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LA DISTANCE (Tiago Rodrigues)

Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 25

La distance sono gli anni luce che separano un padre che è sulla Terra da una figlia che partecipa alla colonizzazione di Marte. Ma è anche l’inconciliabilità politica tra un uomo che al netto di crisi e di guerre pensa che la democrazia sia ancora possibile e una ragazza che non ha più voglia di rimettere mano al vecchiume e scommette su un ordine nuovo. Ma è anche la differenza tra un lui radicato nel posto natio e una lei in cerca di lontananza. Ma è anche un strappo del tempo per cui non restano che pochi giorni, poi la connessione cadrà e i contatti saranno impossibili. Ma è anche una diversità di lessico per cui parole come «lotta» o «utopia» per uno significano mentre all’altra non dicono niente. Ma è anche una storia migrante in cui chi è giovane passa non il mare, come capita adesso, ma lo spazio, come Thiago Rodrigues immagina avvenga nel 2077. Ma è anche l’opposizione tra chi si sgrava del passato e chi continua nel «quel che eravamo»: il cavallo cavalcato da piccola, il taglio che ti facesti cadendo, il disco che suonava nella lingua parlata da tua madre. Ma La distance è anche un rifiuto dei padri, o la voglia d’una deriva, o il racconto d’una perdita per cui Alison Dechamps infine scompare e Adama Diop non può che tenerla nei pensieri. Ecco, io non so cos’ho visto e questo – in tempi di teatro spesso assertivo e che impone già in partenza un ingaggio per aderenza col pubblico – mi pare un bene. Di certo ho ammirato due interpreti credibili, impegnati in un dialogo costruito per alternanza, come in uno scambio mail o WhatsApp, le cui battute facevano ridere e il cui dolore feriva, posti su una pedana con una roccia e dei tronchi caduti a fare da separé, che ruota al ritmo dello scambio verbale mostrando i due a turno eppure in relazione continua. Così lui si dispera ad esempio, curvo allo stomaco e col mento sul petto mentre lei di sfondo si lascia andare; o lei che nell’ultimo frameri compare a cavalcioni sui tronchi mentre lui sta con gli occhi socchiusi: dunque è ancora da sola nel cosmo? È l’immagine rimasta sotto le palpebre al padre? O è un ricordo, quest’impalpabile che stringiamo come l’oro perché chi abbiamo perduto non scompaia del tutto? (Alessandro Toppi)

Visto al Teatro Mercadante: Festival d’Avignon, Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Onassis Stegi (Athènes), La Comédie de Clermont-Ferrand Scène nationale, Divadlo International Theatre Festival, Le Volcan Scène nationale du Havre, Teatre Lliure (Barcelone), Centro Dramatico Nacional (Madrid), Malakoff Scène nationale Théâtre 71, Culturgest (Lisbonne), De Singel (Anvers), Équinoxe Scène nationale de Châteauroux, Points communs Nouvelle Scène nationale de Cergy-Pontoise / Val d’Oise, Piccolo Teatro di Milano Teatro d’Europa, Maillon Théâtre de Strasbourg Scène européenne, NTCH Taiwan National Theatre and Concert Hall, Les Célestins Théâtre de Lyon, Théâtre du Bois de l’Aune (Aix-en-Provence), Théâtre de Grasse Scène conventionnée d’intérêt national Art & Création, Scènes et Cinés Scène conventionnée d’intérêt national Art en territoire (Istres), Le Bateau Feu Scène nationale de Dunkerque, Plovdiv Drama Theatre, Malta Festival (Poznan), Espace 1789 (Saint-Ouen)

Cordelia, ottobre 2025

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Alessandro Toppi
Alessandro Toppi
Alessandro Toppi è critico e giornalista napoletano. Scrive prima per il Pickwick, di cui è fondatore e direttore fino al 2022. Dal 2014 è redattore per Hystrio, dal 2019 scrive per le pagine napoletane de la Repubblica e dal 2020 è direttore de La Falena, rivista semestrale di cultura e teatro promossa dal MET di Prato. Negli anni suoi interventi, prefazioni, postfazioni e approfondimenti sono comparsi in varie pubblicazioni. Del 2024 la curatela condivisa con Maria Procino del volume Tavola tavola chiodo chiodo… Il teatro di Eduardo nello spettacolo di Lino Musella edito dalla redazione napoletana de la Repubblica.

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