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TÉMOIN (coreografia Saïdo Lehlouh)

Questa recensione fa parte di Cordelia di settembre 25

Sono tantissimi (una ventina) e tutti scompagnati, con mille personalità, mille stili che cozzano tra loro, senza mai conflitto, in cerca invece di un punto comune di incontro, di arrivo, una unione del possibile. Cosa può un collettivo? Se lo chiede Saïdo Lehlouh in Témoin con il suo Collectif Fair-e visto a Torinodanza. Fin da subito vi è un effetto luci bianco/nero (molto spesso è un controluce) come per non lasciare nulla all’illustrativo: i colori sono solo nei corpi. Nel vasto spazio della Sala Grande alle Fonderie Limone, continue figure sui bordi della luce restano ai margini, corrono sui margini, sempre a mezzo di un’ombra che acchiappa; in scena, c’è un gruppo che si aggruma e sdipana continuamente mescolando, come da programma, «hip hop, break, waacking, freestyle, krump, electro o top rock». I confini dello stile hip hop sono quindi largamente sovrastati da mille differenti abilità dei performer: Lehlou parla di danzatori autodidatti che attraverso un lavoro di anni sull’improvvisazione si fànno, in scena, «testimoni del proprio tempo». Nessuna singolarità qui è sacrificata all’imperativo del gruppo, anzi: anche nei brani solistici, questi corpi sono ‘strizzati’ ossia resi al massimo grado della loro sostanza, senza esposizione né esibizione alcuna. Un dialogo anche aspro che aggrega e associa senza prevaricazioni, con l’unico obiettivo di generare e trasformare quel che c’è, quel che resta, quel che si può fare, quel che può diventare. Non esiste un filo narrativo, non una traccia che riconduca a più espliciti significati ciò che accade. È un mistero che resta sospeso, in tutta la forza (difficile non riconoscerlo) di una ecologia politica che sottrae ai corpi ogni imperativo di dominio. Il finale è pensato, per me feroce da togliere il fiato: mentre tutti si dissolvono fra la platea, uno solo resta al centro della scena, credo non tanto come una singolarità che redime il tutto, ma forse come l’eletto di turno? corpo sacrificabile? testimone scomodo? Combatte da solo contro i fantasmi del suo tempo, mentre il sipario lentamente si chiude, e ci separa per sempre da lui. (Stefano Tomassini)

Visto alle Fonderie Limone per Torinodanza. Coreografia Saïdo Lehlouh, assistenti alla coreografia Mehdi Baki, Evan Greenaway, Karim Khouader aka Karim KH, interpreti Ndoho Ange, Mehdi Baki, Audric Chauvin, Marina de Remedios, Jerson Diasonama, Johanna Faye, Evan Greenaway, Théodora Guermonprez, Linda Hayford, Marvin Kemat aka Zulu, Karim Khouader aka Karim KH, Odile Lacides, Timotkn, Mattéo Raoelison aka Rao, Mathias Rassin aka Thias, Émilie Ouedraogo Spencer aka Wounded, Raphaël Stora, Clarisse Tognella, Lorenzo «Sweet» Vayssière, luci Tom Visser, Gwendal Malard, musica Mackenzy Bergile (compositore), Raphaël Henard (drammaturgo musicale), stile Johanna Faye, costumi Lydie Tarragon
Collectif FAIR-E / CCN di Rennes e della Bretagna Co-produzione Théâtre de la Ville (Parigi), Théâtre National de Bretagne (Rennes), Maison de la Danse (Lione) Le Cratère – scena nazionale (Alès), Charleroi Danse centro coreografico della Wallonia (Bruxelles) Château Rouge (Annemasse), tanzhaus nrw (Düsseldorf), Residenze Théâtre de la Ville (Parigi) – Espace Cardin Théâtre National de Bretagne (Rennes) – sala Gabily CCN di Rennes e della Bretagna. photo © David Le Borgne. durata 1h

Cordelia, settembre 2025

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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