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La danza spirituale di Keersmaeker a Fabbrica Europa 2017

A Fabbrica Europa 2017, Anna Teresa de Keersmaeker apre il festival con A Love supreme. Recensione

Foto di Anne Van Aerschot

Un atteso appuntamento annuale: l’apertura del festival Fabbrica Europa 2017 anima la primavera fiorentina come un sacre dall’atmosfera elettrizzante e gioiosa. Per l’inizio di questa edizione la compagnia eletta è stata quella di Anne Teresa de Keersmaeker che con il suo ensemble Rosas ha presentato una danza creata nel 2005 e ripresa, quest’anno, insieme a Salva Sanchis, danzatore e coreografo catalano della compagnia con il quale ha firmato la nuova versione di A Love Supreme.

Lo spettacolo inizia in un profondo silenzio che occupa tutto l’ampio spazio della Stazione Leopolda unendosi al suono, esterno, della pioggia battente. La platea entra compatta nella condizione di assenza di suono del luogo dando vita a uno sfasamento iniziale e primario che è quello, elementare, tra dentro e fuori, una struttura propria anche all’azione in scena. Come se la loro danza non avesse mai avuto inizio, i performer agiscono indisturbati senza accentare l’inizio dello spettacolo: nei loro costumi dall’allure quotidiana, jeans e t-shirt blu e neri, intavolano un esordio di sguardi, contrappesi, attese lungo i bordi del palco, sollevamenti e piccole fughe.

Foto di Anne Van Aerschot

La musica di John Coltrane, sulla quale la coreografia è ricamata, irrompe dopo circa un quarto d’ora in cui l’orecchio dello spettatore ha avuto il tempo di sintonizzarsi sul registro dei respiri del movimento in scena. È il dicembre 1964, Coltrane registra un album destinato a passare alla storia della musica. Vi si articolano quattro note principali – sol, si bemolle, sol, do – che sono materia astratta di un discorso musicale di natura spirituale. In danza, queste stesse quattro note sono trasposte nella scelta di costruire una coreografia per quattro danzatori, quattro solisti. Poiché si tratta di un quartetto, vi sono i timbri di quattro strumenti e, oggi, quattro diverse articolazioni danzate di una preghiera che evoca una devozione quasi materiale al corpo del suono.
Secondo un principio strutturale dove composizione coreografica e improvvisazione sono l’uno la naturale prosecuzione dell’altro, i quattro danzatori evolvono nel sistema di movimento senza mai risolverne completamente l’enigma. A Love Supreme è una sorta di mantra che irrompe, vocale e mistico, anche nell’album omonimo del musicista: in danza, è un dono di linee e di corpi esattamente calibrati a gestire la complessità di una coreografia che tenta di trascendere se stessa, facendosi e disfacendosi, comparendo e scomparendo.

Foto di Anne Van Aerschot

Nell’occhio del pubblico il movimento è materia fluida di linee che con precisione mettono in gioco e rinnovano costantemente un diritto, che è proprio del corpo del danzatore e del suono jazz, ovvero il diritto all’inconseguenza. Così, nella liquidità del movimento sonoro improvviso, imperscrutabili formule matematiche sembrano sorreggere la danza davanti ai nostri occhi, sciolte da qualsiasi attesa e da qualsiasi esitazione. Nella sapienza dei corpi dei quattro performer vi è una qualità di acqua, un’acqua viva, che sfronda dal gesto qualsiasi desiderio di riverbero. Ogni impulso muscolare è dotato ab initio del proprio compimento, tanto che la concitazione di certi passaggi non arriva a scalfire quell’adagio interiore sul quale sembrano poggiare non solo le attese dei danzatori, in piedi lungo i lati del palcoscenico nell’alternarsi delle sequenze di entrate e uscite, ma anche i quartetti dove l’intreccio tra individuo e gruppo sfocia in parti d’unisono che trasformano il vuoto della scena spoglia in uno spazio dal tempo circolare, perfetto.

