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HomeProgrammazioneCartelloni TeatriTeatro Eliseo di Roma Stagione 2014 - 2015

Teatro Eliseo di Roma Stagione 2014 – 2015

TEATRO ELISEO
Stagione teatrale 2014 / 2015

 

9 |12 ottobre 2014 Romaeuropa Festival
RICCI/FORTE presentano
DARLING
con Anna Gualdo, Giuseppe Sratori, Fabio Gomiero, Gabriel Da Costa
drammaturgia ricci/forte
movimenti Marco Angelilli
elementi scenici Francesco Ghisu
direzione tecnica Davide Confetto
assistente regia Liliana Laera
regia Stefano Ricci
una produzione Romaeuropa Festival e Snaporazverein
in coproduzione con CSS Teatro stabile di innovazione del FVG e Festival delle Colline Torinesi con la collaborazione di Biennale Venezia

La dicotomia fra Natura e Cultura, fra irrazionalità e ordine costituito è il nucleo della nuova creazione di ricci/forte. Partendo da una suggestione eschilea, il duo romano mette in scena la crisi dell’utopia democratica, espressione forse mai realmente compiuta del logos occidentale. Il disfacimento progressivo della democrazia così come la conosciamo lascia dietro di se relitti e fantasmi. Il grande container al centro della scena di Darling è un monolite contemporaneo che incarna il luogo di arrivo della crisi, vissuto da profughi che abitano la costruzione di un nuovo Stato e di una nuova Legge, dopo lo tsunami che tutto travolge. Con una forma estetica rude e violenta, ma mai compiaciuta, il testo della compagnia ricci/forte trasporta il riferimento colto all’Orestiade sul piano di una scrittura pop che, in modo irruento, porta sulla scena i simboli della deriva dell’uomo contemporaneo, nella malinconica speranza che diventi costruttore di una nuova polis sulle macerie del passato.

15 ottobre 2014 Romaeuropa Festival
BENJAMIN BRITTEN, JAMIE MC DERMOTT, CONOR MITCHELL, MARK RAVENHILL
CABARET SONG
Ispirato a Benjamin Britten – Conor Mitchell e alle nuove canzone di Mark Ravenhill.
voce Jamie McDermott pianoforte Stephen Higgs musica Conor Mitchell, Benjamin Britten parole Mark Ravenhill, WH Auden

Considerato il più importante compositore inglese del XX secolo, Benjamin Britten, precocissimo talento musicale, collaborò a partire dal 1935 con il poeta W. H. Auden e fu tra i fondatori del Festival di Aldeburgh. Giunto alla fama internazionale con l’opera Peter Grimes, Benjamin Britten – attivo anche come pianista e direttore d’orchestra aperto agli influssi più eterogenei – da Strawinskij a Berg, dalla musica antica inglese all’opera romantica italiana – si è rivelato soprattutto come compositore di teatro, attento a esprimere il contenuto drammatico e la psicologia dei personaggi attraverso la vocalità. Il ciclo di canzoni Cabaret Songs, che il compositore inglese dedicò al grande amore della sua vita, viene reinterpretato dal musicista inglese Conor Mitchell e da Jamie McDermott – carismatica voce della band indie The Irrepressibles, presente con due spettacoli folgoranti in alcune delle edizioni passate di Romaeuropa – a partire dalla riscrittura dei testi di Mark Ravenhill.

16 ottobre 2014 Romaeuropa Festival
THE IRREPRESSIBLES
NUDE: Viscera

Dopo lo straordinario successo ottenuto con l’album Nude e, a Roma, con la tappa romana del tour a Romaeuropa Festival 2011, tornano gli Irrepressibles con un nuovo live carico di energia rock. Viscera è il primo di tre EP tratti da Nude, l’ultimo album della band. Sul palco 5 elementi e un miscuglio esplosivo di glam, burlesque, dark, new romantic e rock decadente che cita PJ Harvey, Lou Reed e Jeff Buckley.

18 | 19 Ottobre Romaeuropa Festival
FREDERICK GRAVEL
USUALLY BEAUTY FAILS
Concezione, direzione e coreografia: Frédérick Gravel
Con Stéphane Boucher, Philippe Brault, Kimberley de Jong, Francis Ducharme, Frédérick Gravel, Brianna Lombardo, Frédéric Tavernini,Jamie Wright
Compositori Stéphane Boucher, Philippe Brault
Assistente Artistica Ivana Milicevic
Direttore Prove Anne Lebeau
Luci Alexandre Pilon-Guay
Direttore Tecnico e di palco Alexandre Pilon-Guay
Suono Louis Carpentier
Produttore Esecutivo Marie-Andrée Gougeon per Daniel Léveillé danse
Co produzione Danse Danse in collaborazione con Place des Arts (Montréal), Rencontres chorégraphiques internationales de Seine-Saint-Denis(France), Moving in November (Helsinki), Département de danse de l’Université du Québec à Montréal, Société de la Place des Arts(Montreal), Circuit-Est centre chorégraphique (Montreal), Centre Segal (Montreal)
Con il sostegno di Conseil des arts et des lettres du Québec

