Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 25

L’ouverture è un prologo, qualcosa che precede l’esplosione sinfonica vera e propria, deve catturare l’attenzione di chi ascolta (e guarda). Ma l’Ouverture vista al Teatro Farnese di Parma non precede altri spettacoli se non la vita stessa, e anzi già la contiene nella sua trasformazione quotidiana e naturale. Siamo fortunati e fortunate ad essere stasera nel ventre di legno del Farnese, gioiello seicentesco in cui l’opera diretta da Gaetano Palermo e Michele Petrosino costituisce un cortocircuito suggestivo. Cinque tapis roulant su un palco sistemato dalla parte della platea del teatro, all’opposto del palco originale. Mentre prendiamo posto un personaggio in tuta cammina sul tapis roulant, ha una maschera da vecchio (torna in mente il gusto di Palermo per il volto posticcio in Swan), in breve l’ambiguo soggetto mostrerà il suo vero aspetto, è una giovane direttrice d’orchestra che prenderà il suo posto su uno scranno in mezzo al pubblico. Alla spicciolata entreranno in scena gli altri interpreti scaldando la voce con piccoli sussurri, sbadigli o vocalizzi. Gli outfit sono quelli della palestra, calzoncini per qualcuno, leggings per altre, una di loro al centro posiziona lo smartphone per riprendersi. Lentamente, quasi di nascosto, l’opera comincia, il riscaldamento vocale lascia il posto al canto (la musica è firmata da Fernando Strasnoy). Intanto però i corpi continuano a concentrarsi nell’esercizio fisico: lentamente emergono le straordinarie qualità dei cinque protagonisti, in grado di tenere note difficilissime anche in posizioni fisiche più adatte al fitness che al canto. ”L’orizzonti mi sussurra, l’orizzonte mi trascina” canta il libretto di Giuliana Kiersz a tratti surreale, a tratti terreno. Questo lavoro, facente parte di Gradus, il progetto di creazione con giovani artisti internazionali (che proseguirà con il debutto della greca Marilena Katranidou), lascia emergere una finissima ironia e un altissimo livello di realizzazione. I cantanti si cambieranno in scena con abiti da sera prima di finire con una serie di pose e tableau vivant: eccola la vita che è cresciuta dentro all’opera, fino a esplodere di silente vitalità.
Visto al Teatro Farnese, Reggio Parma Festival: Composizione musicale Fernando Strasnoy
Libretto Giuliana Kiersz Regia e coreografia Gaetano Palermo, Michele Petrosino Direzione musicale Laure Deval Traduzione libretto Teresa Vila Soprano Maria Clara Maiztegui Soprano Maria Giuliana Seguino Mezzosoprano Dominika Isabell Marková Baritono Xiaofei Liu Basso Daniel Wendler coproduzione Fondazione I Teatri di Reggio Emilia / Festival Aperto Fondazione Teatro Regio di Parma / Festival Verdi













