Alla Biennale Teatro di Venezia, dopo la premiazione di Elizabeth LeCompte con il Leone d’oro alla carriera 2025, è andato in scena il suo spettacolo realizzato con The Wooster Group: Symphony of Rats. Recensione e qualche considerazione sparsa.

La Biennale Teatro è iniziata. La Biennale Teatro è in corso. A Venezia, come ogni anno. Ma c’è un nuovo direttore artistico che, questa volta, è un nome noto anche oltre i confini del teatro, una star di Hollywood che ha però una lunga carriera teatrale e, da non sottovalutare, una biografica aderenza al territorio italiano. Willem Dafoe ha deciso di aprire la sua prima edizione con l’accoglienza al Leone d’oro 2025 alla carriera, assegnato ad Elizabeth LeCompte di The Wooster Group, fondato a New York tra il 1975 e il 1980 a partire dall’esperienza di The Performance Group di Richard Schechner, anno in cui prese il nome attuale e con il quale si affermò tra le compagnie capofila dell’avanguardia indipendente americana per l’ibridazione dei diversi codici performativi sulla scena. E va bene, diciamolo subito: il gruppo è stato fondato, con LeCompte, dallo stesso Dafoe che ci ha lavorato per un ventennio, al fianco della donna che è stata anche la sua compagna e madre di suo figlio. Ma queste sono notizie di un gossip un po’ stantio, che potrebbero interessare solo a creare scandalo in luogo, invece, di una lettura più profonda degli eventi. Si potrebbe obiettare, mi rendo conto, che una cosa simile non si è mai verificata, che semmai qualche precedente direzione ha assegnato il premio ad artist* con cui c’era stata una qualche forma di collaborazione, ma vogliamo veramente ridurre la portata di questo gruppo artistico a una vicenda così mediocre? Queste sono piccole meschinità provinciali che solo in Italia hanno un peso, si dirà, perché l’arte è al di sopra anche di ciò che appare inelegante e pertanto, dato che il marcio è sempre negli occhi di chi guarda – e scrive – qui chi scrive se ne guarda bene dal commentare e passa oltre. Ma cosa c’è, oltre?

È buona norma che artiste e artisti premiat* portino a Venezia un saggio del proprio lavoro, della propria ricerca che sostanzia letteralmente l’assegnazione del premio; sarà pertanto altrettanto buona norma, a definire la grandezza di The Wooster Group, che questo articolo non stia a evidenziare presunti vizi di forma ma che si dedichi a una finalità più adatta al proprio ruolo, ossia mettere in luce la natura dello spettacolo proposto dalla compagnia, nel Teatro alle Tese dell’Arsenale in prima europea.

Symphony of Rats, un testo di Richard Foreman già messo in scena nel 1988 a New York e firmato da LeCompte con Kate Valk, vede il presidente degli Stati Uniti d’America alle prese con messaggi provenienti da un altrove, forse una dimensione altra che cerca di mettersi in contatto con l’uomo più potente del pianeta; la reazione del presidente a questa relazione ultraterrena svelerà caratteri talvolta nascosti dell’essere umano, svilupperà forse quella parte di noi che resta sottotraccia e che ci fa apparire, al nostro stesso sguardo, i veri alieni. Se però nel 1988 questa idea doveva apparire cosmica e si riferiva a un altrove davvero ignoto, la nuova edizione dello spettacolo non può non considerare come l’altrove sia ormai un luogo abitato, attraverso la tecnologia e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. È davvero possibile distinguere oggi l’umano e il non umano? Le scelte dalle circostanze?

La scena è apparentemente disordinata, un’atmosfera in penombra contrastata da luce elettrica, una serie di schermi e strutture tubolari si intersecano sopra allo studio del presidente che, via via, diventa un’astronave o una galleria d’arte; il carattere surreale della vicenda – già nel testo di Foreman che per l’occasione viene anche trasposto in versi – esplode dalla qualità metallica delle voci, amplificate e corrette come a voler ricreare una voce oltreumana, ma anche dall’uso del canto che si imprime come un richiamo verso il presidente, colto al centro di un’esitazione decisiva per i destini del mondo e di sé stesso. In quella sua impasse, che denuncia forse una eterodirezione da altri universi, è determinante il suono: rumori striduli, suoni di rottura, crash improvvisi che non si capisce si riguardino oggetti o persone, l’esteriore o l’interiore della realtà. Ecco, la realtà, sembrano dire LeCompte/Valk: è poi così necessaria? Non sembra più eterodiretto dagli alieni il presidente reale di quello che appare nella finzione?

La proposta è, almeno nelle intenzioni, assolutamente sperimentale, ma c’è da considerare come questa definizione perda di senso o prospettiva laddove sia superata da sperimentazioni successive; ecco che insomma forse quel carattere, visto oggi, sembra di molto attenuato. Si ha l’impressione che la relazione significante con il pubblico sia piuttosto secondaria, l’offerta unitaria lascia il campo a una creazione fatta di frammenti, tessere di un mosaico che si avvale di citazioni di vario genere – da Charlie Chaplin a William Blake o D. H. Lawrence – e mai davvero compatto, pensieri brevi che non concludono confluendo l’uno nell’altro e che rendono frustrante la fruizione. Questa moltiplicazione di stimoli, visivi o sonori, sembra un po’ vecchiotta. Del resto, non è il Leone d’oro un premio alla carriera? Non stupisce, allora, che guardi così tanto nel passato. Anche fosse il proprio.
Simone Nebbia
Visto al Teatro alle Tese, Venezia – Biennale Teatro 2025
SYMPHONY OF RATS
Testo: Richard Foreman
Regia: Elizabeth LeCompte, Kate Valk
Creato da: The Wooster Group
Con: Niall Cunningham, Jim Fletcher, Ari Fliakos, Andrew Maillet, Tavish Miller, Michaela Murphy, Guillermo Resto
Scenografia: Elizabeth LeCompte
Design sonoro e musica: Eric Sluyter
Design video: Yudam Hyung Seok Jeon
Design luci: Jennifer Tipton, Evan Anderson
Luci aggiuntive: David Sexton
Costumi: Antonia Belt
Assistente alla regia e direttore di scena: Michaela Murphy
Suono e video aggiuntivi: Andrew Maillet
Tecnico audio e video: Dan Dobson
Drammaturgia: Matthew Dipple
Assistente regia: Alessandro Magania
Direttore tecnico: Tavish Miller
Direttore di produzione: Aaron Amodt
Produttore: Cynthia Hedstrom
Organizzazione: Monika Wunderer
Traduzione e adattamento sovratitoli: Matilde Vigna
Produzione: The Wooster Group