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SEMÂ (Cie Linga)

Questa recensione fa parte di Cordelia di luglio 24

Foto Giuseppe Follacchio

L’ultima volta di compagnie linga a Roma era il nel ‘21, sempre all’interno di Fuori Programma, manifestazione che è diventata un ponte imprescindibile tra la danza internazionale e la Capitale. Tre anni fa all’arena del Teatro India gli svizzeri portarono Flow, un lavoro che fondava la propria idea coreografica su elementi selvaggi della natura, stormi di uccelli, branchi di pesci… animali in grado di cambiare il proprio stato collettivo improvvisamente. In continuità con un più ampio progetto, che indaga “il movimento di gruppo e la consapevolezza collettiva dei gesti”, anche in questo nuovo Semâ è l’idea del collettivo a dominare, la forza sprigionata dai singoli all’interno di sistema complesso. Nei 70 minuti che fluidamente portano il pubblico verso il tramonto è il movimento circolare delle danze dei dervisci a influenzare il disegno coreutico: Semâ è il nome della danza dei dervisci rotanti, una pratica che ha come obiettivo anche quello della meditazione (l’etimologia della parola araba e persiana tiene insieme due verbi: ascoltare e fare), ma qui non ci sono bianche gonne che ipnoticamente ruotano all’infinito, qui ci sono corse circolari, stasi, soli, corpi che ricorrono la musica sempre presente, come se la ritmica percussiva dal vivo di Philippe Foch (che ha composto la musica insieme a Mathias Delplanque) rappresenti la struttura guida di questa suggestiva ragnatela di corpi. Eppure le danzatrici e i danzatori diretti dalla polacca Katarzyna Gdaniec e dall’italiano Marco Cantalupo non puntano alla perfezione stilistica, né tantomeno alla levigata unità, talvolta sono ruvidi o addirittura poco precisi in certe improvvisazioni (mirabilmente catturate dentro la rete di una struttura molto accurata) ma hanno una splendida comunicatività, con il pubblico e nelle relazioni interne, detonante, come i floorwork iniziali che esplodono in sorprendenti salti; o come nei cerchi in cui un performer sfida gli altri, ma non per una banale battaglia, per contagiare con il movimento, in una scossa che riverbera anche nel pubblico sistemato sui tre lati della pedana. (Andrea Pocosgnich)

Visto al Teatro IndiaFuori ProgrammaIdea e coreografia: Katarzyna Gdaniec e Marco Cantalupo
Musiche originali: Mathias Delplanque, Philippe Foch Con: Aude-Marie Bouchard, Csaba Varga, Cindy Villemin, Martin Angiuli, Lia Ujčič, András Engelmann, Bonni Bogya, Enzo Blond Luci: German Schwab Costumi: Geneviève Mathier Amministrazione: Françoise Oehrli Comunicazione: Asia Cantalupo Coproduzione: Compagnie Linga, l’Octogone – Théâtre de Pully

Cordelia, luglio 2024

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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