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Saverio e Mario, Chadli e Saleh. Identità e rappresentazione

Recensione. Saverio E Chadli VS Mario E Saleh, spettacolo su razzismo e islamofobia, di e con Saverio La Ruina visto al Teatro Libero di Palermo. Un dramma oggetto di variazioni, perché l’interprete che inizialmente doveva dialogare con La Ruina, Chadli Aloui, ha rifiutato la parte durante la presentazione al Romaeuropa Festival; la sua parte è adesso di Alex Cendron.

Foto Laila Pozzo

È la fresca serata di un aprile palermitano. Fuori dal Teatro Libero, un gruppo di persone discute dello spettacolo appena visto, accalorandosi come raramente accade. Molti sono scettici, lo accusano di essere inadeguato, superficiale, addirittura islamofobo. Altri sono più cauti. Una cosa è certa: Saverio E Chadli VS Mario E Saleh di Saverio La Ruina è una storia che suscita un confronto di idee, nonostante il suo riferirsi all’attentato delle Torri Gemelle possa sembrare un’operazione archeologica. Eppure, anche in un momento in cui le attenzioni sono dirottate su fatti più vicini per spazio e tempo, il capannello di spettatori testimonia quanto il nervo toccato da questo lavoro sia ancora scoperto. Una storia piuttosto accidentata, quella di Saverio e Chadli, la cui genesi sembra coerente con le difficoltà del dramma. La Ruina la ripercorre in una sorta di prologo: dapprima era previsto che la parte di Saleh fosse di Chadli Aloui, ma questi, a un certo punto, ha rifiutato di interpretare il ruolo assegnato. Le motivazioni della sua scelta sono espresse all’interno di telefonate che La Ruina, con il consenso del collega, ha registrato e inserito nella nuova versione del dramma, ora interpretato da Alex Cendron. Cendron entra in scena: è biondo, ha gli occhi azzurri.

La vicenda si svolge all’interno di una tenda da campo, che occupa quasi per intero lo spazio scenico (design di Mela dell’Erba). Un ambiente angusto, popolato dai pochi, essenziali oggetti ai quali si riduce l’intera biografia di uno sfollato. Qui, Mario (Saverio La Ruina) e Saleh (Alex Cendron) abitano in seguito a un evento disastroso. La loro è una vicinanza coatta, esasperata dalla situazione emergenziale; ma il problema di fondo è legato al modo in cui viene inteso l’ambiente comune. Per Mario è un’estensione del proprio territorio, della propria patria, è casa sua. Sentendosi legittimato in tal senso, si rivolge all’altro ricorrendo a insulti e stereotipi. L’unico momento in cui muta la dinamica relazionale si svolge, non a caso, fuori dalla tenda: ma rispetto al complesso della scrittura, si tratta di un attimo improvviso e decontestualizzato. Da parte sua, Saleh non oppone nulla alle provocazioni subite, se non una flemma inverosimile e rari scatti d’ira. È questo il punto in cui si era verificato lo scarto tra Chadli e il suo personaggio: ha sentito una responsabilità etica nei confronti del proprio “popolo”, e ha rifiutato di darne una rappresentazione vittimistica, suscettibile della pietà dei privilegiati che, ammettiamolo, frequentano i teatri.

Foto Laila Pozzo

Dunque la tenda, dimora transitoria per eccellenza, si presenta non soltanto come il luogo in cui si svolge la storia di Mario e Saleh. Essa è il punto di incontro e di scontro, fisico e simbolico, tra un noi e un voi universali, costretti loro malgrado alla convivenza. Un problema attuale, che in parte trascende la scena; è il dialogo fuori campo tra Saverio e Chadli il nucleo attorno al quale si sviluppa il dramma, non quello agito da Mario e Saleh sul palco. Le parole di Aloui proiettano la rappresentazione in una dimensione altra, intrisa di un vissuto reale e quotidiano: in questa lo stereotipo è un affronto concreto, non un’invenzione letteraria. Mettendo in discussione Mario e la sua ignoranza, Chadli accusa anche e soprattutto Saverio, che dello spettacolo è l’ideatore. Si crea insomma uno slittamento di piani in cui personaggi e attori si scollano l’uno dall’altro, per partecipare tutti alla messa in scena. Sul fisico di Cendron si imprimono idealmente differenti tratti somatici, una barba, una carnagione più scura, mentre diventa difficile tenere presente che gli insulti vengono pronunciati da Mario, e non da Saverio. Privi della maschera, gli interpreti sono nudi, esposti al giudizio dei presenti. Buona l’interpretazione di Cendron: semplice e asciutta, la si potrebbe definire intellettualmente onesta. Nel dare corpo a Saleh, l’attore rifiuta di appropriarsi a fini retorici del vissuto di Chadli – e il rischio c’era. Questa rispettosa cautela lo pone al riparo da possibili condanne.

La rappresentazione è disgregata, scomposta nel limite in cui, convenzionalmente, racconto e realtà si saldano nella finzione drammatica. Da un lato è lo spettacolo in atto davanti al pubblico del Libero, compreso entro coordinate spaziali e temporali definite. Dall’altro è lo spettacolo che avrebbe dovuto svolgersi, il quale incombe sul primo sovrapponendosi in filigrana, attraverso il filtro delle resistenze di Chadli. I diversi livelli si intersecano in un gioco di riflessi, per ricomporsi a stento nell’orizzonte morale dello spettatore che osserva la vicenda, si interroga su di essa e, soprattutto, prende una posizione. Al termine di tutto, è La Ruina la persona più scoperta: colpito frontalmente dalle accuse di Chadli, è anche meno tutelato di Cendron dalla distanza fisica rispetto al proprio personaggio. È qui l’intoppo, il cortocircuito che gli ha attirato le critiche di cui sopra. Ma è pur vero che, nell’ambito di quel famoso capannello, molti hanno difeso Chadli ricorrendo ad argomenti paternalistici, sostenuti anche a costo di incoerenze e forzature. Senza rendersene conto, qualcuno ha biasimato in Mario/Saverio i propri limiti: con maggiore astio ci si schiera contro ciò che svela la nostra fallibilità, soprattutto se mostrata così apertamente. Comunque sia, dopo Mario e Saleh, i presenti hanno riflettuto a lungo, per strada, sul rapporto tra noi e loro, prendendo in qualche modo parte al confronto che aveva dato senso alla rappresentazione. A questa è stato aggiunto un altro livello: quello nel quale si colloca il punto di vista dell’osservatore. Si può considerare un successo.

Tiziana Bonsignore

Visto ad Aprile al Teatro Libero, Palermo

SAVERIO E CHADLI VS MARIO E SALEH
scritto e diretto da Saverio La Ruina
con Saverio La Ruina e Alex Cendron
e con Chadli Aloui (voce off)
collaborazione alla regia Cecilia Foti
musiche originali Gianfranco De Franco
scene e costumi Mela Dell’Erba
disegno luci Michele Ambrose
audio e luci Mario Giordano
organizzazione generale Settimio Pisano
amministrazione Tiziana Covello
Scena Verticale, Castrovillari (CS)
con il sostegno di MIBACT, Regione Calabria
in collaborazione con TMO – Teatro Mediterraneo Occupato di Palermo

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