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Femininum Maskulinum. Dentro la creazione teatrale di Giancarlo Sepe

Presentiamo con un articolo in media partnership il nuovo spettacolo di Giancarlo Sepe prodotto dal Teatro della Toscana che andrà in scena al teatro della Comunità di Roma e poi alla Pergola di Firenze. In questo secondo approfondimento temi ed estetiche dello spettacolo in scena dal 3 aprile.

Foto Manuela Giusto

Un grande evento storico assomiglia ad un evento metereologico: piccoli segnali, impercettibili cambiamenti cominciano da lontano ad annunciarne l’arrivo. L’aria si addensa, prima in sordina, poi con sporadici fenomeni: un piccolo fulmine, un tuono a distanza. Infine il temporale scoppia, cogliendoci nonostante tutto impreparati. Il percorso creativo che ha portato alla nascita di Femininum Maskulinum, il nuovo spettacolo di Giancarlo Sepe prodotto dal Teatro Nazionale della Toscana, ricalca nel processo e nella sostanza la metafora del temporale. L’addensarsi di una grande mole di materiali e fonti produrrà non un affresco, né un didascalico rievocare, ma uno squarcio su fulminee apparizioni di un’epoca lontana meno di un secolo eppure per tanti versi ancora vicina. Setacciando gli eventi storici e ancor più l’humus che li ha accolti e fecondati, attraversando anime e corpi dei personaggi che li hanno vissuti, Sepe estrae l’essenza di un’epoca precisa e circoscritta, ma convulsa e densa: quella che vide l’ascesa al potere di Hitler.

Foto Manuela Giusto

«Nella mia carriera ho sempre riservato uno sguardo preferenziale alla Germania e a tutto ciò che è successo in quel paese, ma non mi ero mai soffermato sul momento in cui tutto precipitò rapidamente verso il 30 gennaio 1933, il giorno in cui Hitler è nominato cancelliere. Ho scelto di iniziare il mio racconto dal 1929, dalla Germania raccontata da Billy Wilder nel suo famoso documentario Gente della Domenica. Lo stesso Wilder era venuto a Berlino dall’Austria per scoprire questo nuovo sentire, l’energia nuova che dopo la Grande Guerra e dalle speranze dei giovani della Repubblica di Weimar si stava diffondendo e che però era come sospesa, in attesa dell’esito di quelle elezioni che portarono Hitler al potere». Da subito il partito nazionalsocialista impose il suo pensiero unico, cancellando con la censura e il terrore ogni promessa di libertà politica, sessuale, di genere. Lo spettacolo adotta il punto di vista degli artisti, degli intellettuali, scrittori e musicisti che animavano i Kabaret berlinesi all’inizio degli anni Trenta e che assistono al sorgere dell’ideologia nazista e del suo orrore, ritrovandosi presto spogliati della propria identità, senza ispirazione.

Foto Manuela Giusto

A fare da fil rouge sono le vicende biografiche del premio Nobel Thomas Mann e dei suoi figli, emblemi di quella generazione di libertà negate, di sessualità nascosta, di resistenza covata nel tempo. «È il tempo delle telefonate improvvise, dei pedinamenti, degli attentati fatti dai nazisti per incolpare i comunisti, come il famoso incendio del Reich. Tutto va in subbuglio. Si assiste a una sorta di panico generale. Per restituire quest’atmosfera ho scelto di avvicendare le situazioni senza seguire un processo di logica: racconto questa convulsione volendola mantenere come tale e non come narrazione. Sono più fumisterie che fatti raccontati, come se fossero incubi, come se fossero sogni…». Così Hitler può ritrovarsi al cospetto di Al Capone, il palcoscenico diventare una spiaggia, il potere tradursi in pulsione sessuale. Il processo creativo avanza per sottrazione, sublimando dai fatti gli umori, gli stati d’animo. Lo spettacolo è attraversato da una grande carnalità, nella cornice sanguigna delle scenografie realizzate dal Laboratorio di Scenografia del Teatro Della Pergola. Il prima, il durante e il dopo convivono e coincidono, come in ogni momento decisivo della Storia. Così come convivono e coincidono il maschile e il femminile: «Femininum Masculinum rappresenta la sintesi emotiva del lavoro. La storia è scritta e fatta da uomini e donne. Questo concetto molto semplice apre un discorso di genere: dove c’è chi combatte il genere, ci sono anche quelli che lo vivono appieno. Le pulsazioni fisiche di questi personaggi sono pulsazioni anche di natura sessuale». Negli interstizi delle biografie si nascondono i nodi cruciali di una società che continuerà a perpetrare l’orrore, a fuggire da se stessa o in segreto resistere, affermando altrove nello spazio e nel tempo la propria identità.

