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HomeProgrammazioneCartelloni TeatriTeatro Piccolo Eliseo di Roma Stagione 2014 - 2015

Teatro Piccolo Eliseo di Roma Stagione 2014 – 2015

TEATRO PICCOLO ELISEO PATRONI GRIFFI
Stagione teatrale 2014 / 2015

 

22 ottobre | 2 novembre 2014
SIMONE MONTEDORO
STORIE D’AMORE CON PENA DI MORTE
Scritto e diretto da MARCO COSTA
Produzione Fmf Cinematografica

Giovani, carini e infervorati. Artico Fontana, un brillante copyrighter sex addicted e il suo migliore amico Sanni Giacchino, noto chef che conduce una fortunata trasmissione televisiva di cucina, vanno a cena con Mia Montini e Frida Mattioli, rispettivamente una redattrice dello spettacolo con velleità di saggista ed un’attrice di fiction bipolare e psicofarmizzata. Da quella sera tutto cambia.
Un anno dopo Sanni e Frida, innamorati e conviventi, sono sull’orlo di una crisi di nervi, mentre Artico e Mia, rincontratisi per caso ad un evento mondano, instaurano una vertiginosa relazione sessuale condita di cinismo che li porterà verso la catastrofe.
Le vicende tragicomiche e iperreali delle due coppie turbolente generano un affresco disperato e esilarante dell’impossibilità di amarsi nell’epoca del selfie, offrendo una spietata riflessione sulle dinamiche sentimentali delle nuove generazioni, sulla loro social solitudine, sui meccanismi della persuasione, sulla decadenza morale e la mancanza di coscienza. Il sesso è dappertutto. La caccia è aperta.

DNA 2014 – DANZA NAZIONALE AUTORIALE
5 novembre Romaeuropa Festival

CLAUDIA CATARZI
SUL PUNTO/2
Sul punto è una performance che dilatando il tempo reale dell’addormentamento si pone in una terra di confine in cui si intrecciano sogno, coscienza e inconscio, azione e passività.
Claudia Catarzi, coreografa a danzatrice toscana, ha lavorato con l’Ensemble di Micha Van Hoecke, con Dorky Park di Constanza Macras, Aldes di Roberto Castello, Ambra Senatore, Alessandro Certini, Michal Mualem, Yasmeen Godder, Iztok Kovač, Làszlò Hudi. Nel 2006 è stata invitata con Giacomo Sacenti al Festival Internazionale per Giovani Coreografi a Caracas, Venezuela.
Nel 2008 è ospite della compagnia Batsheva Dance Company di Ohad Naharin (Israele) e l’anno successivo a Choreoroam, un progetto di ricerca di Yasmeen Godder a Tel Aviv. Dal 2010 inizia a lavorare stabilmente con la compagnia Ambra Senatore e al contempo prosegue la collaborazione con Aldes e Company Blu. Nel 2011 crea il solo Qui, ora che presenta in vari festival italiani tra cui Fabbrica Europa, nell’ambito del progetto Emergenze! 2013.

ARNO SCHUITEMAKER
THE FIFTEEN PROJECT
ideato e coreografato da Arno Schuitemaker (in collaborazione con i danzatori)
con Manel Salas Palau, Mitchell – Lee Van Rooij
musica Wim Selles
luci Ellen Knops
costumi Judith Abels
un ringraziamento a Guy Cools

Il coreografo olandese da sempre interessato a questioni filosofiche ed esistenziali, è autore di performance in cui l’approccio sensoriale è prioritario. In The Fifteen Project | DUET – che nasce dalla sua fascinazione per la scienza dei neuroni specchio e dall’idea che attraverso i neuroni si possano scambiare azioni, emozioni ed esperienze – due uomini agiscono, intensamente concentrati nella loro fisicità sottile e ironica. Quasi senza sforzo passano dall’ordinario allo straordinario, esplorano e ricercano il contatto, s’interfacciano e pongono un’implicita questione al pubblico: come relazionarsi con l’altro?

