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HomeArticoliTeatro Akropolis. Pragma e filologia del mito che resiste

Teatro Akropolis. Pragma e filologia del mito che resiste

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La Compagnia Teatro Akropolis presenta in prima nazionale Pragma. Studio sul mito di Demetra, inserito nella IX edizione del festival multidisciplinare Testimonianze ricerca azioni e preceduto dalla presentazione del libro Ivrea Cinquanta. Mezzo secolo di Nuovo Teatro in Italia 1967-2017 (AkropolisLibri, 2018). Una riflessione.

 

IL PRESENTE DI IVREA 50 SECONDO IL LABORATORIO AKROPOLIS

Se «del teatro d’arte non frega più niente a nessuno, ditemi voi a chi può fregare dei libri di teatro?». Nostalgia tranchant e provocatoria, schietta nei termini, sincera nella sua informalità: il professore ordinario Marco De Marinis apre così il proprio intervento alla presentazione del volume Ivrea Cinquanta. Mezzo secolo di Nuovo Teatro in Italia 1967-2017, edito nel 2018 da AkropolisLibri, atti del convegno che lo scorso anno celebrava il cinquantenario di quelle giornate storiche, dense di ridefinizioni programmatiche e futuribili alternative rispetto allo stato del teatro. AkropolisLibri, vincitrice del Premio Ubu 2017 nella categoria Progetti Speciali, non è solo la casa editrice del testo ma è anche, e soprattutto, il “presidio editoriale” della compagnia Teatro Akropolis, da dieci anni guidata da Clemente Tafuri e David Beronio. Avente come finalità il «ribaltamento nel presente dell’esperienza fondativa di Ivrea», afferma Beronio, la raccolta degli atti del convegno si aggiunge come un ulteriore tassello all’attività filologica di Teatro Akropolis, giunta alla IX edizione di Testimonianze ricerca azioni, unico festival multidisciplinare riconosciuto dal MiBAC nella Regione Liguria.

Ferita dal crollo del Ponte Morandi, una delle più importanti arterie di comunicazione, la tentacolare e polverosa Genova soffre altresì di disposizioni di politica culturale finalizzate all’accorpamento dei luoghi di ricerca teatrale; situazione instabile nella quale è piuttosto coraggioso riuscire a mantenere una progettualità coerente e continuativa. In questo orizzonte, quella di Akropolis è a tutti gli effetti «un’utopia realizzata e Clemente e David sono degli eroi», afferma nell’intervento De Marinis, il quale introduce anche il suo ultimo lavoro: Ripensare il Novecento teatrale. Paesaggi e spaesamenti, edito da Bulzoni nel 2018. La complicità che lega i due direttori artistici alla ricerca del docente è sempre stata tratto distintivo dell’attività della compagnia: un «momento di incontro dialettico in grado di innervare tanto il lavoro interno che quello esterno». Portando in rassegna i temi affrontati durante il convegno Ivrea Cinquanta (qui un approfondimento curato da Roberta Ferraresi per Doppiozero), «ci si accorge del valore di rilancio artistico sociale che quelle istanze continuano ad avere rispetto al momento storico che stiamo vivendo» e, prosegue Tafuri, «la loro notorietà non corrisponde alla conoscenza che se ne ha di esse, la quale tende sempre più alla dispersione».

Teatro Akropolis si conferma dunque un “laboratorio resistente” di creazione, e di interrogazione, di un archivio storico rispetto al quale il senso di responsabilità della comunità teatrale dovrebbe procedere parallelamente. In realtà il paradigma di indagine sembra virare oggi verso ben altre tematiche, che si allontanano dalla dimensione politico-sociale e si rifugiano in quella intima e individuale (qui l’analisi di Alessandro Iachino rispetto all’autorialità dei giovani coreografi). «La generazione attuale non riflette su se stessa, non si interroga su ciò che sta facendo», ha sottolineato il critico Walter Porcedda durante l’incontro. A queste parole possiamo aggiungere che, nonostante l’evidenza di uno scarto generazionale, si dovrebbe forse posizionare questa stagnazione non tanto nell’indifferenza verso la memoria storica, quanto piuttosto nella dimensione odierna totalmente solipsistica e virtuale nella quale è confinato l’artista. Il percepirsi parte di una collettività è cambiato, se prima era imprescindibile l’appartenenza a una dimensione politica manifestata nei convegni e nei raduni, oggi quella stessa comunità è disgregata e ciascuno pare prendere parte all’azione singolarmente e in autonomia rispetto all’altro. In questo panorama, anche la critica si ripensa e si reinventa, si allontana dalla figura dell’intellettuale tout court ed è ora intenta a riattivarsi nell’era dell’accesso e dell’agorà virtuale: il contagio delle idee è volatile, plasma i ruoli in forme ibride sollecitate da una molteplicità di stimoli la cui fissazione e conseguente azione sembrano non passare più, o non solamente, attraverso l’indagine filologica.

