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Ipercorpo 2019. Pratiche di reazione

Il festival Ipercorpo giunge alla sua XVI edizione dal titolo “La pratica quotidiana”. Un riflessione sui cambiamenti in atto tra sodalizi rinnovati e aperture a nuovi progetti.

Audiario. Gandini e Fabbri. Foto Gianluca Naphta Camporesi

Reagire al contesto: questa è stata la spinta motrice che ha contraddistinto, in maniera determinante, il lavoro del collettivo di artisti, organizzatori e tecnici di Città di Ebla per la XVI edizione di Ipercorpo, Festival Internazionale delle arti dal vivo, il cui tema quest’anno è racchiuso nel titolo La pratica quotidiana. Una decisa presa di posizione testimoniata dalle parole del direttore artistico Claudio Angelini, il quale ribadisce come sia indispensabile tenere sempre conto delle condizioni date: «Che cosa fai tu con esse e cosa fanno loro per te». «Ci siamo innamorati di uno spazio anni fa – ha aggiunto Angelini – e nonostante la percezione iniziale di essere un’astronave atterrata dall’alto, abbiamo cercato di premere sui confini del territorio (come recitava il titolo dell’edizione 2011, ndr) e entrare in contatto con realtà con le quali consolidare relazioni e dialogo». Costretto ad abbandonare per questa edizione la propria sede dell’ex deposito ATR di Forlì a causa di lavori di manutenzione che renderanno inagibile lo spazio per il prossimo anno e mezzo, Ipercorpo è stato accolto nella Chiesa di San Giacomo e nell’Oratorio di San Sebastiano, in prossimità del centro storico.

Generazione gLocale. Zona K. Foto Gianluca Naphta Camporesi

Un trasferimento di salvataggio avvenuto nei primi mesi dell’anno, quando il cartellone era già stato ultimato, comportando l’adattamento dell’intera organizzazione che ha dovuto in extremis “incastrare” spettacoli, concerti, installazioni, laboratori (e i relativi allestimenti) in un luogo dal forte impatto scenografico che sarebbe potuto essere sfruttato maggiormente se ci fosse stato un maggiore preavviso. Considerate dunque le suddette condizioni, Ipercorpo, a suo modo, si è inserito nel nuovo luogo di passaggio mantenendo una relazione coi partner storicizzati della città di Forlì e con quel vivido entroterra culturale di artisti e di associazioni che lo abitano.

Riconoscibilità che va di pari passo con un mutamento in atto, con il succedersi di edizioni che difendono una linea di coerenza, pagando anche la mancanza di clamore rispetto ad altre realtà festivaliere dello stesso periodo. «Ipercorpo è profondamente cambiato, nell’estensione temporale, nelle aperture alla dimensione urbana e internazionale, che vuole unire e generare incontri, inaugurando anche una grande festa per i bambini e le loro famiglie». Così recita la presentazione che spiega il rapporto con il Centro di Produzione Teatrale Accademia Perduta Romagna Teatri grazie al quale l’intera sezione Family del cartellone dello Stabile Diego Fabbri si è concentrata in una giornata del festival a essa dedicata. Ma non solo, grazie a Kid’s House, 40 ore di laboratorio curate da Renzo Francabandera e Michele Cremaschi che consolidano in una nuova forma il rapporto intercorso da tre anni con ACER (Azienda Case Emilia Romagna), i bambini di quartiere sono stati i piccoli artefici di un’installazione colorata e curiosa, stimolati a ragionare sulla propria idea di casa, dove viverci secondo proprie regole e costruendola poi praticamente con l’aiuto dei conduttori.

Generazione gLocale. Zona K. Foto Gianluca Naphta Camporesi

Gli adolescenti e i giovani di seconda generazione sono stati invece i protagonisti del format Generazione gLocale ideato da Zona K, diretto da Andrea Ciommiento con la supervisione di Roger Bernat. Un momento inclusivo frutto di un «laboratorio finalizzato innanzitutto alla costituzione di un rapporto di fiducia che leghi insieme la tribù locale creata» – come ci racconta Ciommiento – e che durante la restituzione serale ha visto il coinvolgimento di un folto pubblico e stimolato la curiosità dei passanti; una dimensione ludica costruita attraverso una drammaturgia corale agita dagli adolescenti della Coop Dialogos. Le istruzioni sulle modalità di partecipazione e fruizione della performance interattiva vengono comunicate agli spettatori tramite l’utilizzo di cuffie grazie alle quali il pubblico gradualmente si percepirà parte del gioco e inserito nella squadra avversaria a quella dei ragazzi/attori. Il singolo partecipante sarà sollecitato da cartelli e da una serie di domande alle quali risponderà facendo un passo indietro o avanti a seconda che la risposta sia negativa o positiva. Il dispositivo, dopo Milano (territorio dove opera Zona K), ha attraversato diverse città e coinvolto diverse generazioni di ragazzi puntando il focus sull’aspetto glocal dell’operazione, sul confronto con una pratica che, anche se riproposta di volta in volta come modello, attiva dinamiche sempre nuove di scambio e di confronto di tipo collettivo e processuale, e restituisce di ciascuna città che attraversa il profilo comunitario.

