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La Cenerentola ribelle di Armando Punzo

A conclusione del progetto triennale con la Compagnia della Fortezza, Armando Punzo ha presentato alla Casa di Reclusione di Volterra il debutto di Cenerentola, spettacolo realizzato con i detenuti del carcere. Recensione

Ph Stefano Vaja

Oltre l’abito e la scarpetta, oltre il martirio e la redenzione, il personaggio di Cenerentola emerge dal mito per incarnare una natura esemplare, capace di vivificare il senso del vivere contemporaneo: se dunque la fanciulla emarginata riesce a ribaltare la propria condizione di subalternità, allo stesso modo l’umanità in rivolta trova in lei un modello che rappresenti il fuoco vivace della trasformazione, dell’emancipazione che completi il compimento del desiderio. È questo il proposito che porta a conclusione il progetto triennale di Armando Punzo e della Compagnia della Fortezza: Cenerentola. L’arte, la scienza e la conoscenza, in scena nella Casa di Reclusione di Volterra, raccoglie i semi lasciati con Atlantis nelle due precedenti aperture pubbliche e li fa germogliare in una figura emblematica, che dall’astrazione torna alla concretezza dell’umano. Appare, fin dal principio, Armando Punzo, già immerso nella nube vorticosa musicale di Andreino Salvatori, in abito nero: accoglie nel bosco di tronchi bianchi il cammino degli spettatori, spargendo a terra cenere scura che danza sulla superficie bianca, sospinta dal vento irregolare. Il dialogo tra bianco e nero, come già in Atlantis, emerge a manifestare una coesistenza netta ma non per questo avversa, capace di conservare una dote di complementarità pur nel difetto della sfumatura. Allo stesso modo vive in scena il confronto tra una geometria di linee rette, un’ideale scacchiera sarà presto campo di intervento, e la geometria circolare di un tondo pieno ai lati e vuoto all’interno, in cui la danza è caduta lenta che cerca i margini e sfida il centro.

Ph Stefano Vaja

La nettezza di bianco e nero, l’impatto della quale si deve alla cura di Emanuela Dall’Aglio per i costumi dei molti attori, ricorre dunque come elemento di raccordo con le precedenti esperienze, così una scarpetta bianca si staglia sull’abito di un paggio in nero e viceversa una scarpetta nera si impone nella vacuità del bianco; ma tale equilibrio non è forse destinato a sfaldarsi? Sarebbe facile identificare la dispersione in una perdita di nettezza, nelle sfumature, nella scala dei grigi, mentre in contrario è una nuova nettezza che si compie: il graffio – nero su bianco, bianco su nero – conserva la separazione del razionale dall’irrazionale, ma allo stesso tempo moltiplica l’infinito nel reale, lo squarcia finché si perda in altra identità. È qui che la geometria si fa più spigolosa, crea confini prima invisibili, scale bianche s’aggrappano allo sfondo nero e sfidano i margini in alto, per evadere, forse, come nel Finale di partita di Beckett – non a caso un’altra scacchiera – Clov sfida l’altezza per ampliare (e così forse ingannare) la visione.

Ph Stefano Vaja

Nella battaglia tra ordine e caos Cenerentola è l’emblema di una resilienza granitica, l’elemento umano che raccoglie la disparità con l’obiettivo utopico di convertirla in equilibrio, ma Cenerentola è pur sempre una ballerina che si staglia su un piedistallo, il suo arco non si allontana dalla rotazione del carillon che la ospita, così è solo attraverso la forzatura del confine razionale – torna dominante, nel fluttuare di simboli e misure, la matematica come campo di indagine – che il Tutto può muoversi dentro al Nulla, si situa all’interno di ciò che non è, entra a operare una trasformazione là dove non esiste più calcolo ma ipotesi, là dove Tutto e Nulla sono e non sono, contemporaneamente. È battaglia, aperta: lame di bianco squarciano il nero, geometrie sfaldano altre geometrie, pareti, edifici, c’è una città che reclama un altro ordine e, forse, un nuovo nutriente caos. “La realtà deve venire avanti, uscire fuori dal quadro”, è questo il grande sforzo che sembra emergere dalle figure, dalla visione di Punzo nel cortile della Fortezza, perché – dirà ancora – “C’è qualcosa che avviene e che non ha bisogno di noi per avvenire”, dunque c’è un altrove dove si conclude (o non) la scacchiera non di quadrati ma di rombi, ossia quadrati che hanno dato forma alla loro ribellione. Sulla scacchiera, ora, fluttuano sfere bianche e cubi neri, fanno confliggere la stasi inflessibile e il movimento settante, continuo, finché due pedine calcano il suolo a scacchi senza far caso a non calpestare i bordi, forse solo ora l’immagine può estinguersi e il paesaggio ritrarsi, il Tutto e il Niente possono rientrare nella propria astrazione, la vita può riprendere la propria abissale concretezza.