DALLO STUDIO FILOLOGICO ALLA PRASSI SCENICA. UNA VISIONE

Foto Marco Longo

Il viaggio verso Teatro Akropolis, alla periferia di Genova e percorrendo le vie di una città che non si lascia attraversare, conduce all’incontro con una metodologia che si comunica non solo attraverso seminari, incontri o presentazioni, ma anche attraverso la prassi scenica, la quale veicola la trasmissione della memoria e la sua fruizione in uno spazio tempo che fa del genius loci il proprio tratto distintivo e imprescindibile. Pragma. Studio sul mito di Demetra è il nuovo spettacolo di Teatro Akropolis presentato in prima nazionale durante questa edizione del festival. In questo, lo studio sulla dialettica delle fonti – nello specifico orfiche, eleusine e sugli studi filosofici di Colli, Kerényi e Nietzsche – trova applicazione pratica sulla scena totalmente buia e trafitta da un fascio di luce obliquo, a tagliarla come fosse uno squarcio nella terra, fenditura nella quale si mostreranno gli interpreti Domenico Carnovale, Luca Donatiello, Aurora Persico e Alessandro Romi. Sintesi dei tre nuovi progetti inaugurati quest’anno dalla compagnia relativi alla danza Butoh, al circo contemporaneo e alle danze tradizionali e popolari del Sud Italia, Pragma è il frutto della «rielaborazione di frammenti antichi in presenza del corpo in scena, attraverso le danze arcaiche e il potere archetipico della visione tragica».

Foto Marco Longo

Un lavoro di selezione condotto dai registi Tafuri e Beronio insieme agli attori, in grado di dispiegare sulla scena immagini del mito fondativo della cultura antica, in cui il mistero della rigenerazione trova risposta nell’alternarsi di vita e morte e dell’eterno ritorno delle stagioni. Demetra, dea della terra, rincontra Persefone che, dopo il rapimento da parte del dio degli inferi Ade, torna in superficie ciclicamente portando con sé il ricordo della morte; l’incontro tra Demetra – che abbandona il gelo della disperazione grazie alla danza dell’osceno e del riso di Baubò affermando il proprio culto – e Persefone rende possibile l’alternarsi del ciclo delle stagioni, del loro morire e fiorire imperituro.

Si assiste così a un lavoro che trova nel luogo che lo produce una sua specificità e precipua finitudine: una mancanza? Un difetto? Una perdita? Probabilmente, oppure no. Quella di Tafuri e Beronio è una rappresentazione che precede il logos, terrigna nella sua sensualità, cupa nel suo palesarsi attraverso i corpi degli interpreti, i quali sono presenze fisiche abili e precise nella cura del gesto e nella definizione di un momento teatrale che segue quello di studio. Pragma è sospesa e pura immagine che fonda però le proprie radici nella tumultuosa terra; da qui l’articolazione di una gestualità in cui mani, gambe e piedi sono preminenti e che si lascia infiammare dalla malia della pizzica salentina. I volti nascosti non lasciano trasparire espressione alcuna, i costumi nella loro neutralità non tracciano segni di contingenza con il reale. Prassi scenica inscritta in un tempo non definito, dove la temporalità del mito si estranea dal contesto presente e si confina in una dimensione che è quasi una sorta di “sovratempo”.

Lucia Medri

Teatro Akropolis, Genova – novembre 2018

PRAGMA. STUDIO SUL MITO DI DEMETRA

regia Clemente Tafuri e David Beronio
con Domenico Carnovale, Luca Donatiello, Aurora Persico, Alessandro Romi
Produzione Compagnia Teatro Akropolis

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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