Tre musicisti attaccati alla corrente elettrica, sei danzatori pronti ad esplodere, l’energia del pop per intensificare il beat, l’energia del desiderio per aumentare la fiamma. Frederick Gravel accende i corpi e fa esplodere il palco per raccontare l’amore, la bellezza, le relazioni umane. L’autore del Quebec presenta in prima nazionale Usually Beauty Fails, spettacolo dall’energia esplosiva e dalla forte componente musicale. Rock, grunge e pop sono i generi che costruiscono il tappeto sonoro in cui l’autore danza, recita e suona insieme ai propri musicisti e danzatori, affrontando in modo ironico e dissacrante il tema della bellezza.

21 ottobre | 9 novembre 2014
GIULIANA LOJODICE
LA PROFESSIONE DELLA SIGNORA WARREN
di George Bernard Shaw
cast in via di definizione
Regia: GIANCARLO SEPE
produzione: Teatro Eliseo in collaborazione con Francesco Bellomo

Da inserirsi nel contesto letterario-sociale di avanguardia del suo tempo, questa opera, di grande valore per la sua teatralità intrinseca, che si manifesta nella vivacità inesauribile del dialogo, per l’acutezza dei sentimenti posti in gioco, per la tensione etica e il coraggio di rottura morale in circostanze altrove possibilmente scabrose, va soprattutto vista come un vasto processo all’intera società del tempo (che si protrae tenacemente in quello attuale). Qui è la sede del suo inesausto interesse oltre che, ovviamente, nella sua capacità di comunicarsi come azione teatrale. Le protagoniste sono in realtà due: la signora Warren e sua figlia Vivie; quest’ultima, dopo aver conseguito brillantemente un alto certificato di studi in matematica, a Cambridge, si sta prendendo la meritata vacanza, con tutta la comodità che i mezzi della ricca madre le consentono, in un cottage del Surrey. Questa madre che l’ha tenuta sempre lontana da sé, che l’ha allevata negli agi di una grande ricchezza, Vivie in fondo non la conosce affatto. Raramente infatti la donna ha visitato la figlia nei collegi di lusso dove era alloggiata, adducendo le fatiche di una vita di alta società. Ma ora la signora Warren viene a congratularsi con la figlia e ha l’imprudenza di portare con sé due uomini, Pread (un artista un po’ innocente, un po’ colpevolmente sprovveduto) e Croft, suo socio nei loschi affari, vizioso quanto aristocratico. La signora Warren è infatti una prostituta, che in seguito è divenuta tenutaria di numerose case chiuse in tutta Europa. Pochi però conoscono il tipo del suo commercio e, giudicando in base al livello economico, l’accolgono nelle aristocratiche loro case. Naturalmente ha la sua dolorosa storia: giovanissima, bella, poverissima, tradita, sfruttata, derubata di ogni innocenza, è desiderosa infine di vendicarsi contro una società che l’ha umiliata e di tenere lontana la figlia da ogni possibile fallimento. L’errore della signora Warren è stato di credere che con la ricchezza avrebbe sanato tutto, soprattutto l’avvenire della figlia, avendone in cambio riconoscenza. Questo naturalmente non avviene…

12 | 16 NOVEBRE Romaeuropa Festival
GIORGIO BARBERIO CORSETTI
GOSPODIN
Tratto da “Gennant Gospodin” di Philipp Löhle
Messa in scena di GIORGIO BARBERIO CORSETTI
Con CLAUDIO SANTAMARIA
Traduzione di Alessandra Griffoni a cura del Goethe Institute
Una produzione Fattore K. / Romaeuropa Festival / L’UOVO Teatro Stabile Di Innovazione

La nuova regia di Giorgio Barberio Corsetti, da un testo di Philippe Löhle – giovane drammaturgo tedesco associato del Maxim Gorki Theater di Berlino – esplora le contraddizioni della nostra società votata al consumo. Attraverso il ritratto di Gospodin, il protagonista, anti-eroe tragicomico ribelle al capitalismo contemporaneo che cerca di vivere senza soldi trovando finalmente la sua libertà solo in prigione, viene tracciata una radiografia pungente e allo stesso tempo malinconica di un mondo in decadenza. La scrittura graffiante, acuta e ironica, che il regista fa esplodere in ogni parte, restituisce una visione spietata di un’umanità che inevitabilmente dipende dal denaro e dal consumo. Una galleria di personaggi comici strampalati, miserabili ed idealisti, che raccontano il nostro mondo con grande poesia e feroce malinconia.

