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HomeArticoliLe Raffiche di Motus. Donne che imitano gli uomini

Le Raffiche di Motus. Donne che imitano gli uomini

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Motus, che quest’anno compie 25 anni di attività, presenta il debutto di Raffiche nell’ambito di Vie Festival 2016. Recensione

 

raffiche
foto Facebook

Assonnata, tiepidamente riscaldata da un sole distratto e bagnata; umida di aria che sa di fumo e sigarette, in un ottobre di adolescenti e spaurite manifestazioni in una via dell’Indipendenza difficile da riempire… Bologna, adesso, per venticinque anni fa: come il salto di una molla che per scattare necessita di avvitarsi, girare su se stessa per poi risciogliersi e saltare in avanti; questo è il dinamismo di Motus e così lo esplicitano nelle note di apertura di Hello Stranger, progetto speciale che il capoluogo emiliano dedica ai venticinque anni della compagnia: «Ogni nostro volgerci indietro è per meglio accumulare energie e rilanciare, incunearci nelle pieghe del presente e provare a immaginare futuri possibili». Un saluto “rinnovabile” che come energia possa non estinguersi e continuare a mutare, dentro e fuori questa città dove ha risieduto e si è sviluppato il lavoro artistico del collettivo.

"Hello stranger" di Terry Richardson
“Hello stranger” di Terry Richardson

La strada di Motus è quella in cui campeggia il saluto straniero, o allo straniero, di Terry Richardson, un nowhere quasi pornografico per la sua nudità esibita, che non vuole essere indicazione né recinzione, quanto assenza di confine e viaggio, come i tanti intrapresi dalla compagnia in giro per il mondo, durante i quali l’esotismo sembra farsi mezzo e non fascino. Un luogo di passaggio, di persone in transito in cui l’incontro con l’altro è attimo già consumato, violento e rivoluzionario; L’Hotel Carlton diventa allora sineddoche di Bologna ed è lì, in via Montebello 8 a pochi passi dalla stazione ferroviaria, che Motus spara RAFFICHE, ultimo e riottoso colpo presentato in prima assoluta nell’ambito della seconda settimana di VIE Festival e dedicato alla memoria di Damir Todorovic.

Immaginiamo un piano sequenza, con movimenti macchina da capogiro e grandangolari fisheye, mentre vorticano le porte scorrevoli dell’ingresso del business hotel. Entriamo nella hall. Un ascensore arriverà a prenderci, sesto piano, piccolo sobbalzo, campanello. Fuori. Di fronte, vedremo il fermo immagine riflesso nello specchio appeso al muro di colui o colei che non pensava sarebbe iniziato tutto subito, senza neanche avere il tempo di sedersi in poltrona. Due figure armate di kalashnikov ci obbligano a entrare nella suite e, seduti tutti in un angolo, diventiamo prigionieri nel covo delle Raf-fiche. Potremmo indicare il presupposto drammaturgico che sta alla base dell’ultimo lavoro di Motus come una mitragliata alle regole del copyright che impongono il rispetto per il sesso dei personaggi frutto della creazione dell’autore.

I protagonisti maschili di Splendid’s, pièce in due atti di Jean Genet, diventano ora delle “fiche rivoluzionarie” con tacco dodici, tubini neri, sensuali top e jeans attillati. Quelle «sexy streghe trans-moderne» sono ironiche, aggressive, seducenti attrici dalle biografie sceniche attentamente delineate – testo originale di Magdalena Barile e Luca Scarlini. “Le otto” (le quali conservano i nomi maschili dei poliziotti e gangster del testo di Genet) agiscono frontalmente agli spettatori, ancheggiando e imbracciando armi giocattolo; una vera sorpresa rispetto al modo in cui ciascuna ha lavorato sulla complessità del proprio ruolo. Interessante il lavoro fatto con le attrici affinché ognuna fosse nettamente distinta dal gruppo (per aspetto, pensiero politico, esperienza di vita) ma allo stesso tempo parte integrante e fondamentale di esso. Spiccano per presenza scenica e rilevanza dei ruoli i personaggi di Scott (Emanuela Villagrossi) e Jean (Silvia Calderoni). La fisicità straordinaria e al contempo dolce di Calderoni riesce a restituire un ritratto ambiguo e allo stesso tempo fragile della figura del leader decaduto e decadente, il quale funge da contraltare alla pensosità riflessiva e filosofica dello sguardo profondo e attitudine ombrosa di Villagrossi. Federica Fracassi invece non riesce fino in fondo a convincere nel ruolo ambivalente del poliziotto: l’adesione al movimento delle raffiche sembra più dettata da fanatismo, eccentrico, che da reale convinzione politica.

