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Opera. Kentridge disegna una letale Lulu

Al Teatro dell’Opera di Roma è andato in scena Lulu di Alban Berg, con la regia di William Kentridge e direzione di Alejo Pérez. Recensione

Foto Yasuko Kageyama

«Io non ho mai voluto apparire diversa da
quel che gli altri pensavano che fossi. E
nessuno al mondo mi ha mai considerata
diversa da quello che sono.» (Lulu, Atto II, scena I)

È in questi termini che Lulu, la protagonista dell’opera a lei intitolata, descrive se stessa: vera, autentica, di un’autenticità però brutale che distrugge chiunque le graviti attorno; è  “maledetta”, ma irresistibile; come un serpente, a cui è paragonata nel prologo, è spietata e letale. Lulu è capace di attirare a sé una sequela di uomini (e una donna), trascinandoli in un vortice di disperazione che li porterà inevitabilmente alla morte. Non sembra credere in niente, né provare alcun sentimento, e per questo è il punto d’arrivo delle eroine operistiche: mai nessuna è stata così emancipata dal potere degli uomini, mai nessuna così avulsa da qualsiasi passione.

Foto Yasuko Kageyama

Altrettanto cruda, violenta e spigolosa è la musica, figlia dei nuovi sistemi compositivi che si sviluppano tra gli anni ’20 e ’30 del Novecento ad opera della cosiddetta “seconda scuola di Vienna”. Alban Berg è allievo – insieme ad Anton Webern – di Arnold Schönberg, il padre degli studi sull’atonalità e soprattutto del sistema dodecafonico (una tecnica matematica che prevede la ripetizione di una sequenza di dodici suoni seguendo rigide regole compositive). In Lulu Berg apprende e rimette in gioco i restrittivi dettami del maestro, creando un’opera magistrale dove si intrecciano generi, stili e temi differenti in un’inestricabile mescolanza di classico e moderno, tonale e atonale. Il risultato è una partitura estremamente complessa e quanto più lontana da quella di qualunque dei suoi predecessori in campo operistico, strutturata con grande precisione secondo restrizioni della dodecafonia, che non permettono la nascita di melodie o armonie.

Foto Yasuko Kageyama

Oggi William Kentridge, artista visuale e regista sudafricano, approda al Teatro dell’Opera di Roma con la regia di Lulu dopo i successi ottenuti al Metropolitan di New York e fa del disegno, sua peculiarità artistica, il principale mezzo espressivo attraverso cui interpretare e decodificare l’opera. Kentridge si era fatto conoscere già dal pubblico romano per il suo Triumphs and Laments – il colossale fregio che racconta la storia della città, inciso sugli argini del Tevere – e per la presenza a numerose edizioni del Romaeuropa Festival (con Confessions of Zeno nel 2002, Journey to the Moon nel 2005, Woyzeck on the Highweld nel 2009 e Refuse the Hour nel 2012). Ora sfrutta ancora il proprio talento per cercare di riproporre in modo sinestetico la musica bergiana: «il disegno a inchiostro», come dichiara nelle note di regia, è il «linguaggio per dar forma al lavoro di Berg».

Le cupe e alienanti scenografie create da Sabine Theunissen si arricchiscono delle proiezioni dei disegni del regista, organizzate dalla projection designer Catherine Meyburgh in un flusso continuo di immagini oscure e inquietanti. Schizzi dai tratti calcati di nudi di donna e scene di violenza, con i colori rosso e nero a far da padroni: rimandi all’arte espressionista tedesca in cui Berg si trovava immerso al momento della scrittura dell’opera. La trasposizione visuale della partitura musicale si estende perfino agli stessi corpi dei cantanti: maschere caricaturali e mani giganti di cartone amplificano i movimenti e rendono la scena allucinatoria e grottesca.

Foto Yasuko Kageyama

Tuttavia, la consistente invenzione registica dello spettacolo è la scelta di impiegare sul palco due figuranti, voci mute della cruenta vicenda: il mimo-cameriere, che “serve” di volta in volta le armi del delitto ai personaggi coinvolti nelle uccisioni, e l’ancor più significativa “pianista”. Accanto a un vecchio pianoforte, la donna — perfetta iconografia degli anni ’30 con caschetto nero e frak — traduce coreograficamente, per l’intero spettacolo, le musiche dell’orchestra. Lo fa con movimenti scattanti, schizofrenici, poi sensuali e lascivi, fino a spogliarsi; incarna la musica stessa, quando questa è drammatica, sospesa, erotica o violenta. Lo spettatore è guidato così alla comprensione emotiva della difficile partitura.

La resa musicale spetta invece alla giovane bacchetta dell’applauditissimo direttore Alejo Pérez, abile traghettatore dell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma attraverso le grandi complessità musicali. La sensazione è quella di ascoltare la colonna sonora di un film, che conserva però le particolari atmosfere stridenti dell’opera.
Lo stesso successo è ottenuto dai cantanti che regalano ottime performance, una su tutti la Lulu interpretata da Agneta Eichenholz che, vocalmente e fisicamente adatta al ruolo, sembra arrivare in fondo all’opera senza fatica. La soprano, specializzata in questo tipo di repertorio novecentesco (tra i suoi ruoli troviamo quello di Ellen nel Peter Grimes di Britten e di Daphne dell’omonima opera di Strauss), si districa bene tra le insidiose note acute, conferendo al personaggio la giusta agghiacciante drammaticità. Gela il sangue il suo ultimo grido finale. A supportarla un cast altrettanto valevole, tra cui Martin Gantner (Dottor Schön), Willard White (Schigolch), Jennifer Larmore (Contessa Geschwitz) e Thomas Piffka (Alwa), tutti largamente apprezzati.

Flavia Forestieri

Roma, Teatro dell’Opera, maggio 2017

LULU
Opera in tre atti
musica Alban Berg
libretto Alban Berg
da Erdgeist e Die Büchse der Pandora di Frank Wedekind
direttore Alejo Pérez
regia William Kentridge
co-regia Luc De Wit
projection designer Catherine Meyburgh
scene Sabine Theunissen
costumi Greta Goiris
luci Urs Schönebaum
video control Kim Gunning
interpreti principali:
LULU Agneta Eichenholz / Dísella Làrusdóttir 30 maggio
CONTESSA GESCHWITZ Jennifer Larmore
GUARDAROBIERA DI TEATRO / STUDENTE/ UN GROOM Tamara Gura
BANCHIERE / DIRETTORE DEL TEATRO Peter Savidge
PITTORE / UN NEGRO Brenden Gunnell
DOTTOR SCHÖN /JACK LO SQUARTATORE Martin Gantner
ALWA Thomas Piffka /Charles Workman 23, 25, 27, 30 maggio
SCHIGOLCH Willard White
UN DOMATORE / ATLETA Zachary Altman
PRINCIPE / DOMESTICO / MARCHESE Christopher Lemmings
UNA QUINDICENNE Eleonora de la Peña
SUA MADRE Sara Rocchi
ARREDATRICE Reut Ventorero
GIORNALISTA Francesco Salvadori
CAMERIERE David Ravignani
IL PRIMARIO / PROFESSORE /COMMISSARIO DI POLIZIA Andrey Maslenkin
ATTRICE Joanna Dudley
ATTORE Andrea Fabi
Dal Progetto “Fabbrica” – Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Nuovo allestimento in coproduzione con Metropolitan Opera di New York, English National Opera e De Nationale Opera di Amsterdam

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