18 | 30 novembre 2014 Romaeuropa Festival
EMMA DANTE
OPERETTA BURLESCA
di Emma Dante
interpreti Davide Celona, Marcella Colaianni, Francesco Guida, Carmine Maringola
Scene e costumi, Emma Dante
Disegno Luci, Marcello d’Agostino
Produzione/distribuzione Amuni/Fanny Bouquerel

La nuova creazione di Emma Dante racconta la storia di Pietro, un ragazzo della provincia meridionale, nato femmina ai piedi del Vesuvio, che parla in falsetto e ha un corpo sbagliato. Pietro si innamora ma la storia d’amore ha un finale tutt’altro che lieto. La storia di Pietro è la storia di una disfatta privata che rispecchia la disfatta di una società ormai al capolinea. Ma, come sempre nel teatro di Emma Dante, il legame con l’attualità non è mai didascalico e diretto. Emma Dante riafferma ancora una volta il proprio interesse estetico verso spazi metaforici e senza temporalità definita, lontano da qualsiasi realismo naturalistico, seppur contemporaneo. In questi luoghi senza tempo, l’autrice palermitana dà vita a personaggi dalle molteplici sfaccettature e racconta la tragicità dell’Occidente attraverso storie di vita spezzata da amori impossibili, sullo sfondo di una Napoli colorata e barocca, nostalgica e fuori dal tempo. Ormai apprezzatissima anche dal grande pubblico e reduce dai successi del suo primo film Via Castellana Bandiera in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, Emma Dante torna a Romaeuropa dopo il successo straordinario di Le sorelle Macaluso in scena al Palladium nel febbraio 2014.

2 | 14 dicembre 2014
FORSE UN ALTRO
di MICHELE ZATTA
con VINCENZO FERRERA, CRESCENZA GUARNIERI, MARTINO DUANE, GIOVANNI CARTA
Regia MARCO LUCCHESI
Scenografo: Carlo De Marino
produzione: Teatro Eliseo

Gettandosi dalla finestra per un amore non corrisposto, il trentenne Mike Raft si ritrova nel limbo, conteso tra la Vita e la Morte. Sarà il Destino, signore del limbo, a stabilire la sfida che sancirà il decesso o la rinascita di Mike. Grazie anche all’aiuto della Verità, della Giustizia e soprattutto dell’Amore, Mike otterrà una seconda possibilità. Potrà dichiararsi a Lisbeth, la sua vicina di pianerottolo, che Mike non aveva mai notato ma che ora gli appare come la donna della sua vita. Il problema è che dovrà tornare a vivere nelle fattezze sgraziate del ciccione che ha travolto quando si è lanciato dalla finestra. Riuscirà a coronare il suo sogno nelle sue nuove sembianze? Riuscirà a convincere Lisbeth che anche se ora è un altro, è sempre Mike? E, infine, riuscirà a superare l’ultimo ostacolo che il Destino ha in serbo per lui?

16 dicembre 2014 | 11 gennaio 2015
BEATA IGNORANZA (titolo provvisorio)
Scritto e diretto da MASSIMILIANO BRUNO
Cast in via di definizione
produzione: Isola Trovata

Se sono sempre stato in un certo modo, se la famiglia dove sono cresciuto ha sempre conservato le stesse dinamiche, se il mio quartiere è sempre lo stesso e il mio paese rimane immobile nel pensiero e nei modi, qualsiasi cosa accada a disordinare il mio mondo mi cambierà per sempre.
Perché cambiare in fondo è il mio desiderio più recondito, migliorare è la mia più grande aspirazione e il mio lavoro per tutta la vita è stato: remare contro il mio cambiamento e rendere impossibile la mia realizzazione. Un giorno un grande furgone bianco passa sulla statale, improvvisamente sbanda e urta una vecchia Opel guidata da un cingalese che procede a tutta velocità. Lo schianto è impressionante e il botto si sente fino al mare. A poche decine di metri c’è il Bar Tre Pini. Seduti lì davanti i soliti perditempo. Due vecchi che parlano di calcio, un gruppetto di rumeni alticci, una puttana ambiziosa, il perdente del Video Poker e l’avvocato che sta sempre col cellulare in mano.
Quel furgone cappottato sulla statale sta trasportando dei flaconi che contengono sostanze colorate che provengono da un laboratorio. Quei flaconi si frantumano, quei fluidi si mescolano e producono un etereo vapore azzurro che arriva alle narici di quei tizi davanti al bar. Un dottore, col corpo sfracellato dall’impatto, ha appena la forza di dire a un ragazzino fermatosi con lo scooter che sarà un disastro perché quelle sostanze sperimentali possono essere molto dannose per gli esseri umani. Poi muore.
Dal giorno successivo quei perditempo davanti al bar cambiano radicalmente. Le loro capacità intellettive aumentano del 1000%, la loro memoria visiva diventa impressionante, la loro capacità di comprendere è assoluta. In un solo colpo una manciata di cialtroni diventa un gruppo di geni.

