Questa recensione fa parte di Cordelia di giugno 25

C’è un pannello al fondo per le proiezioni, a sinistra l’architettura dello spazio si impenna in una colonna con la sommità spiovente di un tetto chiusa da due sportelli sul fronte, a destra due blocchi – che uniti ne fanno uno solo – recano due vani cavi e quadrati, scopriremo solo poi che custodiscono dell’acqua, uno dei pochi segni scenici. Il microfono all’asta, avanti a sinistra suggerisce già che assisteremo a un monologo, d’altronde il titolo è lo stesso del romanzo pubblicato da Véronique Olmi nel 2002 (edito in Italia dal 2004 per Einaudi). La linea narrativa è incentrata su una madre con due figli di cinque e nove anni che decide di portare in vacanza al mare per la prima volta. Gli entusiasmi sbiadiranno sotto la pioggia battente, annegheranno in una moltitudine oscura e agitata che nulla ha a che vedere con le acque adamantine delle immagini delle vacanze, si tramuteranno in una sequela di piccole e gigantesche sconfitte, di ordinarie e terrificanti frustrazioni, di solite e cosmogoniche delusioni, negli occhi di lei, che continua a ripetere e a ripetersi «Aspettano tutti il passo falso» per dar voce all’invisibile e monumentale tragedia una donna sola in un mondo di solitudini, destinata a giungere sino al punto di non ritorno. Il grigio dominante della scena di Mimmo Paladino restituisce la dimensione percettiva e psicologica del personaggio interpretato da Ginestra Palladino, la sua lente di osservazione del mondo, mentre le proiezioni in bianco e nero fanno da elemento visivo di rimando sul piano suggestivo, sfuggendo alla didascalia e rimanendo al contempo accessibili e coerenti, unico differenziale momentaneo quello di una sagoma umana irraggiata e irragiante il cromatismo deciso di luci da festa per segnare il passaggio dei tre alla fiera del paese. Alla presenza in scena della Paladino è demandata la gestione di uno spazio che diventa campo d’azione attraverso un’articolazione misurata che, tuttavia, non ci strappa del tutto a una certa fatica dovuta all’impressione che l’asse di trasposizione non riesca a fare il salto per acquisire una necessità drammaturgica compiuta, restando a tratti ancora troppo sbilanciato sul fronte del libro piuttosto che della messinscena. (Marianna Masselli)
Visto al Campania Teatro Festival di Véronique Olmi regia Francesco Frongia con Ginestra Paladino collaborazione artistica Mimmo Paladino luci Cesare Accetta Teatro dell’Elfo, Fondazione Campania dei Festival