Grazie a dei “mono-dialoghi” che oscillano tra racconto intimo e politico, la narrazione dei fatti, che capiremo di lì a breve nella prima sequenza di battute, concentra il focus sul disfacimento e debolezza del gruppo armato avvenuto a causa di rivalità interne che hanno spento gli ideali stimolanti la lotta. Una parabola discendente che passa attraverso l’uccisione, per errore, dell’ostaggio e la morte del leader, prima innalzato poi sostituito e alla fine buttato letteralmente in pasto al nemico.

Lo spettacolo, a dispetto della grande curiosità e tensione partecipata dimostrata dal pubblico, sembra bucare il suo intento strutturale e ideologico. Se non si vuole avvalorare il preconcetto e lo stereotipo e se per Motus le categorie di uomo e donna devono essere necessariamente riconsiderate in un orizzonte di costruzione del sé plurale sia dal punto di vista identitario che politico (come dimostratoci con il trouble theatre di MDLSX); la messa in risalto e l’insistenza nel tratteggiare la personalità estremizzante di ciascuno dei caratteri protagonisti, può nuocere all’intera struttura che ha invece come obiettivo iniziale proprio quello di fuoriuscire da un sistema di ruoli, sia esso maschile o femminile.

raffiche1
foto Facebook

L’impianto registico, riconfermatosi di alto livello per la modalità di “occupare” lo spazio insolito di un albergo e il caleidoscopico utilizzo di brani musicali ispirati al “girl power” fanno di Raffiche uno spettacolo d’impatto, qualità purtroppo attenuata dall’impianto drammaturgico e politico del testo che, nel suo intento ideologico, sembra dissolversi come la lotta delle “raf-fiche” contro le lobby farmaceutiche. Le donne di Motus finiscono così con l’emulare il nemico, gli uomini, attingendo al ruolo maschile per ribadire una presenza che si vorrebbe invece “anti”.

Lucia Medri

visto a Vie Festival, Bologna – ottobre 2016

RAFFICHE – RAFALES > MACHINE (CUNT) FIRE
dedicato a Splendid’s di Jean Genet
regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
con Silvia Calderoni (Jean), Ilenia Caleo (Rafale), Sylvia De Fanti (Bravo), Federica Fracassi (il Poliziotto), Ondina Quadri (Pierrot), Alexia Sarantopoulou (Riton), Emanuela Villagrossi (Scott), I-Chen Zuffellato (Bob)
la voce della radio Luca Scarlini e Daniela Nicolò
testo Magdalena Barile e Luca Scarlini
produzione Motus
con Emilia Romagna Teatro Fondazione, Comune di Bologna
con la collaborazione di Biennale Teatro 2016; L’arboreto – Teatro Dimora, Mondaino; Santarcangelo Festival Internazionale del Teatro in Piazza; Teatro Petrella, Longiano
con il sostegno di Mibact, Regione Emilia-Romagna
spettacolo inserito nell’ambito del progetto HELLO STRANGER | 25 anni di Motus
Progetto speciale 2016 promosso da Comune di Bologna e Emilia Romagna Teatro Fondazione con il contributo di Regione Emilia Romagna ­Assessorato alla Cultura

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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