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Birdie e il volo sul reale di Agrupación Señor Serrano

Al Romaeuropa Festival la compagnia catalana presenta Birdie, dalla fotografia di Josè Palazon a Gli uccelli di Hitchcock. Recensione

foto Pasqual Gorriz

«In Birdie parliamo delle migrazioni, però in tutto lo spettacolo non si vedono migranti o rifugiati: sono animali, uccelli, notizie di giornali. Affrontiamo l’argomento facendo un passo indietro per avere una certa distanza, per non lasciarci trasportare dalle emozioni che quel tema ci provoca, provandolo a capire nella sua complessità» (qui l’intervista completa curata da Doriana Legge). C’è una sincerità di fondo nell’operazione artistica della compagnia Agrupación Señor Serrano, che con lo spettacolo Birdie parte dalla fotografia scattata da Josè Palazón a Melilla, enclave spagnola sulla costa mediterranea settentrionale dell’Africa, e arriva a stendere un trattato visionario sulla migrazione; lo scatto ritrae il paesaggio del 15 ottobre 2014, quando su una partita di golf in territorio spagnolo si stagliavano all’orizzonte quindici migranti appesi a una recinzione, neri e minacciosi come i corvi che nel film di Alfred Hitchcock Gli uccelli terrorizzavano Melanie fuori dalla scuola. Birdie, uccellini, o anche parola che descrive un “punteggio inferiore di un colpo rispetto al par” nel golf. L’accostamento semantico, psicologico, è da manuale.

foto José Palazón

Il linguaggio adottato da Serrano continua, riconoscibile e riconosciuto, nell’ironico mash-up di metafore, in una sezione aurea di immagini e giustapposizioni, affidando la narrazione all’operazione live di regia video, e soprattutto allo svelamento del processo che porta alla costruzione dell’immagine. Armati di telecamere, i manipolatori si aggirano sulla scena disseminata di duemila animali in miniatura, riprendendoli e riproducendoli sul fondo in proiezione, alterando di questa artigianalmente l’effetto o integrandola con un montaggio in tempo reale ad opera del regista/VJ presente in scena, vero demiurgo dell’operazione.
Di quel prisma creato in A house in Asia composto dagli oggetti, dalla trasposizione dell’immagine proiettata e dalla presenza dei performer in scena manca stavolta la terza dimensione. I tre performer si dedicano alle operazioni di regia live, ma non “performano”, a eccezione dell’ultima scena durante la quale un attore con una felpa rossa (identica a quella di uno dei migranti della foto) ci offre le spalle mentre delle ventole ci suggeriscono la sensazione dello spostamento. Ma l’impatto è debole.

Oltre alla qualità del progetto stupisce però la potenza grazie alla quale rimaniamo a guardare lo spettacolo, ammaliati dalla capacità della compagnia di traslare il linguaggio visivo del teatro d’oggetti non più semplicemente su dei pupazzi ma su quella che è la materia che teniamo oggi quotidianamente tra le mani: l’immagine digitale. Ancora una volta increduli, come bambini davanti a marionette, ci rendiamo conto stavolta di essere burattini noi stessi.
Il risultato estetico è impeccabile, la sala del Teatro Vascello, che ospita lo spettacolo per Romaeuropa festival, è piena e ne gode. Mentre seguo la marcia di orsetti polari e papere sotto una neve creata da un colino, mi torna però in mente Melilla e il documentario Les sauteurs (di Abou Bakar Sidibé, Moritz Siebert, Estphan Wagner, Danimarca 2016): i registi consegnarono una telecamera a uno di quei migranti che, partiti dal monte Gurugù, avrebbero scavalcato la recinzione per entrare nell’Eldorado d’Europa, descrivendo in maniera semplice, autentica, spietata, l’argomento della foto di Josè Palazon.

LES SAUTEURS_trailer_ ZaLab_sub ita_h264 from ZaLab on Vimeo.