Foto di Anne Van Aerschot

Sotto una pioggia di luce fredda, i danzatori vorticano ancorati saldamente al suolo, si interrompono in ironici freeze che regalano allo sguardo il piacere della dimensione plastica del corpo. Non vi sono gabbie strutturali, ma un dedalo di porte e cancelli che si aprono su un mondo altrove, mistico, nel quale è mostrata la sapienza di chi non ha nulla da dimostrare. La danza si concede come “fatto” e non copia né ricalca una musica la cui altezza formale nessun corpo sarebbe in grado di raggiungere. È difficile capire se questa creazione rinnovi, o meno, il rapporto tra la danza e la musica: probabilmente è più efficace pensarla come a una diversa articolazione del corpo nello spazio che non è più geometria ma suono. Sul palcoscenico, le forme pure appaiono affidate agli insieme, mentre nelle sequenze la frammentazione spaziale è circoscritta dalla danza che agisce come una linea leggera e volubile. Nel corpo, le direttrici lineari si formano per precisione microscopica: lo sviluppo di un braccio verso l’alto, per esempio, è questione di un viaggio interno di concatenazioni muscolari che dalla colonna vertebrale si dispiegano fino alle falangi delle dita. È un atto di piacere, questa danza dalla potenza dei bassorilievi bizantini, mossa da combinazioni di peso, intrisa di un astratto misticismo e rivolta a riflettere sul tempo della creazione con la stessa attitudine di chi contempla, serenamente, un orologio che segna il tempo infinito.

Gaia Clotilde Chernetich

visto al festival Fabbrica Europa – maggio 2017

coreografia Salva Sanchis, Anne Teresa De Keersmaeker
interpreti José Paulo dos Santos, Bilal El Had, Jason Respilieux, Thomas Vantuycom
versione originale creata nel 2005 con Cynthia Loemij, Moya Michael, Salva Sanchis, Igor Shyshko
musica A Love Supreme, John Coltrane
registrazione sax tenore, voce: John Coltrane, piano: McCoy Tyner, basso: Jimmy Garrison, batteria: Elvin Jones
Acknowledgement, Resolution, Pursuance & Psalm © Coltrane, J., © Jowcol Music, Inc. (Universal Music Publ. N.V.)
luci Jan Versweyveld
riscrittura luci Anne Teresa De Keersmaeker, Luc Schaltin
costumi Anne-Catherine Kunz
direzione prove Salva Sanchis
coordinamento artistico e planning Anne Van Aerschot
direzione tecnica Joris Erven
coordinatore costumi Heide Vanderieck
tecnico Luc Schaltin
produzione Rosas
coproduzione De Munt/La Monnaie, Bruxelles
ringraziamenti Erik Bogaerts, Jeroen Van Herzeele
prima mondiale 23.02.2017, Kaaitheater, Bruxelles
Rosas è sostenuta dalla Vlaamse Gemeenschap

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Gaia Clotilde Chernetich
Gaia Clotilde Chernetich
Gaia Clotilde Chernetich ha ottenuto un dottorato di ricerca europeo presso l’Università di Parma e presso l’Université Côte d’Azur con una tesi sul funzionamento della memoria nella danza contemporanea realizzata grazie alla collaborazione con la Pina Bausch Foundation. Si è laureata in Semiotica delle Arti al corso di laurea in Comunicazione Interculturale e Multimediale dell'Università degli Studi di Pavia prima di proseguire gli studi in Francia. A Parigi ha studiato Teorie e Pratiche del Linguaggio e delle Arti presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales e Studi Teatrali presso l'Université Paris3 - La Sorbonne Nouvelle e l'Ecole Normale Supérieure. I suoi studi vertono sulle metodologie della ricerca storica nelle arti, sull’epistemologia e sull'estetica della danza e sulla trasmissione e sul funzionamento della memoria. Oltre a dedicarsi allo studio, lavora come dramaturg di danza e collabora a progetti di formazione e divulgazione delle arti sceniche e della performance con fondazioni, teatri e festival nazionali e internazionali. Dal 2015 fa parte della Springback Academy del network europeo Aerowaves Europe, mentre ha iniziato a collaborare con Teatro e Critica nel 2013.

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