Il Prometeo di Lorenzo Covello, visto allo Spazio Tre navate nell’ambito del Mercurio Festival, è un uomo comune, sottoposto a un comune ciclo di successo e disfatta. Prometeo si offre come un grumo di luci e ombre, di acqua e fuoco, armonizzato con eleganza essenziale dalla scena di Jess Guagliardi. Il protagonista appare gradualmente, nudo, proiettando una sagoma scura sullo schermo alle sue spalle. Una fase di statica gestazione, al cui termine esplode il parto, improvviso come il buio in sala. Quando le luci si riaccendono, Prometeo è in posizione ancora fetale, aggrappato a una sedia che oscilla come fosse immersa nel liquido amniotico. Sempre più il protagonista si spinge in alto, si costringe a un equilibrio da funambolo, sostenuto da una muscolarità sicura e flessibile. Sembra una creatura di Chagall, ma senza la consolazione della fiaba. Un suono di corde pizzicate (di Stefano Grasso) ne accompagna le evoluzioni, interrotte dall’accensione di una miccia. Prometeo ha ottenuto il fuoco, e ora è fuoco lui stesso. Gli arti crepitano come fiamme, emergono vitali dalle tenebre, isolate dalla luce di Gabriele Gugliara. Il ritmo delle percussioni incalza, fino a quando il piccolo titano non scopre una figura estranea e imponente: la sua ombra – o il padre? Riconoscendosi, riconosce l’inutilità del proprio slancio, torna al grembo liquido che lo ha generato. Una successione di continue cadute increspa la superficie dell’acqua e della sua proiezione: nella pulsione di morte, il tentativo di splendere, infine, si estingue. (Tiziana Bonsignore)
Visto allo Spazio Tre Navate, Mercurio Festival, Palermo – Crediti: di e con Lorenzo Covello, scene di Jesse Guagliardi, musiche di Stefano Grasso, luci di Gabriele Gugliara. Foto di Nayeli Salas

UNTOLD

Tre blocchi trasparenti, tre donne accovacciate al loro interno. Buio in sala. La luce si riaccende: all’interno dei blocchi si materializza un ginepraio di fili. Così inizia Untold del collettivo UNTERWASSER (Valeria Bianchi, Aurora Buzzetti, Giulia De Canio), visto allo Spazio Franco nel corso del Mercurio Festival. Le tre interpreti animano una macchina dei sogni, un cinematografo di sagome con le quali dipingono, in silhouette, angustie e solitudini della vita contemporanea. La torcia, di cui si servono per proiettare le ombre sullo schermo, nelle loro mani diviene una macchina da presa: gli episodi si succedono in dissolvenza, tra musiche e rumori quotidiani prodotti direttamente sulla scena. Primi piani, soggettive e panoramiche indagano la vita solitaria di alcuni interni domestici, ma anche paesaggi metropolitani pullulanti di folla e caos. Davanti agli occhi degli osservatori si svolgono i fotogrammi di un storia delicata e malinconica, il cui lirismo è nell’immaginifica metamorfosi di forme e suoni. Un momento di delicata poesia, in cui il pubblico è catturato da uno stupore quasi infantile. Ma non si parla di semplice intrattenimento: la meraviglia è qui viatico per la riflessione. Al di là dei ragguardevoli espedienti tecnici, Untold descrive quella nota realtà urbana nella quale il singolo può facilmente smarrirsi; tuttavia, oltre il vespaio di strade trafficate, è sempre possibile il miracolo dell’incontro. (Tiziana Bonsignore)
Visto allo Spazio Franco, Mercurio Festival Palermo – Crediti: ideazione, creazione, performance di Valeria Bianchi, Aurora Buzzetti, Giulia de Canio. Produzione UNTERWASSER. Foto di Nayeli Salas

