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Piccola Compagnia Dammacco. La società maleducata

La buona educazione della Piccola Compagnia Dammacco. Società e individuo sul palco di Primavera dei Teatri XIX. Recensione

Piccola Compagnia Dammacco
Ph. Angelo Maggio

Quante volte sarà capitato di entrare in quelle case senza fiato, dove una donna mai stata moglie né madre ha contenuto prospettive ed emozioni di una vita finita presto in secca; una di quelle case dove i mobili lottano per tenersi qualche grammo di polvere a farli vissuti, dove la poltrona non ha che il calco di una silhoutte, sola, ad affondare il morbido del tessuto spugnoso. È in quelle case che si consuma il tempo presente, corroso dal tempo passato. Chi ne vive gli angoli ombrosi, vittime di finestre mai più aperte, sembra aver pagato un tributo troppo alto alla negazione di contatto e discendenza, sembra aver chiuso un negozio con ancora dentro la merce viva, per quanto ancora, a marcire poco alla volta. Ma se un imprevisto tutto cambia e ancora una possibilità dovesse affacciarsi oltre gli scuri serrati? È di questa atmosfera che si intride La buona educazione, ultimo capitolo che la Piccola Compagnia Dammacco ha dedicato alla Trilogia della Fine del Mondo, presentato a Primavera dei Teatri XIX e ora in scena tra Colline Torinesi e il Teatro Franco Parenti di Milano.

Eredità. Può esserlo mai una persona? La morte di qualcuno in famiglia pone lasciti complessi, emotivi prima di tutto, materiali poi, ma a volte in eredità finisce l’educazione di qualcuno che ancora ha bisogno di guida, di un esempio per l’esperienza ancora non compiuta. Ma quale esempio da chi aveva scelto di non fornirne alcuno? Una donna che vive sola in casa, reclusa nelle proprie convinzioni di separazione dal mondo, è costretta dalla morte della sorella a occuparsi dell’educazione del figlio adolescente, in quanto ultima dei congiunti rimasta in vita. Le regole imposte a sé stessa si dilatano fino ad abbracciare, forse troppo stretto, il giovane che sembra avere alcuna intenzione di seguirle. Ma dal racconto della donna, unica dalla quale conosciamo i fatti, emerge in tono grottesco come la società d’intorno sia del tutto nemica al proprio disegno educativo e, quel che è peggio, pone lei sotto giudizio, a verificare quanto il suo tradizionalismo sia ben dosato in equilibrio con la modernità, nonostante i danni che in tutta evidenza quest’ultima finisce per provocare nella maturazione dei giovani individui.

Piccola Compagnia Dammacco
Ph. Angelo Maggio

Nell’abito fasciato di questa donna è una superlativa Serena Balivo che, con voce e gesti misurati, si cala in una figura femminile che riscopre la propria umanità pian piano, pure ormai priva di paesaggio davanti agli occhi; il giovane è soltanto evocato, con lui anche i tentativi di contatto spesso fallimentari; evocata è anche la scuola che si schiera contro le restrizioni della zia, non consone a un pensiero libertario estremizzato ai limiti con l’autogoverno dell’individuo, privo di società; evocata è infine la “giuria del web” che, pur non avendo “valore legale”, dispone i sentimenti e dunque le decisioni sul suo operato, finché sarà un tribunale a stabilirne gli effetti.

Si avverte una forte sensazione di amarezza nell’immagine costruita con cura e precisione da Mariano Dammacco attorno alla presenza dell’attrice, una equidistanza da confini che paiono sempre stretti attorno e impediscono di immaginare una soluzione vitale per ciò che sta morendo: il lascito tra generazioni è al limite del distacco, che si tratti di pratica, di esperienza, di emozioni condivise. C’è una barriera che impedisce il contatto di comunicazione tra individui incapaci di definirsi all’interno della stessa società; c’è una casa in cui non si respira, eppure un potenziale laboratorio per riflettere su questa negazione che sta privando l’umanità di ciò che ne è sostanza: la relazione, l’intimità, la supremazia delle emozioni; saranno proprio queste, una volta affiorate, a sconfiggere la donna, vittima del proprio cedimento ai sentimenti. E pertanto, da una società che non ha ossigeno ma solo anidride carbonica, per sempre soffiata via.

Simone Nebbia

Sala Consiliare, Castrovillari – Primavera dei Teatri. Maggio 2018

9-10 giugno 2018 – Colline Torinesi – Torino
12-17 giugno 2018 – Teatro Franco Parenti – Milano

LA BUONA EDUCAZIONE
Piccola Compagnia Dammacco / Teatro di Dioniso
con Serena Balivo
ideazione, drammaturgia e regia Mariano Dammacco
spazio scenico Mariano Dammaccoe Stella Monesi
produzione Piccola Compagnia Dammacco / Teatro di Dioniso
in collaborazione con
L’arboreto Teatro Dimora, Teatro Franco Parenti, Primavera dei Teatri, Asti Teatro 40

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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