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PLUTO. O IL DONO DELLA FINE DEL MONDO (Gruppo della Creta)

Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 25

Un’esuberante caciara, che con fedeltà storica, bilanciata ironia, guizzo politico e doverosa distanza critica, ambienta la commedia antica di Aristofane Pluto nella contingenza dei giorni, assurdi, del 2025. Con l’aggiunta però di un sottotitolo definitivo: O il dono della fine del mondo. Secondo la visione di Anton Giulio Calenda e Valeria Chimenti che firmano insieme questa invettiva su ricchezza e povertà, andata in scena per la prima volta a Roma in apertura delle nuova stagione del Teatro Basilica, Aristofane «è ormai un nostro compagno di viaggio perché ci siamo riconosciuti nella sua ambiguità politica: nella sua capacità di non schierarsi con nessuno, ma attaccare sempre, amici e nemici» e invece il loro Pluto si schiera eccome, pur mantenendo quel tanto di straniamento per poterci guardare da fuori, vittime dell’ineluttabilità di un destino che ci vede già perdenti, già al guinzaglio. Cremilo e Carione (biomeccanici Matteo Baronchelli e Alessio Esposito) non sono più il padrone e il servo ma i loro ruoli sembrano completarsi a vicenda, in quanto soggiogati dalla riacquistata vista del dio Pluto (Alessandro Di Murro) che elargisce gratuitamente ricchezza senza alcuna distinzione, merito o fatica. Se la ricchezza è per tutti, tutti diventano ricchi? La domanda riecheggia nel coro di contadini (composto dagli allievi attori del Progetto Speciale di studio Aristofane nostro contemporaneo) e nella ritmica accattivante dei versi scritti da Amedeo Monda, compositore delle musiche originali ma anche insofferente Ermes/corifeo. Sarà la Povertà (una pacata e severissima, perché lungimirante, Laura Pannia) a mettere in crisi l’utopia della redistribuzione, a svelare la menzogna di un ideale di equità inesistente. Pluto del Gruppo della Creta fa dialogare la consapevolezza scenica odierna con quella del 388 a.C.; con intelligenza drammaturgica e attorale rielabora il moralismo aristofaneo e con leggerezza compositiva rifugge dal prenderlo troppo sul serio per costruirgli attorno uno spettacolo vitale, energico, accessibile e divertente. (Lucia Medri).

Visto al Teatro Basilica: di Anton Giulio Calenda e Valeria Chimenti, tratto dal Pluto di Aristofane, regia Alessandro Di Murro con Matteo Baronchelli, Alessandro Di Murro, Alessio Esposito, Amedeo Monda, Laura Pannia, musiche originali di Amedeo Monda, disegno luci Matteo Ziglio, costumi Giulia Barcaroli, assistente alla regia Rebecca Righetti, direzione organizzativa Bruna Sdao, una coproduzione Gruppo della Creta e Cadellino Srl, con il sostegno del Ministero della Cultura, con la partecipazione straordinaria degli allievi attori del Progetto Speciale “Aristofane nostro contemporaneo”. Foto di Simone Galli

Cordelia, ottobre 2025

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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