13 | 25 gennaio 2015
IL GIARDINO DEI CILIEGI
di Anton Čechov
regia LUCA DE FUSCO
con GAIA APREA (Ljuba), PAOLO CRESTA (Jaša), CLAUDIO DI PALMA (Lopachin)
SERENA MARZIALE (Dunjaša), ALESSANDRA PACIFICO (Anja)
GIACINTO PALMARINI (Trofimov), ALFONSO POSTIGLIONE (Piščik e Vagabondo)
FEDERICA SANDRINI (Varja), GABRIELE SAURIO (Epichodov), SABRINA SCUCCIMARRA (Šarlotta), PAOLO SERRA (Gaev), ENZO TURRIN (Firs)
scene Maurizio Balò | costumi Maurizio Millenotti | luci Gigi Saccomandi
musiche Ran Bagno | coreografie Noa Wertheim
produzione Teatro Stabile di Napoli | Teatro Stabile di Verona
residenza artistica a Napoli
debutto 8 e 9 giugno 2014, Napoli, Teatro Mercadante

Dopo Antonio e Cleopatra di Shakespeare Luca De Fusco affronta un altro grande “classico” del teatro, questa volta della drammaturgia del ‘900, qual è Il giardino dei ciliegi di Anton Čechov. Terminato nell’ottobre del 1903 Il giardino dei ciliegi è l’ultimo testo dello scrittore russo che morirà di tisi, a soli 44 anni, sei mesi dopo la prima rappresentazione del gennaio 1904 al Teatro d’Arte di Mosca diretta da Kostantin Stanislavskij e Vladimir Dančenko.
La commedia racconta la vicenda dell’aristocratica russa Ljubov’ Andreevna Ranevskaja, detta Ljuba, di rientro nella tenuta di famiglia dopo cinque anni trascorsi a Parigi. Messa al corrente della grave situazione debitoria che attanaglia il suo patrimonio la donna è costretta a mettere all’asta la casa con il bellissimo giardino di ciliegi. Nuovo proprietario della tenuta diventa Lopachin, ricco commerciante figlio di un vecchio servo della casata.
Prodotto da Teatro Stabile di Napoli e Teatro Stabile di Verona l’allestimento di Luca De Fusco propone un approccio mediterraneo al capolavoro cechoviano, individuando un collegamento tra la società russa e quella napoletana e meridionale in generale di fronte ai rivolgimenti imposti dall’era industriale di inizio Novecento. “Sia la società russa – afferma il regista – che quella del nostro meridione hanno avuto grandi difficoltà ad entrare nella logica della rivoluzione industriale e la trama stessa del Giardino riflette questo fenomeno. Inoltre i collegamenti tra Russia e Napoli non sono soltanto sociologici ma anche estetici e riguardano le affinità tra un teatro estroverso, comunicativo, caldo, come quello russo, riscontrabili nel teatro napoletano. Non a caso le tradizioni recitative russa e napoletana vengono spesso accomunate tra le massime eccellenze attoriali”.

27 gennaio | 8 febbraio 2015
LELLA COSTA
PAOLO CALABRESI
NUDA PROPRIETÀ
di LIDIA RAVERA
tratto dal romanzo Piangi pure di Lidia Ravera, edito da Bompiani
con Claudia Gusmano e Marco Palvetti
regia EMANUELA GIORDANO
scene Francesco Ghisu
musiche Antonio Di Pofi
progetto luci e abiti di scena Emanuela Giordano
aiuto regista Laura Rovetti
produzione: La Contemporanea in coproduzione con MISMAONDA una produzione realizzata da Fioravante Cozzaglio, Gianluca Russino, Giorgio Andriani, Cristina Pichezzi, Adriana Condò

“Nuda proprietà – afferma Emanuela Giordano – è una commedia ma racconta la paura delle emozioni, del tempo che passa, del ritrovarsi soli. L’ironia, il gioco, la provocazione ci fanno da scudo, ci proteggono dalla malinconia, ci aiutano a vivere. Ma la commedia resta commedia e far incontrare in scena, per la prima volta insieme, Lella Costa e Paolo Calabresi è un atto di fiducia nell’intelligenza della leggerezza. Il pericolo di rovinare con l’enfasi, con il melò la bella partitura scenica è scongiurata. E anche la coppia dei ragazzi, formata da Claudia Gusmano e Marco Palvetti scaccia la facile tentazione degli stereotipi.”
La commedia di Lidia Ravera, tratta dal suo romanzo Piangi pure, vincitore tra gli altri del premio Stresa Narrativa 2013, esce dal “genere”, dal già visto. Non ci sono moine, soluzioni facili, si ride perché non si può farne a meno e la vita è lì a sorprendere solo per offrire qualche piccola speranza.
Il legame tra il testo teatrale e il romanzo è molto forte. A questo proposito Lidia Ravera spiega che: “È stata lei, Iris in persona, ad avvisarmi che nel romanzo era contenuta una commedia, un duello in dieci quadri, fra un uomo e una donna, che poteva essere estratto dal libro e messo in scena, con qualche accorta trasformazione narrativa e un pò senso del teatro. Ci siamo rivolte a Emanuela Giordano che di senso del teatro ne ha parecchio (è il suo senso preferito, ma non mette in ombra gli altri cinque), ed Emanuela Giordano ha incominciato a ronzare attorno al testo e a divertirsi. Ci siamo rivolte, io e Iris, anche a Lella Costa, perché ci aveva colpite l’evidenza dell’affinità fra Iris e lei, Lella, spiritosa e serissima, impegnata e leggera, allegra benché intelligente, libera dentro, senza tempo eppure capace di percepirne tutta la potenza. Lella Costa ha risposto subito ed è entrata dentro Iris con la grazia dei talenti naturali. Quando si è sentita sufficientemente posseduta, ha trovato il suo Carlo. Paolo Calabresi, perfetto nei tempi nel timbro nei sotto testi nei silenzi nel ritmo… un essere maschile superiore, di quelli che sogni di incontrare ad una festa e farli innamorare. Uno di quelli che non smetti mai di sognare.”

