Intervista alla nuova direzione di Emilia Romagna Teatro Fondazione. Una conversazione con Elena Di Gioia e Natalia Di Iorio, subentrate da qualche mese a Valter Malosti per la conduzione del Teatro Nazionale di cui fanno parte le strutture di Bologna, Castelfranco Emilia, Cesena, Modena, Vignola.

Si tratta di una felice notizia dell’estate: la conduzione di Emilia Romagna Teatro, dopo un bando pubblico e dopo che sono state vagliate numerose candidature, è stata affidata a Natalia Di Iorio per la direzione generale e a Elena Di Gioia per la direzione artistica. La prima porta con sé una lunga e solida esperienza nella direzione organizzativa e nella direzione artistica di teatri e compagnie di rilevanza nazionale e internazionale, contribuendo con Le vie dei Festival alla scoperta di artiste e artisti oggi unanimemente riconosciuti. La seconda ha diretto stagioni teatrali e festival tra cui Agorà e Focus Jelinek, ha lavorato con protagonisti della scena contemporanea, da Maestri/e a figure della nuova creatività e realizzato progetti speciali.
Nella peculiarità dei loro singoli percorsi c’è la stessa tensione verso un modo di intendere il lavoro per lo spettacolo. Due termini sono sembrati adatti a raccontare il loro modo di agire, accompagnamento e cura, fin dalla prima azione (il 1 agosto hanno aperto le porte dell’Arena del Sole dove un nutrito e commosso pubblico ha ascoltato storie in memoria della strage di Bologna), in attesa della presentazione delle stagioni il prossimo 23 settembre. Termini non scontati che orienteranno l’operato di una duplice direzione, a partire da come sostenere e presentare percorsi artistici e drammaturgici, credendo in progetti complessi, facendo incontrare più generazioni di artisti e operando nell’impresa sempre difficile di avvicinare nuovi pubblici.
«Ho sempre portato avanti con convinzione la direzione artistica credendo fortemente nella specificità di questa professione e anche nella possibilità che incarniamo adesso, nelle nostre storie, nelle prospettive che costruiremo». Fin dalle prime parole di Elena Di Gioia emergono subito la potenzialità e le responsabilità insite nella direzione di un Teatro Nazionale, all’interno del quale quei due termini appaiono centrali: «al cuore del nostro operato, inteso come asse centrale della nuova prospettiva di ERT, c’è la volontà di dare voce alle artiste e agli artisti; ne abbiamo assolutamente bisogno nella complessità del nostro presente». Una visione, questa, dove direzione e ricerca artistica sono due modalità distinte che necessariamente si nutrono a vicenda, ma senza sovrapporsi.

Natalia Di Iorio conferma e aggiunge che per tutelare la qualità dei progetti artistici è necessario che un Ente come ERT possa e debba intervenire attivamente: «L’iper produzione imposta dalle regole ministeriali non favorisce la crescita degli artisti. Uno dei primi passi che ERT dovrà fare sarà quello di incontrare le diverse rappresentanze della comunità teatrale, artisti e Istituzioni, per capire insieme quali modalità e strategie attuare per rendere più fertile il terreno teatrale, oggi compresso da ‘griglie’ pur necessarie ma che senza dubbio andrebbero riviste». Le modalità organizzative e concrete attraverso le quali interverranno in tale merito certo riguarderanno anche degli accordi coproduttivi, ma alla base, ancora una volta, si incardina un pensiero sugli artisti: da un lato nella scelta di nuove ricerche, ma ovviamente d’altro lato sul «sostegno alla scena di tradizione e su produzioni competitive sul piano nazionale e internazionale».

Allora, la questione è come occuparsi delle produzioni, come non abbandonarle: «credo che oggi – continua Di Gioia – sia molto necessario prenderci cura del destino delle produzioni. Sebbene, come di consueto, la prossima stagione sarà per una buona parte il risultato delle scelte della precedente direzione, già avremo modo di presentare il nuovo segno, una serie di scelte portate avanti con convinzione e con complicità – ancora una volta in stretto legame con artisti e artiste-, accompagnando produzioni e progetti speciali in un percorso lungo. Applicare la regola del fare meno, ma fare meglio: a fronte di una cura per la qualità artistica, il nostro intento sarà quello di seguirli in modo che quella traiettoria di spettacoli possa crescere di data in data, nell’incontro con i pubblici, nelle tournée nazionali, ma anche internazionali».
La questione è nota, tanto le compagnie, quanto i teatri si sono scontrati con le idiosincrasie della riforma del 2014 (e successive modifiche), come la tendenza a premiare la numerosità dei progetti senza di fatto domandarsi del futuro, affrontando anche quella necessità “imposta” di investire ingenti risorse che poi di fatto immobilizzano uno spettacolo non più in grado di circuitare. Interviene Di Iorio in merito: «La ricchezza degli artisti non passa sempre o soltanto dalle economie a disposizione. Una delle questioni che mi ha sempre mosso riguarda proprio l’accompagnamento produttivo, specialmente nell’ambito del teatro contemporaneo che sembrava non potesse avere un mercato. Mercato, parola che risulta spesso antipatica o peggio, ma questa considerazione è parte del problema: riuscire a trovare mercato per spettacoli di valore è complesso ma non impossibile. D’altro canto, il teatro pubblico deve anche avere un riscontro solido nella vendita di abbonamenti e biglietti. Mi rendo conto che questo possa essere un discorso impopolare, ma tra i compiti di un Teatro Nazionale ci sono sia la crescita numerica del pubblico che la crescita artistica di chi il teatro lo agisce. Quello che sicuramente e per diversi motivi un Teatro Nazionale non deve fare, è limitarsi a fare ‘scambi’ con altri teatri».

