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HomeCordelia - le RecensioniSEMPRE VERDE (di Caroline Baglioni, Michelangelo Bellani)

SEMPRE VERDE (di Caroline Baglioni, Michelangelo Bellani)

Questa recensione fa parte di Cordelia, maggio 2023

Giallo Giuman

Catasta (di scarpe), cassa (di bottiglie), pile (di libri). Nomi collettivi, a indicare un “uno” eternamente moltiplicato, in pieces, movimentato. Caroline Baglioni maneggia oggetti, nella Trilogia dei legami. Dopo Gianni e Mio padre non è ancora nato, anche in Sempre verde (diretto da Michelangelo Bellani e scritto a quattro mani) il perimetro domestico è alluso per mezzo dell’oggetto quotidiano e molteplice (i libri, stavolta) che pretende la ripetitività, ma anche l’eversione, del gesto. Se nei primi due lavori Baglioni dominava in solitaria la scena – a significare, forse, il primato individuale della memoria – stavolta il suo corpo è contrappuntato da quello, agile e denso, di Christian La Rosa. Sono sorella e fratello, forse Antigone e Polinice, dei quali leggono, forse Gretel e Hänsel, per il sentimento oscuro che anima la peripezia, ma anche un po’ Vladimir ed Estragon, per la simbiosi alienata e dolente nella quale galleggiano. Forse due quasi-trentenni, simili a tanti altri quasi-trentenni. I libri saranno anche oggetti sacrificali, baluardi crollati, piccoli totem da contrapporre ai loro tabù: quelli dettati dall’ambivalenza, dalla lunga distanza (lui appare di ritorno, lei non si è mai mossa), dal pudore nudo della vicinanza. La geometria del rapporto cielo/terra (due ampi pannelli luminosi che si fronteggiano) è scossa dai movimenti degli interpreti (curati da Lucia Guarino) che sono inediti, disorientanti, infrangono e ricompongono di continuo, con naturalezza, il nesso tra segno e simbolo, sorvolano il realismo eppure, a tratti, lo riconvocano, come un’evidenza. È raro cogliere, nella parola e nella carne, la verità così disarmata, ma plurima, della relazione tra infanzia e adultità: intermittenti, mutevoli, di fatto sempre compresenti.
La costruzione per quadri, scomponendo il legame, offre la possibilità di osservarlo isolandone piccoli istanti, destinati altrimenti a collocarsi in un flusso: proteggendoli, quindi, dall’impostazione retrospettiva e ordinatrice della mente che ricorda e non concedendoli, forse, neppure al rimpianto. Non prima, almeno, che si sia esaurito il loro palpito. (Ilaria Rossini)

Visto al Teatro Morlacchi – Crediti: di Caroline Baglioni e Michelangelo Bellani; regia Michelangelo Bellani; con Caroline Baglioni, Christian La Rosa; luce Gianni Staropoli; spazio Michelangelo Bellani e Gianni Staropoli; aiuto regia Marianna Masciolini; drammaturgia del movimento Lucia Guarino; progetto impianto audio Valerio Di Loreto;musiche originali Francesco Federici; produzione Baglioni/ Bellani; con il sostegno di Teatro Stabile dell’Umbria residenze Centro Umbro Residenze Artistiche/Centro Teatrale Umbro; si ringrazia Spazio Zut, Teatro Fontemaggiore per gli spazi, Daria Deflorian, Attilio Scarpellini per il dono dei libri, Umbria Kinetics per la realizzazione tecnica.

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Ilaria Rossini
Ilaria Rossini
Ilaria Rossini ha studiato ‘Letteratura italiana e linguistica’ all’Università degli Studi di Perugia e conseguito il titolo di dottore di ricerca in ‘Comunicazione della letteratura e della tradizione culturale italiana nel mondo’ all’Università per Stranieri di Perugia, con una tesi dedicata alla ricezione di Boccaccio nel Rinascimento francese. È giornalista pubblicista e scrive sulle pagine del Messaggero, occupandosi soprattutto di teatro e di musica classica. Lavora come ufficio stampa e nell’organizzazione di eventi culturali, cura una rubrica di recensioni letterarie sul magazine Umbria Noise e suoi testi sono apparsi in pubblicazioni scientifiche e non. Dal gennaio 2017 scrive sulle pagine di Teatro e Critica.

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