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MATRIOSKA (di Chiara Frigo)

Questa recensione fa parte di Cordelia di settembre 25

Chiara Frigo compie (incredibile) 50 anni (nessun* proprio lo direbbe), e allora si è imposta come da sé l’idea di una sorta di retrospettiva, una raccolta dei materiali che si sono sedimentati nel tempo, tra i lavori, tra le danze. Addirittura improvviso anche un assolo, tanto libero quanto devoto (alla danza, al danzare). Dove? A Venere in teatro, tra il pubblico che qui a Forte Marghera all’inizio della durational dal titolo Matrioska (2022) è preso singolarmente, e accompagnato per mano in un one-to-one suggestivo che è dono e incontro. Lungo il bellissimo padiglione 29 del Forte, accompagnata dalla bravissima violinista Laura Masotto, che da una pletora di cavi e pedaliere tira fuori meraviglie, Frigo poi ribalta (insieme ad altre presenze che corrono e scorrono in appoggio alle azioni) ogni assunto celebrativo: come in un gioco di scatole che si possono inserire ed estrarre a piacimento, così le azioni si inseriscono nella temporalità dello spazio ed estraggono memorie più o meno riconoscibili dagli oggetti qui esposti. «La Matrioska, nella sua tradizione, è un cerchio magico che si apre con un pezzo chiamato “madre” e si chiude con un pezzo chiamato“seme”»: così l’archivio del corpo torna a generare la vita del presente (e a celebrarla, oggi, in un genetliaco danzante). Tutto è ciclico, scandito da un ritocco di una campana tibetana, che designa transizioni e ripartenze. In avvio di questo più che necessario festival, quest’anno ancora più nutrito, e che ora si conclude con questa inedita coincidenza, Frigo aveva già presentato A Human Song, un lavoro performativo di comunità, esito finale di un workshop che si concluderà nel 2026. Qui, un unico movimento spaziale, una folta onda umana intergenerazionale si è mossa da un lato all’altro della scena, anche qui in un esercizio di ciclicità individuale e collettiva: come comunità temporanea che si è assunta l’onore della prossimità, della forza condivisa, della trasformazione che non lascia indietro nessun*. (Stefano Tomassini)

Visto a Venere in teatro. Idea Chiara Frigo. Musiche Laura Masotto Opera video Chiara Frigo, Riccardo de Torrebruna, Produzione Zebra Cultural Zoo. Con il sostegno di Teatri di Vetro (Roma)

Durata 20′

Cordelia, settembre 2025

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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