ITAMAR SERUSSI
FERRUM
coreografia di Itamar Serussi
con Genevieve Osborne, Milena Twiehaus
musica Richard van Kruysdijk
disegno luci Ate Jan van Kampen
stage design Florian Verheijen
costumi Jorine van Beek
produzione Danshuis Station Zuid

Il coreografo israeliano, olandese d’adozione, Itamar Serussi con Ferrum presenta un duo in 5 parti ispirato al poema Seventh Dance dell’israeliano Hezy Leskly (1952 – 1994) pittore, coreografo e critico di danza che con i suoi quattro volumi (The Finger 1986, Addition and Subtraction 1988, The Mice and Lea Goldberg 1992, Dear Perverts 1994) ha segnato la poesia israeliana dell’ultima decade. In Seventh Dance, Hezy descrive con le parole l’azione del danzatore nello spazio, Itamar Serussi lo rielabora in un gioco raffinato di puro movimento.

7 novembre 2014 Romaeuropa Festival

MANFREDI PEREGO
IMPROVISATIONS ABSTRACT VIEW N.10
Nasce a Parma nel 1981, pratica diversi sport ed arti marziali sino all’incontro con la danza contemporanea. Nel 2006 consegue la Laurea in Progettazione per lo Spettacolo presso L’Accademia di Belle arti di Bologna con una tesi sull’improvvisazione nella danza.
Nel 2002 è borsista presso l’Accademia Isola Danza della Biennale di Venezia diretta da Carolyn Carlson. Dal 2003 ad oggi inizia a lavorare per diverse compagnie di danza e teatro-danza in Italia, Svizzera e Germania. In questi anni approfondisce lo studio del Floorwork e della Contact Improvvisation, quest’anno ricomincia lo studio marziale con una nuova disciplina la Capoeira.
L’obiettivo della classe è quello di sviluppare movimento e sequenze che prevedono il dinamico passaggio del corpo tra il pavimento e lo stare in piedi.

DANIELE NINARELLO
ROCK ROSE WOW
Concept e coreografia Daniele Ninarello
Performance Annamaria Ajmone, Marta Ciàppina e Daniele Ninarello
Drammaturgia Carlotta Scioldo
Musiche Mauro Casappa
Set Paolo Matteo Patrucco
Disegno luci Cristian Perria
Produzione Associazione Culturale CodedUomo.
Coproduzione Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee, Lavanderia a Vapore-Centro di eccellenza per la danza di Collegno (Torino), Balletto dell’Esperia/Palcoscenico Danza (Torino), Festival Interplay/Mosaico Danza (Torino), Electa Creative Arts (Teramo), Tanztendenz München (D).
Con il supporto del progetto DE.MO./MOVIN’UP II sessione 2012 con il sostegno di CDC-Les Hivernales (F).
Progetto vincitore del bando “Teatri del Tempo Presente 2013” promosso dalla Fondazione Piemonte dal Vivo/Circuito Regionale dello Spettacolo e MiBAC-Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Rock Rose WoW” tenta di scolpire il profilo di tre distinti corpi che insistono verso il proprio “ego” facendo “tutto ciò che possono” e riconoscendosi in un meccanismo che si ripete senza evolversi. In mostra silenziose rivoluzioni dietro le quali si celano, come sostegno invisibile, le pieghe grottesche dell’animo umano. Il gioco è ora leggero e fugace, ora crudo e feroce. Analizzando da diverse prospettive il tema della corsa alla realizzazione del sé e della costruzione della propria immagine, riflettiamo sulle molteplici personalità che si formano in noi, tutte differenti, e sulle infinite potenzialità sigillate e perse nel tempo. Il tentativo è di indagare questo territorio per tradurre sulla scena la paura che si trasforma in coraggio, dove il corpo si duplica, triplica per raccontare tracce di una caduta innocenza, celate dietro la necessità di essere importanti, per essere riconosciuti qui ed ora, lasciando affiorare il timore di non esistere negli occhi di chi osserva. L’insistere dei corpi e il loro perdersi nei molteplici tentativi che sembrano non arrivare a compiersi, evocano contratture diaframmatiche e la difficoltà di portare a termine un respiro. Rock Rose è un fiore che in natura tende ad aprire e chiudere la sua corolla molto velocemente evocando sensazioni d’instabilità e perdita di controllo, tipiche degli stati di panico. L’uso di Rock Rose permette di convertire la paura in coraggio e il panico in capacità di razionalizzare le situazioni.

