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Agorà. Stagione di una città allargata

Intervista con Elena Di Gioia, curatrice e direttrice artistica del progetto Agorà e del Teatro Alice Zeppilli

foto di Sara Colciago
foto Sara Colciago

Dopo l’esperienza del Festival Focus Jelinek, che diffondeva il lavoro della scrittrice premio Nobel austriaca in 14 città della regione Emilia-Romagna, Elena Di Gioia continua il tentativo di una modalità diffusa di fare cultura nella tessitura artistica del progetto Agorà: «una progettazione che rafforza la scelta dei nostri comuni di essere Unione» si legge nella dichiarazione del progetto. In tempi in cui si invoca il dover tornare a far rete e comunità l’apparente semplicità dell’essere Unione sembra acquisire valore di inversione, di eccezionalità. In uno zoom sul territorio Elena Di Gioia risponde all’appello dell’Unione Reno Galliera — ente giuridico riconosciuto, unione di otto comuni dell’area metropolitana di Bologna — di avere un progetto culturale esteso, diffuso e organico, intrecciando i teatri, le biblioteche, i musei, i luoghi culturali e sociali con la sfida di comporre un nuovo luogo, una piazza del teatro e della cultura in giro per gli otto comuni.

C’è dunque un tragitto condiviso, e allo stesso tempo un’evoluzione curatoriale tra i due progetti Festival Focus Jelinek e Agorà.

Si, per entrambi si parte dalla necessità di creare un luogo, anche ideale e immaginifico oltre che concreto e per farlo riprendo alcune tappe che avevo già sperimentato, ad esempio l’intreccio tra i teatri, le biblioteche che porto a maggiori possibilità. L’obbiettivo risponde a una domanda che mi pongo quotidianamente: come fare a mettere in relazione l’importanza dell’opera, gli artisti, la bellezza dei linguaggi artistici e teatrali con il pubblico, con i cittadini; nel portare il lavoro di un’artista nella vita delle persone il luogo è chiaramente una questione molto importante, perché andar per luoghi è anche andare in cerca di un rapporto con i cittadini prima ancora che con il pubblico. Il tentativo è di comporre quel pubblico attraverso una relazione dedicata e specifica.

Penso alla citazione e dedica che fai a Roberto Roversi “Io applaudo e io fischio”. Un invito ai cittadini a guardare e a guardarsi negli occhi. Come saranno chiamate a partecipare le persone, a formarsi come comunità?

Dalla raccolta Il libro con le figure di Roberto Roversi
Dalla raccolta Il libro con le figure di Roberto Roversi

Quella distanza ravvicinata, quel “gli occhi negli occhi” di Roberto Roversi, per me è un po’ un metro di misura ideale di una relazione, di una connessione ravvicinata con le persone. Ci saranno vari modi, da un lato la possibilità di collaborare in alcuni luoghi e non solo far accadere lì degli spettacoli; ad esempio questo sabato (oggi, ndr) alla Biblioteca Mario Luzi di San Pietro in Casale con Il giro del mondo in 80 giorni di Sotterraneo, o come il progetto per donne Over 60 di Silvia Gribaudi durante il quale l’autrice Cira Santoro seguirà il laboratorio e poi comporrà un testo originale a ritratto delle persone che hanno partecipato. Non è solo andare nei luoghi ma è aprire un raggio di collaborazione e condivisione a stretto contatto con chi quei luoghi li frequenta e li abita; intrecciarsi con i gruppi di lettura e i lettori delle biblioteche per coinvolgerli in momenti pubblici della programmazione di Agorà, oppure far incontrare — come avverrà nella Biblioteca Ragazzi di San Pietro in Casale — Oscar De Summa con un gruppo teatrale di ragazzi delle scuole medie coordinato dal bibliotecario con il quale si confronteranno su cosa significhi mettere in scena un testo. L’invito è entrare nelle creazioni, come nel progetto condiviso con Chiara Guidi, Lettere dalla notte, esercizio corale di lettura, orchestrato poi dentro lo spettacolo, rivolto ai cittadini anche senza nessuna esperienza teatrale sulle poesie di Nelly Sachs. Insomma è un andamento, è un movimento che Agorà sta iniziando quest’anno. Partiamo con le impronte degli artisti e mano a mano avvicineremo quelle dei cittadini e delle cittadine, in un passo il più corale possibile.

Qual è la lunghezza di questo passo? Cosa sviluppi di un vero e proprio festival e cosa di una stagione teatrale?

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foto ufficio stampa

Il progetto parte con un respiro pluriennale. C’è la libertà di un progetto culturale che poi si confronta con le modalità delle stagioni teatrali. Agorà è una composizione, sotto la mia cura, di alcune rassegne consolidate da anni — come Sguardi e Atti Sonori — alle quali quest’anno si aggiunge la direzione artistica del Teatro Alice Zeppilli e le azioni all’interno di altri e fuori dai teatri. Quello che sto tentando di fare, a partire dal Focus Jelinek, è la composizione di tanti soggetti che non avevano mai collaborato tra di loro, la composizione di una città allargata. Sto portando l’intreccio da un festival a una stagione teatrale; il tentativo è di allargarne dall’interno il senso, considerare una città come quella platea diffusa in cui disseminare e portare in maniera oculata e coraggiosa il linguaggio teatrale. Una stagione mobile e mossa dalla città.

Agorà, centro della polis culturale ma anche economico e politico. Decidere di curare un festival oggi risponde anche a un’esigenza di sostenibilità della realtà?

Le progettazioni e i coraggi possono essere portati avanti se gli amministratori, se i governi delle città credono in queste sfide, e in questo caso l’Unione l’ha proprio lanciata, con questa necessità di ripensare la programmazione; già con la scelta del nome si dichiara questo tentativo. In questi tempi di ristrettezza e grandi fatiche rispetto agli investimenti per la cultura qui c’è un investimento progettuale e di pensiero importante; anche la regione Emilia Romagna, come già con Festival Focus Jelinek, ci ha sostenuto. È tutto molto complesso, si vive di fatiche, di tenacie e di immaginazione. Qui c’è una bella condivisione da tutti i punti di vista, è un vento che fa ben sperare. Questi mesi serviranno anche a capire come andare avanti nella prossima edizione.

Luca Lòtano

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Luca Lòtano
Luca Lòtano
Luca Lòtano è giornalista pubblicista e laureato in giurisprudenza con tesi sul giornalismo e sul diritto d’autore nel digitale. Si avvicina al teatro come attore e autore, concedendosi poi la costruzione di uno sguardo critico sulla scena contemporanea. Insegnante di italiano per stranieri (Università per Stranieri di Siena e di Perugia), lavora come docente di italiano L2 in centri di accoglienza per richiedenti asilo politico, all'interno dei quali sviluppa il progetto di sguardo critico e cittadinanza Spettatori Migranti/Attori Sociali; è impegnato in progetti di formazione e creazione scenica per migranti. Dal 2015 fa parte del progetto Radio Ghetto e sempre dal 2015 è redattore presso la testata online Teatro e Critica.

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