Questa recensione fa parte di Cordelia di settembre 25
Malgrado disti appena qualche chilometro dalla città, l’abbazia di San Benedetto al Subasio è sconosciuta a tanti assisani. Il festival OAOP – in accordo con la vocazione che da anni lo orienta – la ha eletta luogo della performance in cinque atti Accusa alla luce. Si tratta di un’inchiesta poetica sulle “ragioni dell’ombra”, su ciò che, nella storia del pensiero, rischia di rimanere silente, o di trovare udienza attraverso un medium che, fatalmente, lo dissolve. La grazia, per Simone Weil, può offrirsi a noi soltanto come «una notte oscura». Franco Fortini, suo traduttore italiano, insiste sugli «interdetti della memoria», e l’insistenza è qui uno sforzo etico, uno strumento di giustizia restitutiva nei confronti di ciò che la storia tende a cancellare. Eppure non si tratta di illuminare, ma di padroneggiare (o di istituire) i linguaggi dell’ombra.
Chi partecipa agli atti corali è convocato su di un piano del pensiero e del sentire che, fuori da ogni escatologia, pretende l’ardore, e la disponibilità a uno slancio affermativo. La fiducia radicale di Aldo Capitini che il diaframma che separa vivi e morti sia labile, poroso e, infine, arbitrario. E lo stesso vale – è fatto valere – per le tante soglie (e conseguenti dualità) che imprigionano la cognizione: visibile-invisibile, memoria-oblio, salvati-sommersi, pratica-pensiero. I luoghi sono, al contrario, sempre disponibili al viaggio, e alla festa. Sui gradoni erbosi, nella cripta, nello spazio nudo della navata, si dispiega la coralità: la danza evoca uno spasmo creaturale, forse un punto di rottura, al canto sembra essere affidata la grazia di uno scioglimento (quale è il cuore dell’identità occidentale, in questi tempi di grande dolore?). Tutti gli interpreti si muovono con precisione e con forza, onorando un ascolto vicendevole che accoglie senza riserve il pubblico, quasi lo assorbe nelle tensioni di un corpo unico.
Occorre portare in dote il proprio coraggio per ottenere, contro ogni buon senso, la gioia. E occorre porre al centro il gioco per costruire un discorso collettivo. Per immaginare – trasognare – una società, per piccola che sia, capace di mettere sul tavolo, con rigore, le domande ultime.
Visto all’Abbazia di San Benedetto al Subasio, Assisi | Ogni angolo ogni pietra 2025 – Crediti: con Michele Nani, Sara Marini, Paolo Rosini, Giulia Spattini e con la Compagnia del Piccolo Teatro degli Instabili composta da Peter Bartlett, Lucia Betti, Marta Carloni, Mascia Esposito, Giordano Gattolin, Rita Gratani, Francesca Leila, Ludovico Marcucci, Daria Virginia Massi, Annalaura Matarangolo, Laura Pannacci, Valeria Piccioni, Damiano Rocco, Alessandro Sposini, Alice Zingaretti; supporto di produzione Maira Grassi, direzione tecnica Marco Andreoli; grafica: Francesco Mancinelli; foto Andrea Cova; scenografie, oggetti, costumi Claudia Rossetti, Vanessa Cuccagna; collaborazione alla drammaturgia Ludovico Marcucci: ideato e prodotto da Piccolo Teatro degli Instabili; direzione artistica e organizzazione Fulvia Angeletti; regia e drammaturgia Samuele Chiovoloni; realizzato con il sostegno di Città di Assisi e con la collaborazione del Monastero Benedettine Sant’Anna di Bastia Umbra.