12 | 23 novembre 2014
AMERIKA
di Franz Kafka
taduzione e adattamento di FAUSTO MALCOVATI e MAURIZIO SCAPARRO
regia MAURIZIO SCAPARRO
con UGO MARIA MOROSI GIOVANNI ANZALDO CARLA FERRARO GIOVANNI SERRATORE FULVIO BARIGELLI MATTEO MAURIELLO
musiche ispirate alla cultura yiddish della vecchia Europa e al jazz nero di Scott Joplin adattate da ALESSANDRO PANATTERI
eseguite dal vivo da ALESSANDRO PANATTERI, piano – ANDY BARTOLUCCI, batteria -SIMONE SALZA, clarinetto
scene EMANUELE LUZZATI riprese da FRANCESCO BOTTAI
costumi LORENZO CUTULI
movimenti coreografici CARLA FERRARO
regista assistente FERDINANDO CERIANI
organizzazione generale MELINA BALSAMO
produzione Compagnia Gli Ipocriti
in collaborazione con Fondazione Teatro della Pergola di Firenze

Karl Rossmann, giovane ebreo europeo, viene inviato in America come un pacco postale per sfuggire ad uno scandalo che lo vede coinvolto con una domestica. Deve raggiungere lo zio Jacob, un autentico “zio d’America” che deve trovargli un lavoro e una sistemazione. Ed è così che iniziano le tribolazioni del giovane uomo-cavallo (Ross – Man) in un’America che rivela già, nella visione fantastica ma sorprendentemente profetica di Kafka, i sui mali, le sue contraddizioni ma anche la sua dirompente vitalità. Al ritmo della musica jazz di Scott Joplin, lo spettacolo ripercorre, nell’adattamento di Fausto Malcovati e con la regia di Maurizio Scaparro, la storia dell’emigrante Rossmann, del suo viaggio, della sua vita errante in cerca di un benessere (il sogno americano?) che sembra sempre a portata di mano ma che rimane inafferrabile.
Lo spettacolo viene proposto, dopo la prima fortunata edizione del 2000, in occasione del semestre di Presidenza Italiana dell’Unione Europea.

26 novembre | 14 dicembre 2014
ALESSANDRO MARIO
VI PRESENTO JOHN DOE
Con Claudia Tosoni
Regia di FRANCESCO BELLOMO
Soggetto di Roberto Recchioni
Sceneggiatura di Mauro Graiani- Francesco Bellomo

JOHN DOE lavora per la Trapassati Inc, un’azienda che si occupa di gestire il decesso dei mortali. All’interno della struttura riveste un ruolo importante: lavora alle dirette dipendenze della morte. Dopo aver scoperto che alcuni componenti delle “alte sfere” , d’accordo con dei potenti della Terra, vogliono cambiare l’ordine naturale delle morti, provocando una Guerra batteriologica, decide di andare sulla Terra per far luce sulle vicende. Nel viaggio è accompagnato da Tempo, la sua assistente segretamente innamorata di lui. Ricorrendo allo stratagemma dello scambio di persona, si presenta in qualità di consulente aziendale alla famiglia di Tom Morday.
Una multinazionale ha incaricato Kevin , nipote di Tom, di fare da tramite per l’acquisto ( da effettuarsi senza troppa pubblicità ) della società farmaceutica di famiglia che è già addentro alle sperimentazioni genetiche. Se gli obiettivi dichiarati sono quelli di trovare cure ad alcuni gravi malattie, quelli reconditi ( e neanche troppo ) sono di creare nuovi virus e batteri per un’eventuale guerra batteriologica.
Il vecchio Tom si è sempre opposto a qualsiasi cessione di quote proprio per evitare di legare il suo nome e il suo lavoro alle folli idee di sterminio dei Signori della Guerra.
John comincia ad indagare….
A complicare la vicenda ci pensa Fato , facendo innamorare John di Cathleen, la figlia di Tom. Nel frattempo a causa dell’assenza di John il ciclo della vita e della morte si interrompe e tutte le morti vengono bloccate. John Doe si trova dinanzi un’atroce dilemma, ripristinare l’ordine naturale delle cose, tornando ad occupare il suo ruolo oppure cedere alle emozioni e al sentimento….
Una commedia surreale, divertente e romantica, piena di sorprese, ispirata ad uno dei personaggi cult del fumetto.

