Un corpo per tutti, di Sonia Bergamasco
Una bambina allo specchio scorge l’altra sé finora invisibile. Stacco. La bambina batte il coperchio d’un piano, messa in punizione dalla maestra. Testa china, le dita che piastrano il legno, l’assenza di note che lei sente comunque. Stacco. La bambina è una ragazza, provino per la Scuola del Piccolo, non recita ma suona a fiato invece Beckett, Woolf e Cavalcanti. Stacco. Giulia Lazzarini la raggiunge e le dice che ha un modo musicale, con cui rende in forma molteplice il mondo. Scorci iniziali d’Un corpo per tutti, il titolo per ciò che c’è a pagina 22: «Quella prima invenzione di linguaggio al provino, quel solfeggiare le parole e le frasi che in me era nato istintivamente, ha rappresentato negli anni una forma di ispirazione» per cui si tratta di «dare voce alle voci del corpo, del mio e di quello di tutti gli altri corpi immaginati. Imparare a farsi strumento». Frame. La difficoltà di farsi «zero» in Accademia. Strehler che legge il Wilhelm Meister rendendo Mignon «l’incarnazione del dolore». Carmelo Bene che le dice «devi deciderti», non teatro o musica ma un «teatro musicale». E Gabriella Bartolomei – Winnie di Giorni felici che spande vocalità in ogni punto della sala – da cui apprende metodo, libertà e il valore del silenzio, «senza il quale non viene mai nulla». La tournée sui trampoli in Spagna, il seminario di Raffaella Giordano e Danio Manfredini, la lettura de Il funambolo di Genet, le gigantografie di Eleonora Duse, Café Müller in video e gli spettacoli e le compagne e i compagni di recita per fare non autobiografia di sé ma del mestiere, di cui Bergamasco discute i fondamenti: danza e immobilità, forma e istinto, partitura e improvvisazione e la ripetizione in prova o replica, il rapporto tra regia e attorialità o cosa cambia se il pubblico respira con te. Il pudore che nasce dallo studio, l’importanza del lavoro di gruppo, la necessità di una stanza tutta per sé. Cui tornare e da cui ripartire ogni volta per andare in scena, per suonare ancora. Un corpo per tutti, di Sonia Bergamasco, Einaudi, 2023
L’attore, di Roberto De Monticelli
Nessuno come De Monticelli sa scrivere d’attori ed attrici. Nessuno come lui ne coglie le vibrazioni tonali, i gesti, lo sciupio del destino, quest’esistere al quadrato tutte le sere, dall’inizio alla fine d’uno spettacolo, alle prese solo con un pezzo di vita. E L’attore, curato nel 1988 da Odoardo Bertani per Garzanti, riedito da Cue Press, ne è la testimonianza. Anzi è la testimonianza di una testimonianza perché ponendo in sequenza quarant’anni d’interpreti del teatro italiano dice anche di chi ne scrisse, che il critico, si sa, parla pure di sé, accucciato nel buio dell’inchiostro. Libro di ritratti, nell’ampiezza che aveva il giornalismo una volta, e che una volta aveva la scena sui cartacei, offre dettagli-diademi. Il vecchio respiro di Renzo Ricci, connesso alle lame che segano le piante alla fine de Il giardino dei ciliegi; il pallore di Rina Marcelli, nel cerchio di luce che chiude Morte di un commesso viaggatore; Sarah Ferrari che nel terzo atto di Tre sorelle sta sul divano, plaid addosso, e coniuga «Amo, amas, amat…». La faccia da clown di Buazzelli nel Galileo di Brecht, Lila Brignone «buia» «e dilaniata da un dolore scabro» nel Macbeth, i silenzi ossuti di Eduardo, Memo Benassi in ospedale, malato e abbandonato da tutti, dove s’è portato i bauli per stare ancora in un camerino, Ruggero Ruggeri che va via dopo la replica, riducendosi alla punta rossa d’un sigaro in una Milano fredda, che costringe i gatti ad appallottolarsi. Ma, accusato di non aver letto l’avanguardia (di cui invece comprese il valore, scartando la fuffa), di De Monticelli qui ci sono anche le tracce di Grotowski e Brook, delle cantine e Ronconi. E c’è la condanna alla maschera di Marcello Moretti, o il più bell’articolo che potrete mai leggere su Strehler. E c’è la morte, perché già allora fu libro postumo e perché molti dei pezzi sono un ricordo fissato nel momento dell’addio. «Cosa rimane?» avrebbe detto Garboli. Questo: il teatro che vissi, attraverso gli attori e le attrici che amai. L’attore, di Roberto De Monticelli, Cue Press, 2017
Dall’azione alla recitazione, di Jan Fabre e Luk Van den Dries
Pubblicato da FrancoAngeli nel 2023, il nuovo volume della collana Drama (diretta da Fabrizio Gifuni) è un viaggio nella mente e nell’anatomia del performer fabriano, dalla filosofia alla materia, dal respiro al sesso, dalla performance art al teatro dell’oltranza. L’esperienza di Jan Fabre è qui ripercorsa nel dialogo con i principali collaboratori, dopo anni di sperimentazione, scandalo, una fama internazionale prima inscalfibile, poi lacerata dall'evidenza della colpa. Dopo un’introduzione alla biografia e al percorso artistico e teorico – preziosa soprattutto per chi poco pratico dell’opera in questione - il volume e la scrittura osservante di Luk Van den Dries ci introducono all’universo-Fabre con dodici principi performativi che dettano le coordinate dello spazio e del tempo, i punti cardinali e anatomici del processo recitativo. La parte centrale del volume, poi, la più corposa, prende la forma di un vero e proprio manuale, una guida prima narrativa, poi vero e proprio tutorial, che descrive passo passo il tranining del "guerriero della bellezza". Una lunga serie di esercizi, ognuno accompagnato da un minuzioso apparato fotografico, improvvisazioni e modelli coreografici propongono una pratica complessa capace, se perseguita con costanza e onestà, di condurre dal dentro al fuori, dall’umano all’animale, dall’oggetto al pubblico. Un vademecum prezioso non soltanto sul palcoscenico, bensì nella comprensione del sé e dell’altro scenico, dell’azione che è agita in questo luogo e in questo istante della performance postdrammatica. Un qui e ora che, nel caso di Fabre e delle sue opere più scandalose, si dilata, si ripete, stravolge il proprio perimetro e degenera, sconfinando i limiti - non solo della scena. Ma tuttavia vive e muore, costantemente, in quei corpi e quei cervelli così sexy, che hanno appreso il lavoro sporco della seduzione. Dall’azione alla recitazione. Linee guida di Jan Fabre per il performer del XXI secolo, di Jan Fabre e Luk Van den Dries, FrancoAngeli, 2023