10 febbraio | 1° marzo 2015
Teatro Stabile di Catania e Doppiaeffe Production s.r.l.
presentano
ERANO TUTTI MIEI FIGLI
di Arthur Miller
traduzione Masolino D’Amico
regia GIUSEPPE DIPASQUALE
con: MARIANO RIGILLO, ANNA TERESA ROSSINI
RUBEN RIGILLO, SILVIA SIRAVO
FILIPPO BRAZZAVENTRE, BARBARA GALLO, ENZO GAMBINO,
ANNALISA CANFORA, GIORGIO MUSUMECI
scene Antonio Fiorentino
costumi Silvia Polidori
luci Franco Buzzanca
Produzione: TEATRO STABILE DI CATANIA
DOPPIAEFFE PRODUCTION S.R.L. COMPAGNIA DI PROSA

Teatro civile e di denuncia. Un nucleo familiare, privato di un figlio disperso in guerra da tre anni, grazie all’intervento della giovane fidanzata scopre come il padre, industriale, per accrescere i propri profitti, abbia venduto parti d’aereo difettose all’aeronautica militare. L’autore definì questo suo primo successo “un’opera destinata a un teatro dell’avvenire. Mi rendo conto – scrisse – di quanto sia vaga questa espressione, ma non riesco troppo bene a definire ciò che intendo. Forse significa un teatro, un’opera destinata a diventar parte della vita dei suoi spettatori. Un’opera seriamente destinata alla gente comune – importante sia per la sua vita domestica che per il suo lavoro quotidiano – e insieme un’esperienza che allarga la consapevolezza dei legami che ci collegano al passato e all’avvenire, e che si celano nella vita”.

3 | 8 marzo 2015
LEO GULLOTTA
PRIMA DEL SILENZIO
di Giuseppe Patroni Griffi
con Eugenio Franceschini
regia FABIO GROSSI
con le apparizioni di Sergio Mascherpa, Andrea Giuliano
e con l’apparizione speciale di PAOLA GASSMAN
musiche Germano Mazzocchetti
video Luca Scarzella
luci Umile Vainieri
risoluzione scenica Luca Filaci
disegno audio Franco Patimo
regista assistente Mimmo Verdesca
Produzione: Teatro Eliseo in collaborazione con Fuxia contesti d’immagine

Non si può di certo negare che tra le parole di Patroni Griffi, le sensazioni, i concetti, i sentimenti, le provocazioni, sanno come esaltarsi e completarsi, e che il pensiero di trasporle è fluido e gratificante. Scritto negli anni ’70, il testo risulta ancor vivo per tematiche e concetto. La storia racconta le scelte, pur’ anche rivoluzionare per la casta che lo ha inglobato per tutta la sua vita precedente, di un uomo , del quale non ci viene fornito il nome. Probabilmente questo o poco importa alla risoluzione della vicenda, a mio discernimento l’autore, ad arte e tramite l’espediente, ha voluto rendere universale la faccenda. Quello che leggo, con gli occhi di un uomo che vive il XXI secolo, Era questa di grande modernità, dove la comunicazione, attraverso apparati di nuova costruzione, è molto più facile ed immediata, fa sì che intraveda e consideri, attraverso il protagonista un disagio sociale legato soprattutto alla comunicazione della parola scritta, della Poesia. Fantastica la scena finale dell’opera, dove il nostro LUI, circondato da pagine di libri, afferra “la parola” che gli svolazza attorno, in una ideale caduta libera, declamandone la realtà, in essa contenuta. Ma per arrivare a questa, il travaglio assume le fattezze di un incubo, con l’apparizione dei fantasmi della sua vita: la famiglia, affrontata attraverso il personaggio de LA MOGLIE , come un’entità vorace e ricattatoria: la casta, rappresentata dal personaggio de IL FIGLIO , con i suoi orpelli e contributi piccolo borghesi; il dovere, materializzatosi attraverso il personaggio del CAMERIERE, attraverso il senso di colpa, costringe e castra. L’unica vicenda che realizza e tranquillizza il protagonista è quella che vive, nel suo contemporaneo, con IL RAGAZZO.