Foto Manuela Giusto

Come in tutti i lavori di Giancarlo Sepe, è la musica a dettarne lo spirito e saldarsi ai corpi degli attori, come sostegno e ostacolo insieme: «Da sempre lavoro con la musica e sulla musica. Per questo spettacolo ho selezionato circa mille brani musicali, appuntando accanto a ogni brano a cosa potrebbe far pensare, cosa potrebbe evocare. Mettendone due in concorso, possono offrire spunti diversi sulla costruzione della stessa scena. Per cui prima penso, scrivo, e poi vado in verifica con il montaggio, cui partecipano direttamente le musiche, le luci e le scenografie. Ma nasce tutto da una sollecitazione musicale che è sempre imperativa, non perché dia la cinesi della scena, ma perché le fornisce lo spirito. È un processo quotidiano: lo spettacolo si crea con la complicità di tutti questi elementi». Musica, scena, luce incontrano l’energia di una generosa compagine attoriale, cui è richiesta una grande disponibilità creativa, una collaborazione che sia propensa anche a «andare incontro all’errore, peculiarità della ricerca», spiega Sepe. In una prima fase il lavoro si è nutrito di improvvisazioni su musica guidate dal regista: «Otto dei dodici attori sono al loro primo lavoro con me, perché sentivo il bisogno di una sostanza più reattiva, meno legata a me, che portasse cose nuove. Sono pronti e disponibili, anche se il lavoro che hanno fatto è stato durissimo: dalle improvvisazioni è emersa un’onomatopea dello spettacolo, che poi ha preso forma nelle varie scene con un continuo lavoro di messa a fuoco».

Il gioco teatrale condensa in poco più di un’ora un intero universo di ossessioni: tramite una narrazione «per sospiri, per urla soffocate, per canti accennati e interrotti», Sepe restituisce le inquietudini di un’epoca che forse ancora non abbiamo compreso davvero. Ma il teatro di Giancarlo Sepe non ha vocazione didattica o educativa, sembra piuttosto invitare lo spettatore ad entrare in risonanza con una visione, farsene abitare e lasciare che gli parli di sé, anche se solo per sprazzi improvvisi, come sotto un temporale.

Redazione

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3 > 21 APRILE FEMININUM MASKULINUM uno spettacolo di Giancarlo Sepe

con (in ordine alfabetico) Sonia Bertin, Alberto Brichetto, Lorenzo Cencetti, Chiara Felici, Alessia
Filiberti, Ariela La Stella, Aurelio Mandraffino, Giovanni Pio Antonio Marra, Riccardo Pieretti,
Alessandro Sciacca, Federica Stefanelli
e con la partecipazione di Pino Tufillaro
musiche Davide Mastrogiovanni | Harmonia Team
scene Carlo De Marino
costumi Lucia Mariani
disegno luci Javier Delle Monache
assistente costumista Isabella Melloni
scene realizzate dal Laboratorio di Scenografia del Teatro della Pergola
macchinisti realizzatori Duccio Bonechi, Cristiano Caria, Francesco Pangaro, Filippo Papucci
produzione Teatro della Toscana
foto di scena Manuela Giusto

Dal 3 Al  21 APRILE
FEMININUM MASKULINUM
uno spettacolo di Giancarlo Sepe

INFO
Dal martedì al sabato ore 21 | domenica ore 18 (lunedì riposo)
Teatro La Comunità
Via Giggi Zanazzo 1, Roma
Info e prenotazioni
06 581 7413 – teatrolacomunita@gmail.com

www.teatrolacomunita.com

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