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Alberto Benedetto. La conquista del diritto brechtiano

QUINTA DI COPERTINA. Pubblicato da Mimesis Edizioni nel 2016 Brecht e il Piccolo Teatro. Una questione di diritti di Alberto Benedetto.

 

brecht e il piccolo teatro alberto benedetto

Milano è indissolubilmente legata alla nascita del primo teatro pubblico, a una data, il 1947, anno di fondazione del Piccolo Teatro e quindi ai nomi di Paolo Grassi e Giorgio Strehler. Capisaldi della storia dello spettacolo, regie epocali, un sistema produttivo che ha fatto scuola inserendosi nelle trasformazioni dei tempi, adattandosi o scorgendo a tratti strade inedite. Note sommarie dietro cui si assiepa un complesso di eventi, profili, mutazioni e sostanziali epifanie della seconda metà del Novecento italiano la cui gittata e i cui lasciti si sono proiettati nel contemporaneo, nel post contemporaneo nazionale ed europeo sia per concezione generale e produttiva che per fenomenologia scenica. Tanto si è approfondito in proposito come tanto si è detto dell’incisività del rapporto tra Bertolt Brecht e il Piccolo quale polo di “divulgazione” e centro di allestimenti icastici. Un rapporto di indiscutibile elezione non semplice se si considera il ruolo di mediazione che il teatro meneghino si è ritrovato a rivestire, in una mistura di vocazione artistica e tutela ideologica che non di rado è parso quale filtro al limite tra esclusività ed esclusione, su una linea di confine non sempre netta tale da generare non pochi dibattiti.

Finito di stampare nel gennaio del 2016 da Mimesis Edizioni, Brecht e il Piccolo Teatro. Una questione di diritti offre una nuova prospettiva sull’insieme di vicende e scambi che a partire dal 1956 – anno della prima messinscena dell’Opera da tre soldi – segna il rapporto tra Grassi-Strehler e i “detentori” del patrimonio brechtiano (la moglie Helene Weigel e la casa editrice Suhrkamp Verlag). Alberto Benedetto, dal 2009 direttore di produzione e organizzazione del PTM, opera un lavoro di ricostruzione attraverso il montaggio di documenti e corrispondenze dirette, che lascia emergere la strenua, indefessa, a tratti quasi pedante determinazione di Paolo Grassi a conquistarsi e difendere la funzione primaria nella gestione della politica brechtiana in Italia, determinazione accolta e foraggiata in un primo momento, poi disincantata e in qualche modo delusa, sino al più volte caldeggiato raggiungimento di un accordo ufficiale. Il percorso costruito per tappe individua l’incipit in un biglietto scritto a mano indirizzato a Strehler dall’autore tedesco dopo aver assistito all’allestimento di cui sopra («Caro Strehler, mi piacerebbe poterle affidare per l’Europa le mie opere, una dopo l’altra. Grazie. Bertolt Brecht»), la cui valenza testamentaria è più probabilmente da imputarsi alla morte di quest’ultimo avvenuta di lì a poco. L’assemblaggio delle fonti apre, accanto alla restituzione dei fatti specifici, un ulteriore quadro di osservazione sull’evoluzione dei protagonisti e dei loro rapporti interni, e ancora sul sistema produttivo e i suoi cambiamenti, sulle relazioni fra organismo culturale e istituzioni, sulla percezione stessa dell’opera come materia artistica ma anche elemento politico e sociale, sul rapporto tra organizzatore e regista, tutto in un esatto inquadramento storico, non privo di impatto sullo sguardo al presente.

Come scrive Stefano Massini nella postfazione del volume: «[…] La lotta per aggiudicarsi i diritti di Brecht sta dunque ben oltre e più in alto rispetto al business di un prodotto che funziona: la posta in palio di questo a tratti buffo rodeo era il messaggio di un edificio straordinario da costruire insieme, senza farsi indietro, scrivendosi in fronte il proprio credo, fieramente, che questa è la nostra fede e noi ci gloriamo di professarla in nome del fatto che siamo sopravvissuti alle bombe su Desda, ai crematori di Auscwitz e al fungo di Hiroshima. Questo credo era il punto del contendere, Difficile non riflettervi, ora che il desiderio di Europa è un’aritmetica di spread, e il concetto stesso di società una somma di condomini».

Marianna Masselli

BRECHT E IL PICCOLO TEATRO: UNA QUESTIONE DI DIRITTI
ALberto Benedetto
Milano, Mimesis, 2016
pp.192
ISBN 978-88-5753-231-8
€ 18

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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