10 | 22 marzo 2015
DANZA MACABRA
di August Strindberg
regia di LUCA RONCONI
con ADRIANA ASTI GIORGIO FERRARA GIOVANNI CRIPPA
traduzione e adattamento Roberto Alonge
scenografia Marco Rossi
costumi Maurizio Galante
luci A.J.Weissbard
suono Hubert Weskempfer
Produzione
Spoleto57 Festival dei 2Mondi
Teatro Metastasio Stabile della Toscana
in collaborazione con Mittelfest 2014

Danza macabra di Strindberg è un testo illustre, interpretato da sempre dalla critica come un exemplum della vita coniugale vissuta quale inferno domestico, in cui si confrontano e si scontrano, da un lato, la natura satanica della moglie, Alice, e, dall’altro lato, il carattere vampiresco del marito, il Capitano, che cerca di succhiare la vita del secondo uomo, Kurt, psicologicamente fragile e remissivo.
In realtà si tratta di un’interpretazione di maniera, depistata dalla forte sensibilità misogina dell’autore svedese. Una lettura più attenta del dramma consente invece di prendere atto che, più semplicemente, siamo di fronte all’inferno domestico di una coppia per niente infernale. La vicenda inizia e finisce su toni e timbri di misurata cordialità coniugale. È solo con l’arrivo del terzo, di Kurt, che cominciano le tensioni. Il Capitano e Alice sono come una coppia di attori, tranquilli quando non c’è pubblico, e subito eccitati dalla presenza di uno spettatore. L’arrivo di Kurt è l’occasione perché entrambi i coniugi si animino e si esibiscano, calandosi ciascuno di essi nel proprio personaggio: il vampiro per il Capitano, e la femmina diabolica per Alice, che seduce il timido Kurt. La fuga finale di Kurt riporta la coppia al punto di partenza, alla calma routine esistenziale.
Per Ronconi siamo cioè di fronte alla rappresentazione di una storia infernale ma risibile, che fa pensare curiosamente al vaudeville di Courteline, Les Boulingrin, andato in scena nel 1898, pochi anni prima della stesura di Danza macabra (1900), in cui i coniugi Boulingrin si scatenano all’arrivo di un ospite in visita, su cui proiettano farsescamente le tensioni della coppia borghese.
Roberto Alonge

24 marzo | 3 aprile 2015
PINO CARUSO
IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi Pirandello
adattamento di Francesco Bellomo, Moreno Burattini, Pino Caruso
Regia di FRANCESCO BELLOMO
Con PINO CARUSO, EMANUELA MUNI, ALESSIO DI CLEMENTE, FRANCO MIRABELLA, MATILDE PIANA, VALENTINA GRISTINA, e la partecipazione di ANNA MALVICA
Produzione: Francesco Bellomo

“Il berretto a sonagli” prende spunto da due novelle: “Certi obblighi” e “La verità”; in entrambi i casi si narra di un marito che, nonostante sia a conoscenza dell’adulterio della moglie, lo accetta con rassegnazione, ponendo come unica condizione la salvaguardia dell’onorabilità. La società costringe gli individui ad apparire rispettabili, obbedendo a precisi codici di comportamento; in realtà tutto è permesso purché si salvino le apparenze.
La vicenda trascende, nel suo giuoco beffardo, la realtà dell’ambiente, ma non si sarebbe potuta realizzare al di fuori di quella. Ciampa, scrivano in una cittadina all’interno della Sicilia, è inserito in una società piccolo-borghese, condizionata dai “galantuomini”, ma non esclusa da un rapporto attivo, anche se subalterno, con la classe superiore. La morale sessuale è pur sempre sofisticata, ma acquisisce, nel caso di Ciampa, il decoro convenzionale e ipocrita del codice borghese del perbenismo, un codice sul quale la beffarda rivalsa del subalterno gioca una sua partita arguta e teorizza il sistema pratico, socio-morale delle “tre corde”: la seria, la civile e la pazza.
Il personaggio di Ciampa proposto da Pino Caruso è il distillato di questa contaminatio pirandelliana e si muove con pacatezza e lucidità nell’arco dei sentimenti di dolore, furore, pietà e ironia che permeano il suo essere ora uomo, ora pupo, ora personaggio.
Una recitazione sommessa che cova la sua esplosione, un personaggio ragionante eppure tempestato di offese laceranti.
Si è voluto creare un apparentamento tra Ciampa e il professor Toti di “Pensaci Giacomino” per una certa similitudine tra i due protagonisti, ma principalmente per le situazioni. Lo spirito che anima Toti, pieno di rassegnazione pur di mantenere gli affetti, risulta dominante, seppure in maniera diversa, anche in questa sorta di triangolo tra Ciampa, la moglie Nina e il Cavalier Fiorica.

