Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 25

Il pavimento del Semiottagono dell’ex carcere delle Murate è tutto coperto da un manto rosa, seguiamo con lo sguardo il materiale plastico fino al centro della scena, sale e avvolge il corpo di Gemma Hansson Carbone, è il suo costume, la sua pelle. Alle spalle una sorta di luna, di fronte alla quale verrà annunciato il verbo, e saranno suggestivi i controluce di Alessandro Panzavolta (responsabile anche della scena). Per questa nuova opera programmata e coprodotta da Fabbrica Europa, l’artista italo-svedese torna alla scrittura di Dimitris Dimitriadis (dopo Muoio come un paese): un fiume in piena di immagini e lirismo a partire dalla figura mitologica di Cassandra che qui non è anticipatrice di futuro ma colei che afferma il presente nominando il mondo nel segno dell’eros. Quel “vangelo” del titolo e l’immobilità della protagonista al centro della scena, bloccata in una sorta di prigione ossea, come in una crocifissione senza croce, riportano a una cristologia evidente però se il corpo è costretto, la voce e il pensiero sono liberi. A Dimitriadis interessa il desiderio e la nostra propensione a esaudirlo: «Il mondo adesso è il mondo in cui adesso / chi desidera prende ciò che desidera», e potrebbe sembrare dunque una critica alla società di oggi (che avrebbe perso questa tensione al desiderio?); lo sguardo al mondo di “prima” afferma l’immaginario binario dell’autore: «La donna che è desiderata dal maschio e non si concede / La cosa più terribile è questa / La cosa più terribile è opporsi al desiderio». E però in scena c’è una donna ed è potentissima l’esperienza fisica proposta da Gemma Hansson Carbone che fa piegare vertiginosamente il corpo uncinato al centro della scena (nei movimenti di Gloria Dorlinguzzo). La visione dell’autore greco relativa alla libertà conquistata grazie al maschio, nonostante l’afflato poetico, non può che apparire reazionaria, e il mondo nuovo che vorrebbe proiettare sembra più un ritorno al passato. Certo quel “godo ergo sum” vale per tutte e tutti, deve. Forse non è un caso che Cassandra sul finale perderà la pelle che la tiene ancorata al terreno (in una fuga anche dalla parola maschile?) per liberarsi nuda in una danza bacchica e sfrenata nell’oscurità (Andrea Pocosgnich)
Visto al Semiottagono delle Murate di Firenze, Fabbrica europa 2025 scritto da Dimitris Dimitriadis tradotto da Gilda Tentorio di e con Gemma Hansson Carbone movement director: Gloria Dorliguzzo luci e scene: Alessandro Panzavolta tecnomago: Francesco Tedde costume: Johanna Invrea e Damiano Bagli
poeta: Michele Montanari cura: Ilenia Carrone organizzazione: Veronica Arietto produzione: Naprawski coproduzione: Fabbrica Europa
con il supporto di PARC Performing Arts Research Centre, Olinda – Teatro La Cucina, Antropotopia, Ortographe, 42zone Hub, Nerval Teatro













