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PERMANENT TRESPASS (Sanja Grozdanic e Bassem Saad)

Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 24

Foto Stefania Mazzara

Due donne sedute su un divano ricoperto da un telo bianco, tra un piccolo scrittoio antico e una scala che non porta a nulla, stanno ferme parlandosi in un gergo particolare, quello dell’elogio funebre. Dietro di loro il fondale è aperto, illuminata di un azzurro misto d’ambra appare l’altare della ex chiesa di Santa Maria Maggiore che è l’attuale Teatro Nuovo Montevergini. In questo luogo incredibile, che sembra un’oasi sospesa nel quartiere Capo di Palermo, prende forma il loro dialogo. Tra la poesia e la concretezza del lutto tutto è enigmatico, difficile da penetrare. La sostanza è che questo elogio funebre in cui il compianto non appare mai, nè mai viene nominato, è incerto, dilatato nel tempo, si forma man mano che lo spettacolo va avanti. Risulta difficile sentirsi coinvolti in questa scena, perchè non c’è una trama, i personaggi sono ambigui, per intere sequenze su di loro scende il buio e intervengono una terza voce narrante e proiezioni di immagini di guerra che invocano un’epoca, passata e presente, che viene definita “il Secolo Americano” iniziato nel 1948 e mai finito. Questo “secolo” ha visto sorgere moltissime guerre, quella in Afganistan, quella in Bosnia, quella in Siria. Le donne, in accordo a questo assunto ipotetico diventano via via più inclini a parlare di guerra, a ragionare in termini di oppressi e ribelli, di oppressori e dittature, di paesi dominanti e non, e il senso dell’elogio cambia. Chiamano in causa la relatività del tempo: esiste un tempo per i ribelli e un tempo per il lutto, non significa che non siano coincidenti nel tempo presente. Il tempo del compianto perdura come le guerre. Ma chi o cosa stanno piangendo non si saprà mai. Non c’è nemmeno nelle intenzioni di Sanja Grozdanic e Bassem Saad, autrici e attrici dell’opera, l’interesse a cadere nel tranello del pathos che evitano senza sforzo usando un linguaggio formale e monotonale. Relativizzando persino la fissità del testo, che cambia un poco ad ogni replica, lasciano aperte moltissime domande. (Silvia Maiuri)

Visto al Teatro Montevergini – Teatro Bastardo Festival. Crediti: Scritto da Sanja Grozdanic e Bassem Saad Suono Sandy Chamoun Realizzato grazie al supporto di The Curtis R. Priem Experimental Media and Performing Arts Center and Netwerk Aalst Presentato a Teatro Bastardo con il supporto di Goethe-Institut Palermo

Cordelia, ottobre 2024

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