7 | 19 aprile 2015
VALENTINA SPERLÌ – ROBERTO VALERIO
ANTONINO IUORIO – NICOLA RIGNANESE
L’IMPRESARIO DELLE SMIRNE
di Carlo Goldoni
con Massimo Grigò
e Federica Bern, Alessandro Federico, Chiara Degani, Peter Weyel
adattamento e regia ROBERTO VALERIO
scene Giorgio Gori – costumi Lucia Mariani – luci Emiliano Pona
Produzione Associazione Teatrale Pistoiese in collaborazione con Valzer srl

Composta nel 1759, l’opera è una splendida e divertente commedia che presenta un impietoso ritratto dell’ambiente degli artisti di teatro, ambiente che Goldoni conosce a fondo: può a ragione “parlarne per fondamento”, come egli stesso dichiara nella prefazione dell’opera.
La vicenda, ruota attorno ad un gruppo di attori, uomini e donne, tutti pettegoli, invadenti, boriosi e intriganti che, disperati e affamati, vivono per un breve attimo l’illusione della ricchezza nella speranza di riuscire a partire per una favolosa tournée in Oriente con Alì, ricco mercante delle Smirne intenzionato a  formare una compagnia d’Opera, e tornare carichi d’oro e di celebrità.
Facili prede di mediatori intriganti, di impresari furbi e rapaci, i poveri artisti scoprono a loro spese che le regole del Teatro sono eterne e che la loro vicenda scritta 250 anni fa ha un sapore grottesco di attualità. Distratti dalle loro piccole beghe e rivalità, occupati a farsi la guerra per far carriera, invidiosi di una posizione nella gerarchia di palcoscenico, di un costume più o meno sfarzoso, di un privilegio in più e soprattutto di avere una paga l’uno più alta dell’altro, non si accorgono di essere delle piccole sciocche marionette i cui fili vengono manovrati da chi il potere veramente ce l’ha, per la sua posizione o per il suo denaro.
“L’impresario delle Smirne” è un grande affresco, una cantata corale affidata all’insieme della compagnia che lo rappresenta: ogni personaggio, dal Turco al servitore, si rivela incisivo, necessario in un “divertissement d’ensemble” che restituisce il clima lezioso e libertino dell’epoca; ma che allo stesso tempo offre l’occasione per porsi alcune domande di sconcertante attualità: che importanza ha l’Arte e in modo specifico l’Arte teatrale nella società contemporanea? E che ruolo riveste all’interno di suddetta Arte, l’attore? In quale modo è possibile riuscire a realizzare spettacoli di grande valore artistico senza adeguate risorse finanziarie?
Roberto Valerio

28 aprile | 10 maggio 2015
CARLO CECCHI
LA DODICESIMA NOTTE
di William Shakespeare
traduzione Patrizia Cavalli
regia CARLO CECCHI
musiche di scena NICOLA PIOVANI
scene Sergio Tramonti
costumi Nanà Cecchi
disegno luci Paolo Manti
con: CARLO CECCHI,TOMMASO RAGNO, ANTONIA TRUPPO, EUGENIA COSTANTINI, DARIO IUBATTI, BARBARA RONCHI, REMO STELLA, LORIS FABIANI, FEDERICO BRUGNONE, ANDREA BELLESSO, RINO MARINO, GIULIANO SCARPINATO
musicisti Luigi Lombardi d’Aquino tastiere e direzione musicale, Ivan Gambini strumenti a percussione, (un musicista in via di definizione)
Assistente alla regia Dario Iubatti.
direttore tecnico dell’allestimento Roberto Bivona – sarta Marianna Peruzzo – amministratore di compagnia Francesca Leone – direttore di produzione Marta Morico
Produzione MARCHE TEATRO Teatro Stabile Pubblico in collaborazione con Estate Teatrale Veronese

