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Ci conosciamo già, al Teatro Petrolini, inscena la fiducia nei giovani per il recupero dell’individuo. #sponsor

Un gruppo di under 30 che inscena il proprio tempo su un testo contemporaneo, qual è Ci conosciamo già dell’autore, regista e noto podcaster Filippo Ruggieri a cinque anni dal debutto con Solo, dove raccontò i problemi pratici ed emotivi delle realtà carcerarie italiane. Torna in scena con una nuova prospettiva sociale per mostrare il mondo delle comunità di recupero per tossicodipendenti, sia per com’è, sia per come dovrebbe essere ai suoi occhi. Cinque i personaggi che presteranno voce, cuore e talento a un testo che coinvolge e mette a nudo il pubblico tra prosa e poesia nel giorno di ricorrenza delle famose Idi di marzo, quando Giulio Cesare pronunciò le celebri parole “Persino tu, Bruto, figlio mio.” Come in quel caso tra i personaggi non c’è un rapporto di sangue diretto ma ci sono ruoli che sanno di famiglia per chi sembra non averne una, ci sono sentimenti che ambiscono all’amore ma si scontrano con le difficoltà dell’amare.
Il cast vede nomi del cinema e del teatro emergente italiano, come Carola Grilli, unica quota rosa dello spettacolo che vedremo al cinema affianco a Ricky Memphis nei prossimi mesi ne “Il Grande Boccia” di Karen Di Porto. Renato Curo e Jacopo D’Amore, reduci dal set di Lovita per il regista Vito Vinci. Protagonista e mattatore della serata sarà Nicola Quaranta, dalla sua Calabria, mentre in rappresentanza dell’Abruzzo in cui è ambientata la storia c’è Alberto De Berardinis al suo debutto teatrale in Capitale.

Ci conosciamo già
15 marzo 2023
Teatro Petrolini, via rubattino 5, Roma.
Testo e regia Filippo Ruggieri
Cast Renato Curo, Nicola Quaranta, Alberto De Berardinis, Jacopo D’Amore, Carola Grilli

Trama:
Enrico è un operatore sociale che lavora nella struttura di recupero per tossicodipendenti di Pescara, conosciuta come la realtà con il più alto tasso di recidiva del paese. Quando un giovane fuggitivo gli chiede asilo, si ritrova a dover fare i conti con i suoi fantasmi, mettendo la sua carriera e l’intera organizzazione in serio pericolo.

Nota dell’autore:
La scrittura in chiave teatrale dell’opera è il superamento dell’opera stessa che dopo la visione della messa in scena o della lettura della sceneggiatura diventa un’occasione di approfondimento. La narrazione editoriale richiede una prospettiva più chiara agli occhi del lettore, lo accompagna in ogni passo, anche in quelli più sicuri, come fa un genitore protettivo. Il teatro invece non perde mai la sua nobiltà, soprattutto oggi che i più “maligni” lo spacciano per defunto (io stesso in svariate occasioni). Guarda il pubblico da lontano, senza intervenire, da fiducia e responsabilità a chi sente la necessità di una risposta, agli interpreti, ai personaggi, ai loro valori, al messaggio dell’autore, ai viaggi che lo attraversano. Il solo immaginarlo con il suo silenzio ci rende partecipi della sua verità. Per questo, pur sottraendo informazioni e tagliando aspetti di narrazione che valgono sicuramente la pena d’esistere in un romanzo, mi sento di poter dire io stesso di aver compreso il mio messaggio e apprezzato a pieno il mio lavoro solo davanti all’idea della rappresentazione. Nel mondo che vorrei lasciare un giorno lontano da questo: i teatranti prosperano sazi in pancia e nel cuore, testimoni di un mondo intero che passa tra una parola e l’altra, indossando vestiti confezionati dal sarto di Dio.

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