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AQUILEE (di Mattia Cason)

Questa recensione fa parte di Cordelia di luglio-agosto 25

Suono lontano di campanacci riempie improvvisamente la stanza. La porta di sicurezza si spalanca e una persona che indossa un costume da yak, con tanto di corna decorate da nastri, fa il suo ingresso. A ogni suo passo, il campanaccio oscilla, produce un suono ridondante che permea lo spazio, per poi uscire di scena. Mattia Cason, nel ruolo di “danzattore”, danzatore e attore al tempo stesso, vestito come Pier Paolo Pasolini durante la sua visita ad Aquileia, si muove selvaggiamente sopra la proiezione dei mosaici della Basilica della città, purtroppo poco visibili per la maggior parte del pubblico sulle gradinate. Un suonatore di fisarmonica accompagna la sua danza sfrenata, intervallata da proiezioni di citazioni in varie lingue sullo sfondo nero alle sue spalle, che si ferma a recitare. I caratteri fenici si mescolano con quelli dell’alfabeto greco ed ebraico, con i geroglifici e le ben più note e intelligibili lettere latine. I riferimenti si ammassano, echi di un passato i cui eventi si susseguono, sfuggendo a una logica di linearità temporale e alla comprensione. Lo spettatore può solo assecondare il flusso mentre frammenti di storia, come le tessere di quei mosaici, vengono accostati gli uni agli altri. Nessun elemento viene citato per caso: ai presenti viene distribuito un volantino che, dispiegato e letto, contestualizza tutte le informazioni fornite, invitando chi guarda ad espandere con materiale extradiegetico l’interpretazione della messinscena. Alla fruizione, risulta più chiaro come l’intento sia quello di creare un ponte di collegamento tra Asia, Africa ed Europa, scavando nelle nostre radici per trovare le influenze nascoste a partire dall’avvicendarsi di grandi civiltà. E sono sempre quelle radici a legarci a doppio filo alle sorti delle coste nordafricane e asiatiche, animate da conflitti a lungo incancreniti. Dalla striscia di Gaza alla “verità per Giulio Regeni”, Cason fornisce una grandinata di suggestioni che rimangono lì, isole separate, in attesa che il nostro sguardo indagatore costruisca le connessioni mancanti. (Letizia Chiarlone)

Visto a Terreni Creativi con Mattia Cason, Ahmad Kullab ideazione, drammaturgia e coreografia Mattia Cason luci Jaka Šimenc proiezioni Omar Ismaili costumi Primož Klinc, Chiara Defant, Vladimir Vodeb. Foto Luca Del Pia

Cordelia, luglio-agosto 2025

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Letizia Chiarlone
Letizia Chiarlone
Classe 2001, è studentessa di Lettere, indirizzo Musica e Spettacolo, presso l'Università di Genova. Comincia ad avvicinarsi alla critica teatrale nel 2023, accolta nell'aia dell'Oca Critica. Nel giugno 2024 partecipa al laboratorio di critica teatrale diretto da Andrea Porcheddu con Roberta Ferraresi presso la Biennale Teatro. Nell'agosto dello stesso anno prende parte al workshop di critica teatrale di Teatro e Critica condotto da Andrea Pocosgnich nel contesto del Festival Orizzonti di Chiusi. Collabora con Teatro e Critica da ottobre 2024.

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