Questa recensione fa parte di Cordelia di giugno 25
Al Castello Pasquini di Castiglioncello ci sono delle sale speciali, non pensate per il teatro in origine, ma in cui di certo è stato lungamente pensato il teatro. Per esempio la Sala del Ricamo, una stanzetta lunga e stretta, con decori troppo evidenti per fare il buio necessario, che porta un numero abbastanza esiguo di spettatori (una trentina, a vista); le sedie sono posizionate in modo strategico per vedere la scena, improvvisata, su una parete corta, ma certo non è facile vedere tutto quanto lo spettacolo possa offrire. A meno che. Ecco. A meno che non si pensino progetti che proprio qui possano prendere forma e vita, che possano sfruttare questo spazio per quello che è, così da renderlo indispensabile. La scelta di Inequilibrio 2025, quest’anno e in continuità con la sua storia lunga 28 edizioni: “abitare” il Castello, “indagare l’invisibile” dice il programma di quest’anno, forse perduto nel troppo visibile. Il Viaggio in Armenia firmato da Silvio Castiglioni (anche in scena) e Giovanni Guerrieri rappresenta esattamente questa intenzione. La storia narrata dall’attore milanese prende libero spunto dal libro autobiografico omonimo di Osip Mandel’stam che, inviato in Armenia come osservatore degli effetti del piano quinquennale staliniano, scorge e narra i caratteri di una civiltà sottostante ma fiera, ricca di una cultura che faticherà a mantenersi viva sotto la teca asfissiante dell’URSS. Il volto di Castiglioni emerge nel buio da un fascio di luce verso l’alto, sembra provenire da un altrove ma subito si sostanzia proprio lì sulla scena; la storia si dipana – così anche la luce – in una forma diaristica, ma è il libro che la porta avanti, depositario di una testimonianza necessaria che l’antico linguaggio sa rendere al presente. Un mobile di legno come un acquario di vetro sporco sfuma l’immagine nel tempo, il color seppia ne traccia la distanza, la voce di Castiglioni è minuta, cadenzata, le immagini d’Armenia si proiettano su un panno che le mani d’attore sostengono, perché le parole possano fluttuare da un’immagine all’altra, da un’epoca all’altra, da una regione remota al centro della capitale di un mondo concluso in sé stesso, come quello sovietico. (Simone Nebbia)
Visto al Castello Pasquini, Inequilibrio 2025. Crediti: riduzione e adattamento Silvio Castiglioni e Giovanni Guerrieri; interprete Silvio Castiglioni; oggetti, scene e costumi Giulia Gallo; immagini Patrizio Esposito; regia Giovanni Guerrieri; una coproduzione Celesterosa / I Sacchi di Sabbia, per il festival Le Parole di Hurbinek 2025