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NULLA DIES SINE LINEA (di Roberta Racis)

Questa recensione fa parte di Cordelia di settembre 25

Con il bellissimo titolo, Nulla dies sine linea (‘nessun giorno senza linea’, ossia mai vera pratica senza esercizio e disciplina: è detto proverbiale riferito al pittore Apelle, riportato da Plinio il Vecchio), Roberta Racis anticipa nella sua pratica di whipcracking (schiocco di frusta acrobatica, a cui si è allenata grazie all’artista Mordjane Mira) il suo prossimo progetto di creazione. «Lo schiocco che una frusta produce ha a che fare con un rilascio di energia immagazzinata a una velocità superiore a quella del suono»: così nel descrittivo di presentazione della performance, ma c’è molto di più. In un largo cortile nei piani alti dell’Istituto Don Bosco (in questa pendice collinare che è Soverato, spesso per scendere occorre salire), la performer con tanto di frusta nera (ogni serio praticante deve farsi costruire la propria, il colore e la lunghezza per esempio non sono proprio dettagli secondarî, come riferito durante il bell’incontro bordo-mare della mattina, con l’ottima Gaia Clotilde Chernetich), e occupa un largo quadrato bianco segnando ghirigori nell’aria, con misura e imperio, la propria presenza. Di fatto liberando nella tridimensionalità della performance tutto un immaginario di sottomissione, e dominio, e punizione che la frusta porta con sé. E riaffermando in termini espressivi «quella potenza femminile che la cultura patriarcale reprime e regola». Ma questo piccolo sonic boom (ripetuto e confermato, quindi aumentato, per tutto il tempo) produce anche una naturale spazializzazione del suono, in una alternanza di tonalità che è prodotta dalla distanza del cracking. Questi primi tentativi compositivi di Racis sono già tutti nel corpo (spostamenti e piegamenti in un carnevale di spirali), non decorativi né illustrativi. Vi è anche una forma di disincanto, perché quanto visto finora è tutto rivolto a «riflettere sul subitaneo e sullʼimpeto», senza gli imperativi dell’autocontrollo e del dominio, anche qui non in modo regressivo ma generativo di pulsione, incontenibile e (come per il desiderio) senza alcuna coercizione. (Stefano Tomassini)

Istituto Santa Maria Ausiliatrice, Ira festival Progetto, coreografia, danza: Roberta Racis Insegnante di Whipcracking : Mordjane Mira Fruste: Silverwhips\ Sylvia Rosat
Musica e vocal coaching : Alessandra Diodati Luci: Mattia Bagnoli Foto: Fabio Artese
Produzione: Fuorimargine – Centro di Produzione di Danza e Arti Performative della Sardegna Con il sostegno di: Ira Institute, Centro di Residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt), IntercettAzioni-Centro di Residenza Artistica della Lombardia\Teatro delle Moire

Cordelia, settembre 2025

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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