17 dicembre 2014 | 4 gennaio 2015
ELDA ALVIGINI
INUTILMENTEFIGA
di Elda Alvigini, Natascia Di Vito e Marco Melloni
scenografia Paki Meduri
Produzione: Teatro Eliseo

“Inutilmentefiga” racconta la condizione di molte donne di oggi, intorno ai quarant’anni, quasi sempre figlie di ex sessantottini, laureate, belle, con un buon lavoro, spesso separate con figli. Sono donne intelligenti e sensibili! almeno così si vedono loro! e non capiscono, ma proprio non capiscono, perché non hanno un uomo!
Oggi le donne sono spesso realizzate socialmente, colte, intelligenti e godono di una grande libertà, almeno apparente, di cui non sanno bene cosa farsene però, visto che è praticamente loro proibito godersi appieno la vita, senza rinunce, frustrazioni antiche, senza dover subire rapporti affettivi ricattatori, come quello con la madre-totem, o senza riuscire a liberarsi da una idealizzazione del padre, che le rende praticamente inavvicinabili per qualsiasi altro uomo, o dovendo sottostare a una società imbevuta di cattolicesimo e religione, per i quali la donna neanche esiste!
Ecco, noi siamo cresciute in un ambiente di sinistra colto, ateo e militante, siamo figlie del’68 e delle sue convinzioni, troppo spesso sbagliate e comunque strane, buffe e incomprensibili per chi, come noi, in quegli anni nasceva.
Attraverso i diversi argomenti affrontati nel testo, allo spettatore non sarà difficile capire che certa cultura sessantottina e di sinistra ci ha rovinato la vita!
Il telefono cellulare è il co-protagonista e deus ex machina dello spettacolo; infatti, faranno da contrappunto al monologo le telefonate della madre e dell’amica della protagonista, nonché l’attesa angosciante di una risposta a un sms inviato all’inizio della rappresentazione.
Gli argomenti trattati vanno dai rapporti affettivi familiari (educazione, traumi infantili, edipi vari) al problema del rapporto con gli uomini, con le amiche, con la società, con la politica o quel che ne resta.

14 gennaio | 1 febbraio 2015
IAIA FORTE
HANNO TUTTI RAGIONE
di PAOLO SORRENTINO
Regia IAIA FORTE
Canzoni di P. Catalano e P. Di Capri
Eseguite da Fabrizio Romano
Elementi scenici Katia Totolo – Marina Schindler
Assistente alla Regia Carlotta Corradi
Disegno Luci Paolo Meglio
Foto di Scena Rocco Talucci
Amministrazione Valeria Pari
Produzione: Pierfrancesco Pisani – Offrome , in collaborazione con Nidodiragno Produzione e Distribuzione e Infinito s.r.l

Iaia Forte, pluripremiata attrice italiana, torna a lavorare con Paolo Sorrentino dopo lo straordinario successo internazionale de “La Grande Bellezza”.
Nello spettacolo “Hanno Tutti Ragione”, adattamento dell’omonimo romanzo di Paolo Sorrentino, Iaia Forte è Tony Pagoda, cantante napoletano all’apice della carriera nella New York degli anni ’50, mentre aspetta di tenere il concerto più importante della sua carriera: si esibirà al Radio City Music Hall davanti a Frank Sinatra. Lo spettacolo ha conquistato nel 2013 il pubblico italiano, è stato acclamato dalla critica, ottenendo il tutto esaurito in molti dei teatri dove è stato presentato.

