HomeCordelia - le RecensioniCANI LUNARI (di Francesco Marilungo)

CANI LUNARI (di Francesco Marilungo)

Questa recensione fa parte di Cordelia di settembre 25

Il terzo incomodo è stato il sesto. E non è solo questione di numeri. Per Cani lunari di Francesco Marilungo che ha debuttato a IRA Festival di Soverato (Cz), le cinque interpreti (Barbara Novati, Roberta Racis, Alice Raffaelli, Francesca Linnea Ugolini e la cantante e performer Vera Di Lecce) hanno fatto continuamente i conti con questa sesta incombente ed esigente presenza: il vento. Nello spazio aperto dell’Anfiteatro, a ridosso del mare e raggiunti in lontananza da luci e da suoni molesti della movida di questa parte della costa ionica, il «sabba bianco» voluto da Marilungo, una sorta di tregenda arcaica di streghe estatiche e svagate anche molto divertite perché poco disponibili a essere catturate dalla morsa del simbolico, è stato continuamente violato, forse profanato, di certo contaminato da sostenute raffiche d’aria. Queste hanno sì alterato il corso e l’atmosfera previste dal disegno della performance, ma in fondo hanno creato anche immagini alternative, spostato situazioni e spinto ulteriori nuovi effetti. Il gioco dell’impermanente. Un gran bel pandemonio, completato da altrettanti corvi imbalsamati, che «simboleggiano spiriti guida e anime della soglia», prima adagiati sconfitti a terra, poi tenuti in mano dalle performer, nuovamente svolazzanti tra le folate del vento. Anche il lancio propiziante di piume si è trasformato in un bel carnevale del caos. Marilungo è artista assai studioso, pervicace nell’indagare la ritualità come epifania di un altrove, il disordine come ferita che risana, la baraonda come esperienza dell’alterità radicale capace di sospendere gli orrori del tempo quotidiano (soprattutto l’incombenza della fine, il compianto per chi non è più). Ciò che forse ha funzionato meno è stato il ductus coreografico: alcune facili immagini corali, organizzate con disinvolta estraniazione, hanno reso semplice il macchinoso più intrigante di ogni metamorfosi. Vi è però in questi corpi anche una modalità assai esposta, sono spesso scoperti e alla fine spogliati, modalità coraggiosa perché piena sempre di cura e di garbo che è davvero difficile (oltreché un peccato) intendere altrimenti. (Stefano Tomassini)

Visto all’Anfiteatro di Sovereto, IRA Festival, Coreografia e Regia: Francesco Marilungo, con: Vera Di Lecce, Barbara Novati, Roberta Racis, Alice Raffaelli, Francesca Linnea Ugolini, Costumi: Lessico Familiare, Musica e Vocal Coaching: Vera Di Lecce, Disegno Luci: Gianni Staropoli, Foto e Video: Luca Del Pia, Produzione: Körper | Centro Nazionale di Produzione della Danza, Coproduzione: SNAPORAZVEREIN, IRA Institute.

Cordelia, settembre 2025

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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