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HomeArticoliFestival: reportage e articoliEffetti di movimento 2010: segnali dal sottosuolo teatrale

Effetti di movimento 2010: segnali dal sottosuolo teatrale

Nihtmare before Valentine – Alien Island

Certi esperimenti per capirli bisogna seguirli sin dall’inizio, dal loro concepimento, così è stato per Effetti di Movimento 2010, pubblicato il bando di selezione e presentata l’iniziativa non potevamo non raccontarvi uno stralcio della rassegna, tentare di decodificare proprio quel codice sorgente che sta alla base dell’idea del Collettivo TeatroForte, gruppo  residente negli spazi scenici del Csoa Forte Prenestino.

E’ il centro sociale più grande d’Europa e l’estate viene vissuto nella sua completezza, in tutti i suoi spazi, enoteche e pub all’aperto, un palco per ospitare il dj di turno, i luoghi deputati alle mostre e il teatro, di recente ristrutturato. Ma in questi giorni l’evento teatrale e il Forte si fondono, la scena come sempre accade da queste parti è ovunque, disgregata tra tunnel, declivi naturali, e spazi appositamente recuperati. Qui, dove non c’è il biglietto d’ingresso per ogni spettacolo ma una sottoscrizione unica di 5 euro, dove il pubblico al temine delle performance incuriosito incontra le stramberie su due ruote della ciclofficina, artisti anch’essi di una surreale mobilità, per provare bici dai modelli più stravaganti, qui dove gli emisferi si incrociano senza timore, dove gente venuta solo per ballare la propria notte si avvicina con un sorriso a un momento teatrale, in questo posto invisibile nelle mappe culturali dei quotidiani e dell’informazione culturale in genere, il teatro ha proliferato per tre giorni crescendo rigogliosamente e un po’ disordinatamente come una pianta rampicante prende possesso delle mura di una palazzina abbandonata.

Iniziano tardi gli spettacoli a Effetti di movimento, forse anche troppo dato che alcuni verso la fine delle serate si andavano a sovrapporsi impedendoci di assistervi a ognuno. Dei due giorni che abbiamo seguito, il secondo e il terzo, ci rimangono frammenti più o meno definiti di una vivida ed eterogenea teatralità. A cominciare dallo studio di Maddai, un progetto quasi antropologico di Simona Lobefaro strutturato in forma di processione con gli spettatori raggruppati al suono di un gong e guidati da un performer con gli occhiali grandi e il passo neutro, ad ogni stazione le trasformazioni del corpo mistico di Sarah Menouer, prima sul pavimento ad agitarsi come un ossesso, poi in un declivio tra la terra battuta e nell’oscurità del teatro, immobilità di un’improbabile ascesi, fino a giungere alla liberazione nel piazzale cadendo e rialzandosi per trovare, perdere e ingannare l’equilibrio della mente tra la polvere che s’impasta sulla biacca. Il pubblico osserva incuriosito, ma il lavoro non crea breccia nel muro della nostra incredulità, risulta artefatto, posticcio come il costume e il trucco dell’interprete, non libera il corpo e lo costringe in una finzione urticante.

Maddai – Sak

Realmente liberi erano invece i corpi delle due danzatrici tedesche della compagnia Nightmare before Valentine, il loro lavoro Alien Island ha ammutolito e stupito il pubblico assiepato sulle gradinate di legno del caldo teatro. L’incontro di due corpi, recitanti di una femminilità virile, ironiche e atletiche ingannavano tempo e spazio su un multiforme tappeto musicale puntellato da una chitarra luminosa (all’occorrenza si accendeva di un verde fosforescente), palloncini colorati ed erba finta ornavano la scena portando con se residui di una vita sintetica, come i costumi usati durante l’incipit dello spettacolo, stilizzazioni di vestiti da sera in plastica trasparente di quel materiale usato per confezionare i prodotti fragili, con le bollicine gonfiate d’aria, per proteggere il corpo in questo caso, ma anche per finire scoppiate sotto il peso di un abbraccio. Le due berlinesi le abbiamo trovate poi il giorno dopo ad inaugurare l’ultima serata del festival con una performance fuori programma nel tunnel colorato dai mille graffiti, attorno a un tavolo, ancora ad esplorare le possibilità fisiche e ritmiche del corpo con un assolo di chitarra a sospingerle e accompagnarle.