Note di Regia
Questo cantante cocainomane, disperato e vitale, è una creatura così oltre i generi che può essere, a mio avviso, incarnato anche da una donna. Mi piace immaginare che il ghigno gradasso di Pagoda nasconda un’anima femminile, una “sperdutezza”, un anelito ad un’ “armonia perduta”. E poi, semplicemente, il teatro è, per fortuna, un luogo dove il naturalismo può essere bandito, ed i limiti della realtà espandersi.
Lo spettacolo è concepito come un concerto, in cui i pensieri del cantante nascono nell’emozione di esibirsi davanti a Frank Sinatra, al Radio City Music Hall. In una sorta di allucinazione del sentire provocatagli dall’ alcool e dalla cocaina, Pagoda, mentre canta, è attraversato da barlumi di memoria, illuminazioni di sé, “struggenze” d’amore, sarcastiche considerazioni partorite tra le note delle canzoni, dove la musica che accompagna la performance dialoga con le parole stesse usate come una partitura.
Iaia Forte

4 | 15 febbraio 2015
BERLUSCONI E MARQUEZ
ANGELO CURCI, ROBERTO BELLI, EMANUELA DESSÌ
Scritto e diretto da FRANCESCA GARCEA
Produzione: Teatro dei Contrari

L’accostamento della grande letteratura latinoamericana con l’universo della politica berlusconiana.
Questo sarà l’esperimento di questa pieces che vedrà lo spettatore immergersi nelle atmosfere folli ed esagerate degli uomini di quella parte del mondo spesso lontana dalle logiche del reale e più legata al magico.
G.G.Marquez e’ tra gli autori che meglio hanno descritto questo stato di cose e che quindi mi ha aiutato a meglio raccontare l’universo del politico più controverso della storia italiana e sotto molti aspetti il più interessante dal punto di vista artistico.
Macondo, il villaggio dipinto da Marquez nel suo romanzo fiume che gli valse il nobel nel 1968 ‘Cent’anni di solitudine’, rappresenta a mio avviso l’emblema della concezione del mondo di Berlusconi.
Probabilmente a sua insaputa.
Perché nel 2011 non c’era Berlusconi che parlava alla popolazione di Lampedusa ma era Aureliano Buendia che parlava a Macondo.
La mia idea è che Marquez e Berlusconi non raccontano la realtà ma il suo rovescio e Macondo è questo: il mondo visto da un’angolatura diversa dove, tra i complicati intrecci dei personaggi, si schiara evidente la solitudine come ineluttabile condizione dell’esistenza umana.
Francesca Garcea

18 febbraio | 1 marzo 2015
FAUSTO PARAVIDINO
I VICINI
Scritto e diretto da FAUSTO PARAVIDINO
con FAUSTO PARAVIDINO, IRIS FUSETTI, DAVIDE LORINO, MONICA SAMASSA, SARA PUTIGNANO
Produzione: Teatro Stabile di Bolzano

