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Sabotare le drammaturgie. Intervista a VicoQuartoMazzini

Nell’ambito di Todi OFF 2019, VicoQuartoMazzini presenterà il suo spettacolo Vieni su Marte, ispirato al progetto Mars One, il prossimo 28 agosto. Intervista a Michele Altamura. Materiali creati in Media Partnership.

Foto di Francesco Tassara

Mi racconteresti di alcuni momenti che hanno caratterizzato, con un segno di conferma o un cambio di rotta, il tuo percorso artistico?

Appena finita l’accademia, la Nico Pepe, abbiamo iniziato a interrogarci su che tipo di attori fossimo e che tipo di teatro volessimo avvicinare. Poi ci è subito arrivata la notizia che avevamo vinto un finanziamento regionale in Puglia che sosteneva start-up di imprese culturali: a 24 anni ritrovarsi con delle economie da gestire e progetti da avviare ha segnato un po’ la nostra strada.

Un altro momento che ha segnato il percorso lo rintraccio nell’anteprima del nostro penultimo lavoro, Little Europa: andò malissimo, uscimmo abbastanza abbattuti. Qualche mese dopo, nel giro di pochissimo tempo invece, avemmo l’opportunità di ripresentarlo sia all’Ibsen Festival di Oslo che a Trame d’autore al Piccolo di Milano; andò bene in entrambi i casi. Queste esperienze opposte hanno condizionato le scelte che sono venute dopo: cosa riuscivamo a far funzionare bene, cosa era nella nostra testa che non riusciva a venire fuori… Siamo riusciti dunque a capire quali sono i nostri punti di forza che, per sintetizzare, riguardano l’attore e la sua cifra interpretativa e la creazione di immagini rispetto alla cifra estetica.

Noi abbiamo bisogno di tempi lunghi, Vieni su Marte lo abbiamo creato in un anno di lavoro. Abbiamo la fortuna di avere chi ci permette di fare anche 60 giorni di prove, oltre al tempo del pensiero. Oggi non è scontato un tempo di studio a disposizione e ci battiamo molto affinché sia possibile perché sappiamo quanto influisca poi sullo spettacolo. Sta a noi artisti fissare queste priorità, abbiamo capito la necessità di non inseguire più le occasioni, bisogna poter dire dei no. Bisogna non farsi schiacciare dal sistema e “tenere le braccia solide”.

Che cosa è che più vi spinge alla creazione?

Noi nasciamo come attori e lo rivendichiamo perché crediamo che nel nostro percorso sia centrale. Per noi è politicamente fondante rimettere al centro l’attore, poi però ci piace lavorare sull’immagine e quello che mettiamo in atto è un costante dialogo tra queste due cifre, sia quando lavoriamo su testi classici che sulle drammaturgie originali. Miriamo sempre a sabotare i materiali di riferimento, sabotare dei meccanismi drammaturgici, per dare loro una forza e un’energia nuova.

Per quanto riguarda la regia è una “lotta” costante tra me e Gabriele [Paolocà, ndr]; mentre al testo drammaturgico, prima ci ragioniamo insieme, poi lui si prende un tempo di lavoro a parte, finché non lo rimettiamo in prova e lo modifichiamo nuovamente, sfoltendo o aggiungendo per rendere lineare il ragionamento.

In realtà cerchiamo sempre di considerarci degli esseri viventi, con delle passioni, con qualcosa che ci brucia nella vita di tutti i giorni. Non viviamo in un eremo, per quanto abbiamo poi deciso di stanziarci nella provincia, perché troviamo che sia una dimensione che ci sta più comoda per vivere e produrre con maggiore tranquillità. Tuttavia, la maggior parte delle prove, ad esempio, di Vieni su Marte sono state rese possibili dalle residenze che abbiamo abitato in altre parti d’Italia.

Cerchiamo sempre da una parte dei “materiali alti” e dall’altra ci sforziamo di capire come questi possano dialogare con delle urgenze personali quasi biografiche: da lì vengono fuori gli spettacoli, i quali prendono derive strane che rincorriamo e cerchiamo di assecondare nella produzione.

Parliamo di Vieni su Marte, lo spettacolo che presenterai assieme a Gabriele Paolocà il prossimo 28 agosto: voi siete partiti da questa call in cui si chiedeva alla gente di dare la propria disponibilità a trasferirsi sul pianeta rosso e di mandare un video a riguardo. Come avete trattato l’esuberante materiale antropologico emerso da questa richiesta che sembra l’incipit di una narrazione distopico-fantascientifica? E dunque come avete lavorato dal punto di vista drammaturgico? Quanto vi ha condizionato a livello scenico?

Il romanzo distopico Cronache marziane di Ray Bradbury e il suo immaginario è entrato nello spettacolo in maniera determinante, anche se poi è stato tradotto e deviato dall’originale. Noi abbiamo visto tantissimi video che rispondevano alla nostra domanda e abbiamo cercato di non giudicarli, andando a comprenderne le motivazioni più profonde, e cosa volessero dirci: quell’insoddisfazione, quel cambiamento, quella voglia di migliorarsi…

L’altro giorno leggevo una striscia di Zerocalcare su Davide Lorenzo Orsetti e si parlava di lui come di un ragazzo che aveva trovato una maggiore serenità paradossalmente proprio durante la guerra, imbracciando le armi. Per me è difficile pensare una cosa come questa, tanto quanto dire “parto per Marte”, come fai a giudicare una tensione così? Ma se la declini abbassando un po’ l’assurdità forse ti ci ritrovi anche tu dentro. C’è un video di una ragazza curda, presente nello spettacolo, che dice continuamente “non trovo pace e forse su Marte la troverò”. Come fai a non darle ragione? 

Dal punto di vista dell’allestimento tutte le scene sono filtrate da un velatino posto davanti, volevamo che il pubblico avesse la possibilità di godere di quei video, e la proiezione sul fondo ci sembrava troppo distante. Ci piaceva l’idea che si creasse questo filtro con lo spettatore che potesse fruire di quelle scene con un minimo di distanza – non di distacco – per non sentirsi troppo sopraffatto da quell’energia. Con il nostro scenografo abbiamo cercato poi di immaginare un elemento evocativo che potesse rendere questa aspirazione verso un altrove e abbiamo scelto la scala, quasi dandole un valore archetipico.

Redazione

Al Nido dell’Aquila, Todi, per TodiOFF 2019 – 28 agosto 2019

VIENI SU MARTTE

di VicoQuartoMazzini
diretto e interpretato da Michele Altamura e Gabriele Paolocà
drammaturgia Gabriele Paolocà
scene Alessandro Ratti
luci Daniele Passeri
costumi Lilian Indraccolo
riprese e video editing Raffaele Fiorella, Fabrizio Centonze
tecnica Stefano Rolla
produzione VicoQuartoMazzini, Gli Scarti
con il sostegno di Officina Teatro, Kilowatt Festival, Asini Bardasci, 20Chiavi Teatro,
con il sostegno del MiBACT e di SIAE, nell’ambito dell’iniziativa “Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura”

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