Questa recensione fa parte di Cordelia di settembre 25
Panni stesi – altrove si chiama bucato, qui no – che il vento tira da una parte all’altra, a lambire il grigio dei muri tutti uguali che solo in cima avranno un tocco di colore, una sorta di cupola in terrazzo – il vano fontane, forse – di colori pastello blu, giallo, verde, come un’illusione del colpo d’occhio ad ignorare il grigio. Eccola l’immagine di questo Mamma Roma – Tragedia popolare in cinque atti firmato da Fabio Morgan e sviluppato in dialogo con gli abitanti delle case popolari di Torrevecchia. I caseggiati ATER fanno da sfondo allo spettacolo, ma allo stesso tempo ne sono parte integrante, da un lato per la raccolta di storie, dolorose o divertenti ma in tutto umane, dall’altro perché è impossibile non figurarsi quelle storie in un luogo diverso da questo che ci appare di fronte. Ecco, forse è questo il punto fondamentale della relazione che Morgan – alla regia assieme ad Ariele Vincenti – cerca con il capolavoro omonimo di Pier Paolo Pasolini del 1962, film epocale che vede una donna combattere contro la proprio condizione di partenza, eleggendo la casa ad elemento che possa affrancarla dalla povertà e portare lei e suo figlio, tutta la sua famiglia, a un livello più accettabile di rango sociale. Attorno, seduti sui gradoni dell’anfiteatro al centro dei cortili, è pieno di ragazzini; a loro è dedicata questa storia un po’ schematica di donne coraggio in abiti moderni e uomini per lo più sbagliati vestiti anni Settanta, all’idea di famiglia come contesto che porta i concetti di bene e male a doversi ogni volta riscrivere, alla trasmissione di colpe che superano le generazioni, come è nella tragedia classica, alle figure genitoriali che determinano il futuro di chi ne prende esempio: la storia è per questi ragazzini che però seguono svogliati, scorrono la timeline dei loro social, si fanno selfie annoiati da postare, combattono tra il desiderio di andarsene e quella flebile volontà di restare, accogliere lo stimolo di un’attenzione continuamente da riconquistare. Sono i ragazzi e le ragazze a non saper sfruttare l’occasione o lo spettacolo non sa bucare con la poesia e l’intensità il cuore di chi vi assiste? Mentre calano la sera e gli applausi sulle ultime grida un po’ posticce dello spettacolo, il dubbio affiora come l’ombra dei palazzi grigi sul grigio della strada, ma una speranza gialla verde e blu da sopra gli edifici scende, per una sera, a invadere lo spazio e immaginare davvero, com’è il nome del centro di aggregazione giovanile nella storia, un Bronx a colori. (Simone Nebbia)
Visto presso ATER Torrevecchia. Crediti: Direzione artistica e drammaturgia Fabio Morgan; con Lorenzo De Mico, Elena Giovanardi, Diego Migeni, Daniele Miglio, Sarah Nicolucci, Francesca Pausilli, Ariele Vincenti, Riccardo Viola; con la partecipazione di Nicola Donati, Claudio Grisogoni e Sara Russo; Regia Ariele Vincenti, Fabio Morgan; Aiuto regia Emiliano Morana; Costumi Giovanni Schiera