Ph Stefano Vaja

Armando Punzo, oltre che grande direttore di un’orchestra che mantiene intatta la fluidità del collettivo, si conferma artista della visione, della creazione in fieri che, anche se in replica, conserva chiaramente l’impeto dell’unicità. E tuttavia, in coda a uno spettacolo magniloquente e immersivo, c’è una domanda che emerge e ci sentiamo di porre. L’impianto filosofico dello spettacolo, più che in altre occasioni del passato, non sembra fruibile se non dopo una attenta e duratura preparazione; tale dubbio, che è valido per chi assiste (per primo chi scrive qui denuncia la propria difficoltà), allo stesso modo suggerisce che lo sia anche per chi partecipa e compone interamente lo spettacolo, ossia i detenuti di Volterra: è possibile ipotizzare che questo sforzo di studio e applicazione, certo duraturo nel tempo e più volte dichiarato dallo stesso regista, sia compiuto nella necessaria profondità? Oppure, volendo ipotizzare che non a tutti sia accessibile facilmente un certo tipo di sapere, si dovrà pensare che gli attori dello spettacolo rappresentino unicamente degli ingranaggi di tanta complessità? Se dovessimo basarci su Cenerentola, che crede fortemente nel proprio desiderio, la risposta dovrà essere per forza inclusiva. A patto, tuttavia, di avere una bacchetta magica che ci venga in aiuto.

Simone Nebbia

Visto a Volterra – Luglio 2025

CENERENTOLA
L’arte, la scienza e la conoscenza
regia e drammaturgia Armando Punzo
con Abbdssamad Karim, Abd Al Monssif Abd Arahman, Ciro Afeltra, Lugi Ammendola, Marcolino Andriola, Pier Paolo Antonucci, Elisa Betti, Isabella Brogi, Paolo Brucci, Valentin Bucur, Salvatore Buffone, Giacomo Casalati, Daniel Chukwuka, Biagio Cipparano, Paul Cocian, Giovanni Colombo, Pasquale Concas, Salvatore Costantino, Giuseppe Dentice, Felice De Simine, Maurizio Di Bella, Stefano Di Francesco, Lucio Di Iorio, Fabrizio Di Pasquale, Maurizio Diotallevi, Paolo Dori, Anouar Eddahby, Romeo Bogdan Erdei, Vitale Esposito, Salvatore Farina, Pietro Favasuli, Santoro Favasuli, Viola Ferro, Luigi Fontana, Catello Gargiulo, Antonino Gattuso, Francesco Guardo, Antonio Iazzetta, Bashik Khalif, Nik Kodra, Urim Laci, Patrik La Comare, Antonio Lanzano, Jin Jie Lin, Alessandro Lorena, Antonio
Maddaluno, Marco Mario Gino, Eugenio Marzi, Mbaresim Malaj, Davide Mannarà, Luca Matarazzo, Alessio Mollisi, Ibraimi Musadin, Bustos Tunoo Nay, Arion Nezhaj, Antonio Nocera, Michele Petrizza, Marian Petru Iosif, Mirko Pettinelli, Fernando Poruthoutage, Michele Privitera, Nunzio Proscia, Armando Punzo, Massimiliano Quartarone, Hamadi Rezeg, Andreino Salvadori, Zakaria Safri, Adrian Saracil, Antonio Saracino, Ivan Savic, Domenico Scaramella, Altin Stanescu, Salvatore Stendardo, Giuseppe Terzo, Francesca Tisano, Tommaso Vaja, Fabio Valentino, Stefano Vezzani
musiche originali e disegno sonoro Andreino Salvadori
scene Alessandro Marzetti e Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
movimenti Pascale Piscina
disegno luci Andrea Berselli
aiuto regia Laura Cleri
assistenti alla regia Alice Toccacieli, Viola Ferro
direzione organizzativa generale Cinzia de Felice
una produzione Carte Blanche ETS / Compagnia Della Fortezza, Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Nazionale

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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