HomeCordelia - le RecensioniI MANGIATORI DI PATATE (di Romeo Castellucci)

I MANGIATORI DI PATATE (di Romeo Castellucci)

Questa recensione fa parte di Cordelia di giugno 25

Guardando l’opera Angelus Novus di Paul Klee, Walter Benjamin disegna un’inquietante allegoria nelle sue Tesi di filosofia della storia: uno spirito alato «con il viso rivolto al passato» ma costretto a proseguire avanti risucchiato da una tempesta; al passato e alle sue rovine questi volge le spalle. Di certo Romeo Castellucci ha presente l’immagine, quando crea l’azione I mangiatori di patate, al desolato sito del Lazzaretto Vecchio di Venezia, per Biennale Teatro 2025. Guidati da una debole torcia, compiamo una catabasi gelidamente organizzata in tre stazioni. Nella prima un essere agita gli ultimi sussulti dentro a un sacco di plastica; poi un braccio meccanico che oscilla dinoccolato da un cavo compie un ritmico martellare al disturbante suono dell’ingranaggio. La visione frontale tanto cara al regista si ricompone nella terza: osserviamo la schiena dell’angelo. Compiuto il proprio viaggio verso il fondo buio, la statua lascia il posto a un gruppo di performer in abiti da minatori, che ci riporta all’omonimo quadro di Van Gogh, testimone della sofferta umiltà di un’ennesima cena. Pelle annerita dal fumo si tira su fisionomie rocciose, che qui – con picconi maneggiati e mai davvero usati, legati alla bieca intelligenza del braccio meccanico – rivivono in un’improbabile danza all’unisono, preparazione al rituale. Una donna senza veli è trasportata in proscenio, sul suo corpo bianco latte scorre un rivolo di sangue, ferita antica e imprecisabile, mentre alla voce si sostituirà un disturbante rantolo (torna la laringectomia di Giulio Cesare), quasi il monologo in lingua morta di una posseduta. A ghiacciare lo sguardo è il precipitare in un buio pesto, riempito solo da un vortice d’aria frontale in grado di far perdere l’equilibrio. Scostando le tende che danno sulla laguna, i minatori risultano ombre gravi e plastiche: inconsapevoli astri di una costellazione di simboli muti, alludono a un’umanità grottesca e monolitica, figure sottoesposte in una camera oscura da cui non uscirà alcuna stampa. Se il lavoro di Castellucci sempre chiama uno sguardo privato d’innocenza, si assiste qui in diretta al manifestarsi di un’eretica teofania, l’opportunità di lasciarsi andare al mistero; la statua adesso ci mostra la fronte, ma la fronte non c’è: la testa è assente come in una desolante Nike di Samotracia. Se noi eravamo il futuro che l’angelo stava cercando di guardare, ci troverà con espressione smarrita. «Ciò che chiamiamo il progresso – chiudeva Benjamin – è questa tempesta». (Sergio Lo Gatto)

Visto a Biennale Teatro. Crediti: Di Romeo Castellucci; Musica e voci Scott Gibbons, Oliver Gibbons; Drammaturgia Piersandra Di Matteo; Con Luca Nava, Sergio Scarlatella, Laura Pante; E con Vito Ancona, Jacopo Franceschet, Marco Gagliardi, Vittorio Tommasi, Michela Valerio; Direzione tecnica Eugenio Resta; Sculture e macchine Plastikart Studio – Amoroso & Zimmermann; Tecnica del palco Andrei Benchea; Tecnica dei suoni Claudio Tortorici; Tecnica elettrica Andrea Sanson; Ingegneria Paolo Cavagnolo; Direzione della produzione Benedetta Briglia; Produzione Caterina Soranzo; Organizzazione Giulia Colla; Realizzazione dei costumi Carmen Castellucci, Francesca Di Serio; Equipe tecnica a Cesena Gionni Gardini, Dario Neri; Attori a Cesena Nicolò Francesco Russo, Mattia Bartoletti Stella; Amministrazione Michela Medri, Elisa Bruno, Simona Barducci; Economia Massimiliano Coli; Produzione Socìetas; Coproduzione La Biennale di Venezia.

Cordelia, giugno 2025

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto, PhD è giornalista, critico teatrale e docente universitario. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Ha insegnato all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e insegna al Master di Critica giornalistica e di Drammaturgia dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con Rai Radio3, dove cura e conduce la trasmissione "Teatri in Prova". Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per La Falena, Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha partecipato e curato diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove ha diretto la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013), oltre a diversi saggi e articoli scientifici su teatro e arti performative.

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