UCCELLI

Il bianco dell’isolata Abbazia di San Leonardo, che acceca per pienezza e fasto nella campagna garganica arsa di giorno dal sole agostano, rifletterà, anche se notte, i colori sgargianti delle maglie, dei pantaloni, delle snickers, degli elastici per i capelli, e degli occhiali da vista. Sono i colori degli Uccelli di Aristofane secondo il teatro comunitario di Bottega degli Apocrifi, compagnia nata a Bologna che però, proprio come uno stormo temerario, ha compiuto una «migrazione controcorrente» e dal centro-nord ha scelto il sud della provincia di Foggia, Manfredonia. Frutto di un testardo lavoro sul territorio e della «folle idea di Cosimo Severo e Stefania Marrone», rispettivamente regista e drammaturga, questo spettacolo è una festa esaltante di e per 150 bambini e adolescenti. La straordinaria energia del battito delle ali - cioè le braccia che si muovono con la testa a tempo in una gestualità sincopata, assecondando le canzoni e la musica dal vivo di Fabio Trimigno – si riverbera nel cortile adiacente alla chiesa, tra la platea, sulla pedana centrale. Lo stormo si muove verso il palco, in quattro flussi di ragazze e ragazzi che giungono improvvisamente da ogni lato. Libera, spregiudicata e consapevole “caciara”, che non si intenda quest’ultima per approssimazione o disordine, al contrario, è quella del rigore di un’idea impulsiva ma convinta, che muove allo slancio verso il cambiamento dello status quo, che crede nel volo pindarico della trasformazione possibile e che rifiuta, quando si scontra con l’illusione, il potere di pochi. (Lucia Medri)
Visto all'Abbazia di San Leonardo, Manfredonia, Foggia; libero adattamento da Aristofane Stefania Marrone, regia Cosimo Severo, musiche originali, eseguite dal vivo dagli autori Fabio Trimigno, Celestino Telera con Luigi Tagliente, Bakary Diaby, Mamadou Diakite, Giovanni Salvemini e con il Coro degli Uccelli della Città di Manfredonia

ANIMALI DOMESTICI

Buio. Luce. Lui è in scena in tenuta da jogging, parla convulsamente in marchigiano, intona il jingle di una pubblicità di un supermercato e inveisce contro la madre per avergli preparato una cena troppo grassa. Buio. Luce. Lei occupa il suo quadrato di spazio, lo riempie camminando, lo sguardo è fisso, ragionante, dolcissimo, prelude a una danza, estatica. Sono loro gli Animali domestici del lavoro di Antonio Mingarelli, scritto da Caroline Baglioni per l’interpretazione e la regia d’attore di Christian La Rosa e d'attrice di Alice Raffaelli, presentato in concorso al Festival INVENTARIA - La festa del teatro off. La vicenda dell’attentato compiuto nel 2018 da Luca Traini, ventottenne di Macerata, nel quale ha ferito sei persone di origine sub-sahariana per vendicare l’omicidio di una ragazza (non quella interpretata da Raffaelli) compiuto da un uomo nigeriano, è ricostruito registicamente in maniera minimale e “divisiva”. I due protagonisti hanno lavorato separatamente per preparare i ruoli della liceale punk, che era in classe mentre Traini sparava colpi d’arma da fuoco nel centro città, e di Traini stesso. Le similitudini di pensiero, il legame emotivo che li unisce sono aspetti maggiormente comprensibili nella drammaturgia, coadiuvata anche dalla presenza di testimonianze delle ragazze e ragazzi che erano a scuola quella mattina. Entrambi si troveranno di fronte l’uno all’altra nel finale, distaccati, sfiorandosi, a ribadire l’infattibilità di questo incontro, tanto nella vita che nella finzione. (Lucia Medri)
Visto al Teatro Trastevere, Roma, Festival Inventaria: con Christian La Rosa, Alice Raffaelli; drammaturgia Caroline Baglioni; progetto e regia Antonio Mingarelli; light designer Gianni Staropoli

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