“I vicini” è uno spettacolo sulle nostre paure. Sulle nostre paure immaginarie, sulle nostre paure reali. Sulle nostre paure reali che spesso sono le nostre paure immaginarie. In un’atmosfera rarefatta e sospesa, due giovani coppie si incontrano e si scontrano tra le mura domestiche.
«Lui sente dei rumori provenire dal pianerottolo. Cercando di non farsi sentire va a guardare dallo spioncino. I rumori cessano. Ritorna al suo posto. Quando Greta torna a casa glielo dice, mentre lei non c’era lui ha visto i vicini. Com’erano? Lui non sa dire, vedere non è capire, però ne ha paura. Perché? E chi lo sa, se sapessimo esattamente di cosa abbiamo paura, probabilmente paura non ne avremmo. Lui ha paura dei vicini. Perché? Non lo sa. E Greta? Greta no. Greta non ha nessuna paura dei vicini. Anzi, non vede l’ora di farne la conoscenza, lei ha paura della vecchia. Che vecchia? La vecchia che vede di notte. La vicina. La vicina che c’era prima che arrivassero i nuovi vicini. La vicina che c’era prima di morire. E’ un sogno? No. È un fantasma?
Se non è viva e non è un sogno si suppone che sia un fantasma. Lui, come la maggior parte delle persone che non li vedono, non crede ai fantasmi, Greta, come la maggior parte delle persone che li vedono, sì, un po’ ci crede. I vicini, ovvero Chiara e suo marito, non sembrano affatto pericolosi. Una sera si incontrano persino, tutti e quattro. Quella sera succedono cose strane, però non spiacevoli, bene. Solo che la notte la vecchia ricompare. Lei ha sempre più paura, lui ne ha sempre meno, ormai lui va d’accordo coi vicini, si vedono di nuovo. I vicini sono molto cambiati. In peggio. Perché?  Una pièce su noi stessi, sugli altri, su noi stessi e gli altri, sui vicini lontani, sulla guerra, su quello che è reale, su quello che è immaginato, su quello che è reale perché è immaginato. Un po’ come certi fantasmi, un po’ come certo teatro.»
Casa, famiglia, coppia, intrecciate nelle tensioni della nostra realtà quotidiana, sono i temi attorno ai quali si dipana la commedia umana di questo giovane e allo stesso tempo straordinariamente maturo uomo di teatro. Paravidino, con la sua vena inesauribile di autore raffinato e interprete sensibile, riesce a farci ridere e piangere di noi stessi in un rito liberatorio che ci riporta al senso originario del teatro stesso. Le scene sono di Laura Benzi, i costumi di Sandra Cardini, le luci di Lorenzo Carlucci e le musiche di Enrico Melozzi.

4 |15 marzo 2015
RAFFAELLA AZIM
UNA DONNA NUOVA
tratto dai testi di Franca Rame e Dario Fo
consulenza drammaturgica: Margherita Rubino
Regia di FERDINANDO CERIANI
Scene e costumi: Marta Crisolini Malatesta
Luci: Carlo Pediani
Assistente alla regia: Alice Guidi
Produzione: Compagnia Italiana/Fondazione Teatro della Pergola

Una Donna nuova raccoglie e tesse insieme alcuni frammenti tratti dai tanti scritti di Franca Rame e Dario Fo sulla Donna. E’ un viaggio, sempre in bilico tra comico e grottesco, tra divertimento e riflessione, nel mondo della donna, la donna che lavora, la donna madre, la donna sposa, la donna nella famiglia, la donna in questa società. La donna che Dio ha creato solo come complemento a quello che si vuole che sia stato il vero frutto della creazione, Adamo, l’uomo.
Una galleria di ritratti graffianti, comici, dissacranti a cui dà voce, corpo e anima Raffaella Azim in uno spettacolo incalzante, fatto di suoni, musiche, suggestioni che ci condurranno nel mondo teatrale di Franca e Dario, un “teatro teatrale” di un ardore dialettico che sembra non conoscere cedimenti.
Molière scriveva che “ quando si va a teatro e si vede una tragedia, si piange, si piange, poi si va a casa e si dimentica tutto. Mentre invece per ridere ci vuole intelligenza, acutezza. Ti si spalanca nella risata, oltre che la bocca, anche il cervello e, nel cervello, ti s’infilano i chiodi della ragione!”.
Ecco, è con questi chiodi che vorremmo contribuire anche noi ad incidere i contorni del volto della “donna nuova” che Franca Rame ci ha insegnato a riconoscere.
Ferdinando Ceriani

18 marzo | 29 marzo 2015
PINO INSEGNO e ALESSIA NAVARRO
FRANKIE E JOHNNY
paura d’amare
Tratto da “Frankie and Johnny in the Clair de Lune” di Terrence McNally.
regia ALESSANDRO PRETE
Produzione: Ass.ne Culturale Attori Animati