Mi chiedo allora se convinca in fondo la scelta di criticare la mancanza di analisi e la manipolazione messa in atto dalla società odierna con un ulteriore gioco di specchi, continuando a piegare la realtà all’intrattenimento colto.
Quando la migrazione torna a essere condizione archetipica dell’essere umano, se ne perde forse il contesto, processo necessario di relativizzazione che permette all’uomo di intervenire criticamente sul fenomeno. Quel contesto che ci porterebbe a chiedere, prima della provenienza del campo da golf, ma perché c’è una recinzione spagnola, fortificata, pagata dalla Comunità Europea, in Marocco? Dopo la migrazione dei dinosauri e degli orsi polari, dopo la marcia dei pinguini, perché migliaia di persone provano a superare quel confine, e quella mattina solo quindici riuscivano ad andare oltre le prime due reti rimanendo appesi su una recinzione? Perché l’assedio della polizia spagnola da una parte e  le file di quella marocchina dall’altra?

foto Ariane Cuminale

L’immagine dello spettacolo si muove così sulla pallina da golf che, proiettata sul fondo, si sdoppia, si moltiplica, in un movimento sinusoidale a emulare poi un’orbita e a trasformarsi in globo terrestre; l’illusione dell’informazione si trasforma nell’immagine che possiamo avere del mondo. Per tutti è “birdie”, cadiamo nella buca addirittura un colpo prima. Poi è tempo di smontare la scena e, mentre i registi ripongono le migliaia di pupazzi nelle cassette, lo spettacolo continua in delega, affidato a una voce e alla lettura dei sottotitoli, probabilmente l’unico momento meno spettacolare dell’operazione.
Perché tutto, davvero, funziona e stupisce. Sarà questa necessità che abbiamo di sublimazione, di ri-creazione. Eppure, pensando a Melilla, l’unico effetto che sembra mancare a Birdie, gioiello di associazioni tra genio creativo e manipolazioni video, è un vero e semplice zoom che restituisca, prima di sublimarlo nella metafora, il reale.

Luca Lòtano

Uno spettacolo di Agrupación Señor Serrano
Ideazione Àlex Serrano, Pau Palacios, Ferran Dordal Interpreti Àlex Serrano, Pau Palacios, David Muñiz
Voce Simone Milsdochter
Responsabile del progetto Barbara Bloin
Luci, Video Alberto Barberá
Suono, Colonna sonora Roger Costa Vendrell
Creazione video Vicenç Viaplana
Modelli in scala Saray Ledesma, Nuria Manzano
Costumi Nuria Manzano
Assistente di produzione Marta Baran
Consulenza scientifica Irene Lapuente, La Mandarina de Newton
Consulente del progetto Víctor Molina
Produzione Grec 2016 Festival de Barcelona, Agrupación Señor Serrano, Fabrique de Théâtre – Service des Arts de la Scène de la Province de Hainaut, Festival TNT – Terrassa Noves Tendències, Monty Kultuurfaktorij, Festival Konfrontacje Teatralne Sostegno Cultural Office of Spain’s Embassy in Brussels, Departament de Cultura de la Generalitat de Catalunya, Centre International de Formation en Arts du Spectacle de Bruxelles, Instituto Nacional de las Artes Escénicas y la Música (INAEM), Institut Ramon Llull
Sponsor degli animali in miniatura Safari Ltd Foto © (da sinistra) Pasqual Gorriz, Roger Costa Vendrell

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Luca Lòtano
Luca Lòtano
Luca Lòtano è giornalista pubblicista e laureato in giurisprudenza con tesi sul giornalismo e sul diritto d’autore nel digitale. Si avvicina al teatro come attore e autore, concedendosi poi la costruzione di uno sguardo critico sulla scena contemporanea. Insegnante di italiano per stranieri (Università per Stranieri di Siena e di Perugia), lavora come docente di italiano L2 in centri di accoglienza per richiedenti asilo politico, all'interno dei quali sviluppa il progetto di sguardo critico e cittadinanza Spettatori Migranti/Attori Sociali; è impegnato in progetti di formazione e creazione scenica per migranti. Dal 2015 fa parte del progetto Radio Ghetto e sempre dal 2015 è redattore presso la testata online Teatro e Critica.

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