Focus Trentino – Recensione di Miniere di Aida Talliente
Scritto e interpretato da Aida Talliente, lo spettacolo Miniere – visto al teatro di Pergine – ripercorre la storia del paese di Raibl e della sua lotta, nell’anno 1991, contro la chiusura delle cave di piombo e zinco del Predil, che costituivano le sole fonti economiche della comunità. A prima vista, l’intento della drammaturga e attrice sembrerebbe eminentemente politico. Prima ancora dell’apertura del sipario, infatti, Talliente fa capolino davanti agli spettatori e riferisce una breve cronaca degli avvenimenti principali del paese di Raibl, sottolineando degli evidenti paralleli con la situazione dell’Italia del 2014. Le miniere del Predil furono chiuse all’improvviso perché considerate improduttive e un inutile peso economico per il governo, che non si preoccupò di dare il tempo alla comunità di trovare un’altra forma di reddito e di capire a quale grande ricchezza stesse rinunciando per favorire l’importazione del materiale dall’estero. E come lo Stato italiano attuale, la comunità di Raibl si sentì ferita, tradita, ingannata da coloro che avrebbero dovuto proteggerla, per poi precipitare in un senso di vuoto e abbandono, da cui oggi non sembra essere ancora uscita. C’erano dunque tutte le premesse perché lo spettatore si trovasse di fronte a un dramma didascalico, che usasse la miniera come una metafora dello Stato italiano e un mezzo di incitamento all’attuazione di nuovi atti di resistenza contro il potere costituito.
Con l’alzarsi del sipario, ci si rende però presto conto che il lavoro ambisce a qualcosa di più, e di più importante. Coperta dal buio dall’inizio alla fine, la scena è fiocamente illuminata quel tanto che basta per permettere di mostrare l’attrice il trombettista Mirko Cisilino nell’atto di far rivivere, in un dialogo di parole e musica, i ricordi di chi la miniera l’ha attraversata e ha tratto dalle sue viscere molti insegnamenti. Lavorando nei suoi recessi, infatti, i minatori imparano valori come la solidarietà (chi è solo soccombe e si perde tra i cunicoli senza mai far ritorno), abilità importanti come l’ascolto (che permette di distinguere i segnali che la caverna lancia e anticipano prossime frane, smottamenti, etc.), ma soprattutto la capacità di attraversare pazientemente il buio alla ricerca della luce, facendo nel frattempo proprie tutte le cose che si toccano. Poiché, come riferisce Talliente stessa, una cosa che tocchi quando il buio è più nero del nero, quando non puoi fare altro che aggrappartici per trovare conforto e sicurezza, «diventa tua» e rende il suo possessore intoccabile da qualunque pericolo, esterno o interno che sia. La miniera viene così rappresentata come un luogo poetico di ammaestramento spirituale che la comunità di Raibl non tentò tanto (o non solo) di difendere per tutelare la sua unica fonte di reddito, con i suoi disperati 17 giorni di sciopero, quanto per non privarsi della saggezza che ispirava ai suoi abitanti e che per conquistarla erano disposti a compiere un lavoro durissimo e massacrante, spesso anche mortale.
I mezzi teatrali che l’attrice usa per restituire evidenza ai ricordi sono pochi ed essenziali. Un grande stereoscopio a specchio proietta sul fondo del palcoscenico le foto degli abitanti del paese, fatti rivivere dai monologhi, tre impalcature in legno che vengono spostate per segnalare in quale luogo si è ubicati (la miniera, le case del paese, etc.) e un piccolo bacino d’acqua, a cui l’attrice ricorre per compiere alcune azioni fisiche evocative. La più bella tra queste è certamente quella che rappresenta la reazione dell’abitante di Raibl del 2014, che riapre la miniera alla memoria storica del suo paese ed è portata ad accasciarsi a terra per la commozione, con l’acqua fino alle ginocchia.
Si tratta di un lavoro che merita di essere visto per le numerose suggestioni poetiche, ottenute con il minimo sforzo, e per la sua capacità di comunicare allo spettatore come sia possibile instaurare un rapporto profondo con le persone e le cose, anche nei luoghi o nei periodi più oscuri e incerti. Il che costituisce, peraltro, una metafora perfetta dell’arte dell’attore. Costui è anch’esso un minatore che attraverso le viscere buie dell’esperienza si attacca con forza alle cose che vuole nominare e rappresentare sulla scena, difendendole per un momento dalla dispersione e l’oblio.
Enrico Piergiacomi
Twitter @Democriteo
Visto in febbraio 2014 al Teatro di Pergine
Trento
MINIERE
di e con Aida Talliente
disegno luci Luigi Biondi
tromba Mirko Cisilino
una produzione di Aida Talliente
in collaborazione con La Casadargilla di Roma