Johnny, appena uscito di prigione, prova a ricostruirsi una vita riciclandosi come cuoco nella tavola calda in cui Frankie, disillusa e solitaria, lavora come cameriera.
Tra i due nasce una tenera simpatia che scivola rapidamente verso un sentimento più profondo.
L’uomo, sincero, le manifesta la volontà di costruire una famiglia e di crescere insieme molti figli.
Ma il desiderio d’amore di lui si scontrerà con la ritrosia di Frankie, spaventata dalle sue stesse emozioni.
Frankie è intimorita dall’idea di lasciarsi trasportare da un amore così grande, forse per paura di ricevere delusioni, e pone fra loro un “muro” quasi invalicabile.
Johnny tenterà in ogni modo possibile di convincerla a farsi trasportare liberamente dalle emozioni, in un percorso drammaturgico dove sia il pubblico che i nostri protagonisti si uniranno tra lacrime e sorrisi.
La storia dei due protagonisti non è solo un profondo atto d’amore ma anche il riflesso di due esistenze sperdute nella solitudine alienante della metropoli, dove gli spazi dell’anima si sbriciolano.
Frankie e Johnny cercano un compendio emotivo alla propria identità spaesata, frammentaria e decentrata. In una città che illude, tradisce e poi mette ai margini, l’unica via di salvezza, per non perdersi definitivamente, è una scintilla di passione.

8 aprile | 26 aprile 2015
UMBERTO ORSINI e GIOVANNA MARINI
LA BALLATA DEL CARCERE DI READING
da Oscar Wilde
regia ELIO DE CAPITANI
musiche composte ed eseguite dal vivo da Giovanna Marini
Produzione: Compagnia Umberto Orsini

Orsini, Marini De Capitani: tre artefici per uno spettacolo con una strana genesi. L’idea nasce dall’incontro di Umberto Orsini e Giovanna Marini in un altro spettacolo, Urlo di Pippo Delbono dove Orsini ha portato la sapienza dei suoi frammenti di Wilde e Shakespeare e Giovanna la sua antica esperienza del canto degli umili al confronto con la composizione del mondo disperato nel circo umano di Delbono e dei suoi fedeli compagni di viaggio.
Nel progetto è stato poi coinvolto Elio De Capitani che aspettava solo un’ultima spinta per affrontare qualcosa a cui pensava da tempo, “il dilemma, o meglio il paradosso di Wilde”. Seguendo la lezione di Franco Buffoni, De Capitani fa piazza pulita dei molti Wilde mitici per cercare quello reale, capace di prefigurare il secolo a venire anticipando l’arte come recita sociale e la vita come performance artistica.
Secondo il regista, The ballad of Reading gaol si presta a una messinscena “perché in un certo senso lo è: è una messinscena complessa, ritualmente complicata, dove una volta ancora l’attrazione fisica si sublima in canto e il canto sublima la sofferenza in bellezza”. Al centro di tutto, Wilde: la sua condizione di prigioniero e il corpo di un ragazzo, un giovane soldato, condannato alla forca per l’assassinio della sua amante, un Woyzeck inglese con la giubba rossa dei dragoni di sua maestà. Wilde lo ha solo visto nell’ora d’aria e trova una nuova vena che unisce i suoni, i colori, i pensieri e gli incubi e i corpi inappagati della galera con una certa luce di un amore trasfigurato.
Giovanna Marini ha scritto cinque ballate, componendo una musica che va dalla ballata irlandese fino a Schubert, passando anche per i Beatles. Umberto Orsini farà Wilde, teso a cogliere solo il lato artistico-estetico, la bellezza dei versi. De Capitani immagina e studia una scrittura che sia “strategia di dislocazione sapiente delle forme e dei materiali da combinare con le parole cantate di Giovanna, con la sua musica altrettanto ostinata e precisa”.

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1 COMMENT

  1. Che dire. La stagione è davvero bruttina e di basso livello. Tolti i soliti noti vedo poca roba. Come si fa ad ospitare Pino Insegno e la sua fidanzata? Vedo poi che quello squallido personaggio di Francesco Bellomo ha intrapreso la carriera di regista, che il Dio del TEATRO ci salvi per favore!!! Ho anche sentito dire che sarà lui a rilevare il cadavere dell’ELISEO e questo spiega i suoi due spettacoli. Una domanda: “PERCHE’ IN QUESTO PAESE LE PERSONE MENO DI TALENTO E PREPARATE ARRIVANO SEMPRE?”

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