Questa recensione fa parte di Cordelia di luglio-agosto 25
Lo spazio per il pubblico è allestito sui tre lati. Vi sono anche ampi schermi e videocamere sparse in giro. Musicisti, sul fondo, e due tecnici, dietro a una consolle, ci attendono pazienti. Ai lati della scena anche tre, smaglianti, interpreti simultanei in LIS (e sarà, la loro, quasi una performance a parte, un mondo parallelo di segni che potenzierà il nostro sguardo, e già anche la ricezione della performance, proprio nella misura della partecipazione attiva di questi corpi ai significati catturati nella [e per la] descrizione di ciò che accade). La brasiliana Jéssica Teixeira appare all’improvviso, come una diva d’altri tempi, tutta nuda, tutta esposta nella sua stortura anatomica eppure capace di ironia, e di battaglia (ma, se intesi bene, sono quasi sempre sinonimi) contro ogni rettitudine imposta, normata, attesa. Si tratta di MONGA, performance multidisciplinare contro la paura che censura i corpi e l’immaginazione. La prima parte della performance è scandita con grande sapere teatrale, nelle forme anche dell’interrogazione diretta del pubblico, sugli stereotipi della visione, le prigioni culturali dello sguardo. Teixeira richiama anche figure storiche come Julia Pastrana, donna messicana del XIX secolo esibita nei freak show. In tanta rievocazione emerge, insieme al sapere critico dell’alterità, anche una malinconica pietas per la stessa finitudine che ci imparenta a questi corpi, e che domanda attenzione. Teixeira recita, balla, canta e intrattiene, incorporando proprio tutto ciò che del corpo è stato rifiutato, messo da parte, già deriso e poi dimenticato. Paura e disagio e qualche ghigno divertito sono gli affetti che attiva nel pubblico. Nella seconda parte prevale la performance musicale, anticipata da una bevuta alcolica collettiva gentilmente offerta, e la telefonata conclusione del ballo di tutti con tutti su tutto perché vale tutto (infatti a una certa, parte pure Whitney Huston, se ben ricordo, e Daniele seduto accanto a me, col quale poco prima avevamo riflettuto sull’uso di Deleuze e i massimi sistemi in questa performance, attacca imperioso e convinto con una voce intonatissima e una impensata memoria: un po’ come quando al Cassero parte la Carrà, e allora ciao). (Stefano Tomassini)
Visto all’ITSE Molari, Santarcangelo Festival. Regia drammaturgia, performance Jéssica Teixeira
direzione artistica Chico Henrique direzione musicale, chitarra Luma direzione tecnica, luci Jimmy Wong video, fotografia Ciça Lucchesi preparazione del corpo Castilho
zabumba Juliano Mendes direzione di scena Aristides Oliveira produzione Rodrigo Fidelis – Corpo Rastreado distribuzione internazionale Corpo a Fora, Farofa con il supporto di Creative Ceará