Illiria. Il Duca e la Contessa hanno due tenaci fissazioni: il Duca si è fissato sulla Contessa perché lei non ne vuole sapere; la Contessa si è fissata sul fratello morto, al quale vuole restare fedele per sette anni. Con questi due begli esemplari di nevrosi narcisistica, tutto resterebbe nell’immobilità e addio commedia.
Ma il Destino – e Shakespeare – fanno scoppiare una tempesta: una nave fa naufragio, dal quale si salva una ragazzetta di nome Viola. Nel naufragio ha perduto un fratello. La ragazzetta si trova sperduta in Illiria; ma è piena di risorse (vecchiotte, a dir la verità: Plauto, gli Italiani, già Shakespeare in commedie precedenti) e decide di travestirsi da ragazzo e di diventare il paggio del Duca. Il Duca lo prende in grande simpatia (il paggio-ragazza si innamora tambur battente di lui) e decide di farlo diventare il suo messaggero d’amore con la Contessa.
La Contessa si innamora subito del paggio e le cose si metterebbero male perché il paggio è una femmina e al tempo di Shakespeare i matrimoni gay, o almeno i pacs, non erano previsti. Ma il Destino e Shakespeare hanno risparmiato il fratello del paggio-ragazza, il quale, essendo suo gemello, è tale e quale alla sorella-fratello.
Così questo fratello scampato al naufragio e inseguito anche lui da un innamorato, si sistema volentieri con la Contessa, che lo prende per il paggio-ragazza di cui si era invaghita. Si sposano presto presto. Il Duca esplode di gelosia, ma poi chiarito l’equivoco si calma e si prende il paggio-ragazza come futura sposa.
Questo è il plot principale. Ma ce n’è un altro, forse più importante. È un plot comico e si svolge alla corte della Contessa: lo zio ubriacone e l’astuta dama di compagnia; un maggiordomo e un cretino di campagna che spasimano ambedue per la Contessa e, non poteva mancare, il fool. Malgrado la sua funzione comica, questo plot ha uno svolgimento più amaro: la follia che percorre la commedia, come in un carnevale dove tutti sono trascinati in un ballo volteggiante, trova il suo capro espiatorio nel più folle dei personaggi: il maggiordomo, un attore comico che aspirava a recitare una parte nobile, quella del Conte Consorte.
L’amore è il tema della commedia; la musica, che come dice il Duca nei primi versi “è il cibo dell’amore” ha una funzione determinante. Non come commento ma come azione.
La scena reinventerà un espace de jeu che permetta, senza nessuna pretesa realistica o illustrativa, il susseguirsi rapido e leggero di questa strana malinconica commedia, perfetta fino al punto di permettersi a volte di rasentare la farsa.
Carlo Cecchi

12 maggio | 24 maggio 2015
MASSIMO VENTURIELLO – TOSCA
IL GRANDE DITTATORE
Adattamento teatrale dal film di Charlie Chaplin di Massimo Venturiello
musiche originali Germano Mazzocchetti
regia MASSIMO VENTURIELLO
Produzione: Officina Teatrale

Il grande dittatore, il grande film di Charlie Chaplin da lui stesso scritto, interpretato e diretto, risale al 1940, durante la seconda guerra mondiale. E’ il suo primo film sonoro, è la prima volta in cui egli mette in gioco, oltre alla sua straordinaria mimica, anche la parola. E’ immediatamente un successo planetario.
Chaplin ridiede al mondo, avvolto dalla follia e dal crimine, il coraggio, grazie alla risata. Sono passati più di settant’anni, il mondo è cambiato, noi siamo profondamente diversi eppure la nostra realtà presenta strane e inquietanti analogie. Il crollo di Wall Street del 1929, con la conseguente crisi mondiale delle banche, l’inflazione, la disoccupazione, la depressione, la crisi. Il messaggio di Chaplin è assolutamente attuale e lo sarà nei secoli come tutte le grandi opere d’arte in cui si mette a nudo l’essenza umana.
Non è un’idea dettata dalla presunzione, decidere di confrontarsi con un progetto di siffatta portata. Ciò che mi tranquillizza è proprio il ‘Teatro’, quello vero, che non insegue paragoni, ma solo la sua peculiare comunicazione che lo distingue da qualsiasi altra forma artistica. C’è quindi da tremare di fronte al genio di Chaplin allo stesso modo con cui c’è da tremare di fronte al genio di Shakespeare; l’approccio creativo di uno spettacolo teatrale, a mio avviso, deve essere lo stesso.
Forse la domanda più spinosa è il modo in cui interpretare un ruolo, anzi due, che sono diventati un’icona del talento e della mimica chapliniana. La risposta non è così scontata, sono evidenti i rischi per qualsiasi attore che si trova di fronte a un compito simile. Ma anche in questa naturale preoccupazione il ‘Teatro’ mi viene in aiuto. Ho sempre creduto che il compito di un attore sia quello di ascoltare ciò che accade intorno a sé sulla scena; sono le parole dei tuoi interlocutori a dare vita alle tue, sono le azioni altrui che determinano le tue, soprattutto ciò che accade in scena è il risultato di chi è in scena e ciò che inventeremo e abiteremo sarà un’altra cosa dal film. Ciò che invece preme di non perdere è l’ironia, il sarcasmo e l’irresistibile comicità.
Come già per La Strada, per Gastone, per Il Borghese Gentiluomo, la protagonista femminile sarà Tosca nei panni di Anna, la donna ebrea che si innamora del barbiere e che esprime tutta la dolcezza e al contempo la grinta di un popolo che seppur martoriato, ha sempre trovato la forza di ribellarsi e di andare avanti.
E’ necessario infine ricordare che la musica sarà l’altro grande protagonista di questo spettacolo. Il maestro Germano Mazzocchetti, ancora una volta, ci accompagnerà in questa impresa creando una partitura originale particolarmente impegnativa. Da una parte ci sarà il suono degli ebrei, dall’altro quello dei tedeschi. In questo, la presenza di Tosca rappresenterà un valore aggiunto, un privilegio.

Massimo Venturiello

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