«Ritornando al nostro presente, ERT è un’isola felice per il numero di teatri, ciascuna delle cinque città ha delle peculiarità che saranno potenziate in base alle diverse specificità, ha una solida struttura organizzativa che viene da lontano e che si è rafforzata negli anni. Sicuramente si farà in modo di riallacciare e consolidare i già buoni rapporti internazionali così da rendere più ampia la mobilità e la conseguente crescita».
Del resto, «ERT ha spalle larghe», sostengono con un sorriso, pertanto chi altri potrebbe prendersi questo carico se non un teatro finanziato con risorse pubbliche? Di Gioia, che tra le varie mansioni, tra il 2021 e il 2024 ha ricoperto anche la carica di delegata alla cultura del comune di Bologna, ha ribadito in più di un’occasione la necessità di guardare alla collettività e contemporaneamente di doversi assumere rischi; lo ha chiamato «teatropubblico, tutto attaccato», inscindibile binomio e sintomo di quella missione – civile, ancor prima che di direzione artistica – che deve avere ancora un’istituzione teatrale statale, rispondente ai bisogni della collettività; «un luogo in cui lo sguardo libero e critico si può alimentare».

Tra le tante caratteristiche che costituiranno la loro proposta emergono allora la tessitura di «relazioni tra i linguaggi artistici e i pubblici, e i non ancora pubblici, e l’intreccio tra generazioni di artisti. Questi aspetti verranno segnati con una serie di progettualità strutturali che possano dialogare e includere le comunità mediante anche strategie con associazioni del territorio, scuole, biblioteche, così da rilanciare la potenza e l’unicità del linguaggio teatrale, della danza, cosicché ERT possa avere un corpo più radicale e radicato. Fin da subito abbiamo iniziato a individuare su cosa concentrarci, riallacciando dei rapporti che si sono allentati; tra gli obiettivi e i desideri fondanti stiamo scegliendo di creare occasioni importanti di intreccio e confronto, in un’ulteriore complicità tra maestri del teatro e nuove creatività, immaginando di dare spazio non solo alla visione dell’artista ma di presentare una visione intrecciata, che sia nutrita di dialoghi, confronti, avventure inedite, facendo in modo che ERT possa essere casa di confronti tra generazioni, poetiche». Così afferma Di Gioia, che si augura che da questa nuova strada possa partire un segnale, anche per altre realtà di altre direzioni e direttrici, e prosegue, in uno slancio positivo: «questo momento critico che stiamo vivendo, parallelamente sta corrispondendo a un rifiorire di compagnie, di strutture, con cui credo sia importante stare in ascolto. Questo è un aspetto che vivo con grande responsabilità e ritengo che sia necessario dialogare e costruire proficue collaborazioni, dalle grandi strutture dei teatri nazionali alle istituzioni teatrali, nazionali e internazionali, e al contempo anche con quei gruppi non finanziati dal ministero, partecipando del loro percorso di vita professionale. Vogliamo essere attive su più livelli, dagli organismi di rappresentanza, che hanno le principali interlocuzioni con il ministero, al mondo ampio dei soggetti che compongono la polifonia artistica nel nostro paese: ERT come teatro pubblico deve essere in ascolto delle necessità e delle criticità, per riuscire a individuare gli strumenti adeguati che sappiano leggere tali criticità e accogliere le proposte di innovazione dentro al sistema».
Chiudiamo con un augurio: che questa occasione, rappresentata da una duplice visione, forte, conquistata sul campo, per merito, per esperienza e per professionalità (non per il fantasma delle “quote rosa”, ribatte ironicamente Di Iorio) sia la possibilità di dimostrare che sia possibile e quindi, «avanti le altre!».
Viviana Raciti













