Questa recensione fa parte di Cordelia di maggio 25
Qualunque pagina dei Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes si ritrova squadernata, illuminata, agita sulla scena de Come nei giorni migliori. E non è per un approccio citazionistico o per vezzi enciclopedici nella nitida regia di Leonardo Lidi, o nel meraviglioso testo del 2023 di Diego Pleuteri. Si tratta forse piuttosto di un montaggio dal sapore filmico, rapido e preciso, che incolla tutti i topoi della relazione amorosa come in un lentissimo avanti veloce – come nel capitale testo barthesiano. Si tratta anche, senz’altro, della palpitante libertà interpretativa che comunicano Alessandro Bandini e Alfonso De Vreese. Due vestali di un fuoco sacro che rende atroce tenersi per mano, ma che al contempo fonde le soggettività in un tentativo inesauribile di provare-a-essere-coppia. Due eroi e sullo sfondo una città, Milano, appena sfrangiata nei toponimi della vicina provincia, come ad abbozzare uno sprawl esistenziale – un fondale invisibile ma palpabile, che diventa istantanea metafora generazionale del disagio amoroso nostro. Eppure questa danza a due, tra lo studio di uno psicanalista e un museo, tra un parco di notte e una casa di studenti, tra una madre perduta e una partita a paddle, è come un geroglifico: universale nella sua immanente riconoscibilità, indecifrabile perché la chiave è perduta – forse da sempre. Lidi, Pleuteri, Bandini, De Vreese ma anche Nicolas Bovey per la scena e le luci, compongono un album in cui ogni scelta è il contrario di un’antologia, ma proprio per questo il risultato è reale e pungente. Una spettatrice, seduta in sala vicino a chi scrive, muove lo sguardo incessante tra Billy (Bandini) e Jessica (De Vreese), proprio come in una partita di paddle, si profonde in cenni di assenso alternando empatia per l’uno e l’altro, segue le corse a perdifiato dei due che sudano, urlano, piangono e si baciano con tutta la sapienza dei loro corpi – attivando una partecipazione altrettanto corporea in chi guarda. Come nei giorni migliori, quando l’amore è un fatto vissuto, necessario e incessante. (Andrea Zangari)
Visto a Teatro India. Crediti: di Diego Pleuteri; regia Leonardo Lidi; con Alessandro Bandini, Alfonso De Vreese; scene e luci Nicolas Bovey; costumi Aurora Damanti; foto Luigi De Palma produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale