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FRANKENSTEIN, a history of hate (Motus)

Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 25

Frankenstein(history of hate) è il secondo capitolo del progetto che Motus dedica al celebre personaggio nato dalla penna di Mary Shelley nell’estate del 1816, e che viene presentato in prima nazionale, in forma di dittico, a Romaeuropa Festival. Mentre la prima parte, Frankenstein(love story), ruota attorno alla nascita del romanzo e della Creatura, e al rapporto che lega quest’ultima a Victor, il suo creatore, (leggi anche l’articolo di Sergio Lo Gatto) Frankenstein (history of hate) attraversa il racconto originale invocando una destrutturazione di elementi visivi e drammaturgici, in un alternarsi e moltiplicarsi di raddoppiamenti e proiezioni dei tre performer in scena, Enrico Casagrande, Tomiwa Samson Segun Aina, Yuan Hu. Mentre le immagini tratte dal documentario [ÒDIO], vincitore dell’ITALIAN COUNCIL 2024 – con Silvia Calderoni e Alexia Sarantopoulou– consolidano il dialogo tra cinema e teatro, disseminando, insieme a una costante e vivida sperimentazione, le tracce di una più ampia riflessione sul tema della creazione: della creatura-mostro come di possibili nuovi linguaggi, e delle loro implicazioni storiche e politiche. C’è un momento, che segna il passaggio da Frankenstein(love story) a Frankenstein (history of hate), nel quale lo spazio viene ricostruito e riconsegnato allo sguardo dello spettatore da figure vestite di nero e incappucciate che ne ridefiniscono i confini affrancandolo, infine, da un preciso tempo storico: una sospensione/non sospensione dove converge la massima concentrazione di senso di quanto viene esplorato sulla scena. In video, un paesaggio roccioso, poi il mare, e un affiorare di corpi: quello di Calderoni/Victor, che richiama alla mente quello di Calderoni/Kaspar Hauser, in un film del 2013 di Davide Manuli. Dove sta andando il mondo? L’urgenza, sembra ribadire Motus, è accogliere il filo nascosto delle cose, l’invisibile della pratica artistica, ma anche di quell’umanità perduta che, ci ricorda Shelley, non è malvagia per nascita. (Giusi De Santis)

Visto Teatro Vascello, Romaeuropa Festival. ideazione e regia di Daniela Nicolò & Enrico Casagrande con Tomiwa Samson Segun Aina, Yuan Hu, Enrico Casagrande in video Silvia Calderoni e Alexia Sarantopoulou drammaturgia Daniela Nicolò ricerca e collaborazione drammaturgica Ilenia Caleo riprese e montaggio video per la scena Vladimir Bertozzi ambienti sonori Demetrio Cecchitelli
assistenti alla regia Astrid Risberg, e Juliann Louise Larsen assistente al video Isabella Marino scena costumi Daniela Nicolò & Enrico Casagrande direzione tecnica e fonica Martina Ciavatta disegno luci e video Simona Gallo tecnico luci Theo Longuemare una produzione Motus con Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Snaporazverein (CH) e Romaeuropa Festival.  Una produzione Motus con Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, TPE – Festival delle Colline Torinesi,Kunstencentrum VIERNULVIER (BE) e Kampnagel (DE), residenze artistiche ospitate da AMAT & Comune di Fabriano, Santarcangelo Festival, Teatro Galli-Rimini, Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’arboreto-

Cordelia, ottobre 2025

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Giusi De Santis
Giusi De Santis
Giusi De Santis si laurea con lode in Analisi del Film con una tesi su Luis Buñuel, presso la facoltà di Lettere della Sapienza Università di Roma, dove è stata cultrice della materia ‘Teoria e interpretazione del film’ - corso di Laurea in ‘Forme e Tecniche dello Spettacolo’ -, e dove approfondisce gli studi di metodologia e critica sia cinematografica che teatrale. Ha lavorato alla Fondazione Cinema per Roma per quattro edizioni del Rome Film Fest e per la Compagnia Leone Cinematografica nell’ambito del coordinamento della produzione e, successivamente, come story editor e responsabile editoriale. Svolge attività di consulenza artistica e di editing per la realizzazione di podcast e collabora, come membro del comitato scientifico, chair e discussant, alla progettazione e realizzazione di convegni nazionali e internazionali. Ha scritto di cinema e teatro per diverse riviste online, tra cui Frame e Paper Street e, al lavoro di critica cinematografica e teatrale, affianca quello di dramaturg. Dal 2017 collabora con la rivista Left, dove cura anche la rubrica di cinema. Autrice di saggi e racconti, per L’Asino d’oro edizioni ha curato i volumi Infinito Antonioni. Una ricerca rivoluzionaria sulle immagini (insieme a E. Amalfitano, 2024), Fine serie mai (2023), Il cielo della luna (2020).

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