Kid’s Houses. Renzo Francabandera e Michele Cremaschi. Foto Gianluca Naphta Camporesi

Kid’s House e il progetto di Zona K sono azioni programmatiche che appartengono a quel percorso di cura e costruzione di comunità che pertiene alla riconoscibilità di Ipercorpo, e alle modalità con cui la direzione artistica si confronta con l’oggi. Parallelamente, vi è un procedimento selettivo che sceglie di fortificare sodalizi artistici come quelli con Claudia Castellucci, attraverso lo spettacolo di apertura Il trattamento delle onde, e con i workshop di gruppo nanou e di Muta Imago. Corredi identitari del festival sono le sezioni di arte e musica: la prima – che dà il titolo all’edizione – è curata da Davide Ferri e pensata quest’anno come un luogo di studio, meno incisivo e ricco di stimoli rispetto a quello dell’edizione precedente, nel quale gli artisti coinvolti (Bekhbaatar Enkhtur, Marta Mancini, Gabriele Picco, Federico Pietrella, Alessandro Sarra) hanno potuto condividere durante i giorni del festival la loro pratica quotidiana contaminandola reciprocamente attorno a un grande tavolo posto al centro dell’oratorio di San Sebastiano. Bozzetti, disegni, tavole, pagine di appunti e pensieri in divenire testimoniano la stratificazione di uno scambio, del tempo e del suo segno. La programmazione musicale, curata da Davide Fabbri e Elisa Gandini, si è articolata in tre concerti, tra i quali l’ipnotica performance del musicista e compositore Andrea Belfi che al flusso sonoro dell’assolo di batteria fonde la propria presenza scenica, in un dialogo organico tra corpo e sonorità elettroacustiche. A questi si aggiunga inoltre l’installazione dal titolo Audiario: una ventina di brevi biografie sonore che racconta un ordinario venerdì di aprile e che è stata richiesta dai curatori stessi ad amici e collaboratori. Pratica di raccolta seriale finalizzata a comporre un denso e diversificato “audio mosaico” dalla circolarità narrativa, al quale dedicare lo sforzo di una fruizione consapevole e di un tempo di presenza.

Contigo. Joao Paulo Dos Santos. Foto Gianluca Naphta Camporesi

Seppur nelle particolari differenze, due lavori che possiedono una precipua natura divulgativa e inclusiva sono lo spettacolo Birdie del collettivo spagnolo Agrupación Señor Serrano – il quale invade la Chiesa di San Giacomo con un dispositivo di sintesi tra la virtual reality e l’installazione performativa, instillando una riflessione sulla paura e i simboli che le attribuiamo – e Contigo, scrittura coreografica ibridata dagli stilemi del circo e creata dall’acrobata Joao Paulo Dos Santos insieme al danzatore Rui Horta. Nonostante il linguaggio del primo abbia un afflato maggiormente politico e il secondo possegga invece la “classica” impostazione circense del palo cinese posizionato all’aperto e dialogante con la piazza, entrambi gli spettacoli (scelti da Angelini insieme alla co-direzione di Mara Serina) stipulano un patto con lo spettatore che non può prescindere dalla relazione con la comunità astante e la sua attiva reazione. Quella di Ipercorpo è un’azione semmai in disparte e silenziosa ma progressiva e territorialmente mirata, attenta alla complessità e mossa da un’estetica relazionale comprendente il processo, la dimensione laboratoriale e, non in ultimo, la fedeltà e il rispetto alla tematica scelta per ogni edizione, la quale non condiziona né limita, ma include e apre all’inatteso multidisciplinare.

Lucia Medri

Ipercorpo, Forlì – giugno 2019

KIDS’ HOUSES

un progetto di Renzo Francabandera, Michele Cremaschi, Michela Mastroianni

produzione Festival Ipercorpo 2019

in collaborazione con Comune di Forlì, ACER Azienda Casa Emilia Romagna, ATRIUM-Rotta Culturale Europea

conduzione laboratori Renzo Francabandera, Michele Cremaschi, Michela Mastroianni

LA PRATICA QUOTIDIANA

a cura di Davide Ferri

assistenza curatoriale Francesca Bertazzoni

interventi di Bekhbaatar Enkhtur, Marta Mancini, Gabriele Picco, Federico Pietrella, Nazzarena Poli Maramotti, Alessandro Sarra

GENERAZIONE GLOCALE

spettacolo interattivo con l’uso di cuffie audio wi-fi

idea e progetto ZONA K

regia Andrea Ciommiento

supervisione Roger Bernat

creazione Collettivo gLocale Forlì

in collaborazione con Ipercorpo 2019, Coop. DiaLogos

CONTIGO

di Joao Paulo Dos Santos e Rui Horta

con Joao Paulo Dos Santos

musiche Tiago Cerqueira e Vitor Joaquim

costumi Pedro Dos Santos

disegno luci Rui Horta

produzione Scènes de Cirque

coproduzione O Último Momento, Festival d’Avignon 2006, SACD/Le Sujet A Vif

con il sostegno di O Espaço do Tempo, Montemor o Novo (Portugal)

la compagnia O Último Momento è sostenuta da Culturesfrance

AUDIARIO

a cura di Elisa Gandini e Davide Fabbri

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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