Questa recensione fa parte di Cordelia di maggio 25
Come danzatore Michael Incarbone è una meraviglia: fluidissimo, preciso, con un incedere quasi senza dispendio, laconico. Al FIC di Catania, festival diretto da Roberto Zappalà giunto alla sua 6a edizione, ha invece consegnato a due straordinarie danzatrici, Erica Bravini e Marina Bertoni, una sua composizione coreografica estremamente suggestiva e piena di destrezza, e di suono, e di buio. In un campo visivo allargato, illuminato da una partitura di luci dinamica e pensata con cura (da Danila Blasi), le due danzatrici (di blu ipnotico rivestite, nei costumi di Giulia Cauti) si alternano in scena o si tengono in gioco secondo una frequenza progressiva e variabile, per vorticose ripartenze e morbide decelerazioni. Le complici (e giustissime) musiche originali (di Filippo Lilli) liberano forze sonore e paesaggi ambientali che riscattano ogni trasparenza, ogni estorsione della visibilità. Bravini è allucinata da un ritmo crescente che continuamente viene messo alla prova come per stanare nello spazio ciò che resta nascosto nella percezione del tempo. Bertoni invece sembra incalzare gli stati del tempo come per far collassare ogni esperienza di abbandono. L’ipnotica costruzione del quadro è inferiore alla meraviglia per tanto virtuosismo di presenza, accentuata dall’uso di aste di metallo come linee che fendono l’aria e poi in bilico sulle teste, nel finale. La danza qui sembra spazzare via, mentre li evoca, tutti i fantasmi e le paure dell’inautentico. Nulla qui è regressivo, nessun voluto ricatto, la danza è tutta nuova. Fanno bene al cuore i versi di Zambrano in esergo al programma. In tanto intelligente virtuosismo, però, non si percepisce alcuna incrinatura, nessuna piega rivela l’incerto, un problematico capace di promessa. Né di caduta. Il settenario del titolo tradisce la pulsione poetica di questo comporre per atmosfere: acustiche, visive e dinamiche, ma sono certo che questa affezione per le suggestioni sarà capace, magari sempre con Zambrano, di accogliere in futuro anche le ombre e le crepe, gli inciampi e le storture, «lo spazio di una notte seguita dall’alba». (Stefano Tomassini)
Visto a Scenario Pubblico, Fic Festival idea e coreografia Michael Incarbone performer Erica Bravini e Marina Bertoni musiche originali Filippo Lilli disegno luci Danila Blasi dramaturg Valeria Vannucci costumi Giulia Cauti produzione PinDoc con il sostegno del MiC e di SIAE nell’ambito del programma “Per Chi Crea” e della Regione Siciliana con il supporto di ALDES, Anghiari Dance Hub, ATCL – Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio, ORBITA | Spellbound Centro Nazionale di Produzione della Danza, Teatri di Vetro / Triangolo Scaleno, HangartFest – festival di danza contemporanea in collaborazione con il Centro di Rilevante Interesse Nazionale per la Danza Scenario Pubblico/CZD