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Il catalogo: Fantastichini e Ferrari nel teatro borghese di Carrière

fonte www.teatroquirino.it

C’è l’amore, certo, e c’è la paura di quell’amore, la sua perfidia, c’è lo sberleffo di una morale sbilenca ne Il catalogo, scritto dal francese Jean Claude Carrière e ora, nel suo secondo anno di repliche, in scena al Quirino di Roma. La Star Dust International produzioni torna a giocare una buona coppia di, appunto, stelle di palco e schermo: Ennio Fantastichini e Isabella Ferrari interpretano i due protagonisti di questa commedia che sull’amore vorrebbe comporre un affresco amaro, ironico e in fondo non consolatorio.
Jean-Jacques è un Don Giovanni del nostro secolo, avvocato di sufficiente successo di giorno, di notte amante forsennato e un po’ malinconico, al punto che del suo riempirsi il letto di spasimanti ha fatto una piccola scienza: per ricordarsi nome e volti li annota in un vero e proprio catalogo. A incrinare un equilibrio fatto di gesti ripetuti, governante invisibile e maschere sociali di accomodante normalità è la visita inaspettata di una donna, che pretende (con successo) di stabilirsi a casa sua. A metà tra la reietta che viene da lontano (Ferrari parla con forte accento slavo) e quel personaggio svampito e surreale uscito da tanti film francesi, questo fulmine a ciel sereno diverrà un’anomalia fatale, in grado di sovvertire un intero impero di tacito e ipocrita maschilismo.

La scena ritrae con pretese iperrealiste un interno spartano, in cui la posizione centrale, a scapito di una living room in cui trascorrere una serata di chiacchiere con gli amici, è assegnata al letto. E tutto il resto del mondo è tenuto fuori, appeso a telefono o citofono. Perennemente disfatto, ponte tra due luoghi di necessità come bagno e cucina, il letto è il vero campo di battaglia, da subito violato dalla presenza di un’estranea, l’unica donna apparsa lì senza invito.

Valerio Binasco traduce questo testo rispettando il ritmo delle battute e lo dirige, si direbbe, conferendo alla materia amore tratti sì ironici ma soprattutto disperati. L’ormai antico tema dell’incomunicabilità, delle due solitudini che si parlano da distanze siderali, sarebbe sufficiente a costituire l’urgenza di questa commedia? Probabilmente no. Binasco ci infila dentro un abbozzo di declinazione del Don Giovanni come archetipo dell’anima maledetta, che smonterebbe il mito a colpi di iperboli e con sferzate d’ironia. Se Fantastichini, con la sua presenza sicura e le sue battute sputate lì, è convincente e divertito nell’uso del corpo, Ferrari, aiutata dal bel lavoro sull’accento, ritrae con grande garbo quella casualità tutta femminile che lascia di continuo intravedere il gusto perfido della malizia, al punto che il suo personaggio, costantemente in bilico su un frenetico mistero che fa dubitare di ogni sua parola, potrebbe quasi essere il materializzarsi maniacale della coscienza di Jean-Jacques, fantasioso e colorato convitato di pietra pronto a trascinare all’inferno l’immorale Don Giovanni. A non permettere questo scarto di crudeltà, che trasformerebbe la commedia in un apologo davvero amaro portando il pubblico a provare compassione, è tuttavia il poco coraggio sul lato torbido della vicenda, il fianco scoperto a quello stesso senso rassicurante che si vorrebbe denunciare. Quella Casa con la C maiuscola di cui tanto si parla nelle note di regia e che, da porto franco e claustrofobico antro della belva, potrebbe divenire una morsa viscida che si chiude sul suo stesso padrone, non riesce a incarnare il personaggio che dovrebbe, forse mancando di quei feticci borghesi per i quali Jean-Jacques parrebbe perfetto; così come forse il catalogo che dà il titolo alla commedia viene lasciato un po’ da parte, senza svelare quel lato sordido che giustificherebbe la fuga di un fantasma come Lei (che infatti non ha nome).

L’interpretazione della coppia, indubbiamente affiatata, è forte e trascinante, ma può poco contro certe lungaggini e ripetizioni del testo, purtroppo incapace di andare oltre la semplice sintesi da tecnica drammaturgica e di gettarsi nella torsione surreale che il regista sembra domandare. È questo un teatro borghese che ha unghie troppo ben curate da riuscire a graffiare.

Sergio Lo Gatto

in scena fino al 1 Aprile 2012
Teatro Quirino [cartellone] Roma

Angelo Tumminelli
Star Dust International
IL CATALOGO
Aide Memoire
di Jean Claude Carrière
traduzione e regia Valerio Binasco
con Ennio Fantastichini, Isabella Ferrari
scene e luci Massimo Bellando Randone
costumi Sandra Cardini
musiche Arturo Annecchino

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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