Del vasto programma, costruito insieme alle compagnie con le quali è stato fatto più un percorso che una selezione (l’autoselezione è arrivata pian piano) come ci ha spiegato con passione Maria Lura Bardi di Akr (una delle realtà artistiche operanti nel teatro del Forte), ci rimane poi in mente la piacevole e surreale comicità del Teatro Instabile di Aosta, un lavoro assurdo a cominciare dal nome del gruppo, in realtà è di Roma. Con Dr Coffee e Mr Xerox partono dalla ripetitività del mondo impiegatizio per parodiare poi la società e i media con un tratto comico che non teme di spingersi al paradosso usando il corpo (anche nelle sue possibilità acrobatiche) e la voce, unica pecca forse la durata eccessiva che li porta alla ripetizione di alcuni meccanismi comici.

Certo non tutte le ciambelle escono col buco, è il caso de L’ora del caffè di Uranus Moon (regia di Linda Sessa), una riscrittura dell’Otello raccontata dal punto di vista delle donne, in scena Desdemona ed Emilia. La drammaturgia, interessante per costruzione, è scandita in un angosciante e inesorabile meccanismo che la spinge verso la morte: Emilia e Desdemona si vedono ogni giorno all’ora del caffè con la tragedia che incombe sulle loro teste, ma il problema non è nell’idea bensì nella forma che le due attrici (Daria Mariotti e Silvia Bruni) le danno, ovvero inconsistente, figlia di una preparazione ancora troppo approssimativa.

Annamaria Tammaro e Margherita Ortolani – Su’ddocu

Ma il movimento e i suoi effetti contenuti nel titolo di questa interessante manifestazione si esplicitano non solo nella forma teatrale dell’arte ma anche in quella visiva, come è accaduto per la serie di ritratti de Il cerchio di zolfo (Riccardo Lopez e Sylvia Di Ianni), forma pittorica e collage di un lavoro costruito prima delle performance, ma perfetto nel raccontare in quello spazio di tempo l’alterità di un corpo femminile che si mostra nelle sue multiple e accecanti oscurità, sospeso in una dimensione di crudeltà formale e mentale.

Vi è sempre qualcosa di affascinante nella morte o quanto meno in quel punto di non ritorno che trasfigura il corpo verso il trapasso, quando nella sua massima espressività diventa ironia pura del non ritorno. Margherita Ortolani e Annamaria Tammaro autrici e interpreti palermitane di Su’ddocu lo hanno compreso bene, è a loro che dedichiamo le ultime righe di questa improbabile e poco esaustiva cronaca (rispetto al numero di spettacoli invece rappresentati che purtroppo per ragioni di tempo e affollamento abbiamo perduto). Il loro lavoro, in scena nella sala teatrale del Forte, è un esempio d’arte pura, viva di una performatività che diventa linguaggio autonomo. Con il volto e le mani imbiancate dal cerone, cappellini anni ’30, nel grigio dei loro vestitini della domenica, dipingono l’immobilità di una Sicilia fuori dal tempo, fatta di tic sociali, estenuanti litanie religiose, cantilene e modi di dire che si arrotolano su se stessi in un’ esperienza fisica e vocale pulita in ogni movimento e afflato, affascinante per tensione ritmica e originalità.

Come un soffio è passata anche quest’edizione di Effetti di Movimento, l’inversione di rotta è stata attuata, il festival è nato e cresciuto insieme agli artisti che vi hanno partecipato diventando un riuscito esempio di autoproduzione culturale e artistica, emblematico nel panorama delle omologate e banali estati romane degli ultimi tempi.

Andrea Pocosgnich

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4 COMMENTS

  1. Ci teniamo a specificare che AKRteatro è solo una delle anime che compongono il Collettivo TeatroForte, grazie al quale il festival si è realizzato. AKRteatro

  2. Il collettivo TeatroForte non ha un volto unico e, per scelta, rimane invisible e non si rende riconoscibile. E’ una scelta, appunto. Chi conosce alcune delle nostre facce può ricondurle facilmente ad altre realtà che operano nello stesso spazio. Ma ci teniamo a dire che EdM è il frutto del lavoro di tante persone: gli artisti, in primo luogo, che sono stati alle nostre “non-regole”, gli occupanti del FortePrenestino e i membri del Collettivo TeatroForte.

  3. Ok, OK
    Abbiate pietà di me, ho già provveduto ad apportare le dovute modifiche.
    Chiedo scusa ma si vede che eravate fin troppo invisibili…

    D’altronde se ogni documento o programma sul vostro sito non è mai firmato neanche con la dicitura Collettivo TeatroForte non potete pretendere che noi tiriamo a indovinare…

    alla prossima

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